La narrazione della storia coloniale italiana si è basata su poche e semplici regole: ripetizioni di cliché e condanne tout court, intervallo temporale falsato, analisi soggettive senza contestualizzazione, nichilismo antistorico, dati oggettivi fuorviati e soprattutto sul falso scoop dei gas in Etiopia.
– Semplici ripetizioni di cliché e condanne tout court: le nuove pubblicazioni a carattere coloniale, anziché fornire inediti elementi di conoscenza e riflessione, riconducono tutto quanto attiene a questo capitolo storico al solo periodo fascista e ancor più alla sola guerra d’Etiopia (1935-36).
– Intervallo temporale falsato: intere generazioni di italiani si avvicendarono nelle colonie italiane di Eritrea (dal 1870), Somalia (dal 1889), Libia (dal 1912) e d’Etiopia (dal 1936): leggendo le date è facile constatare come molti italiani si trovassero già in Africa ben prima della marcia su Roma. Il giudizio su un capitolo storico che si sviluppa a cavallo di due secoli viene basato sulla riconquista della Libia dopo la 1^ Guerra Mondiale e sull’uso dell’iprite in Etiopia nel 1935. Le vicende coloniali italiane invece coprono 90 anni di storia.
– Analisi soggettive senza contestualizzazione: si ripropongono ossessivamente sempre gli stessi temi, senza riflessione sulle condizioni politiche, storiche e sociali che determinarono quegli avvenimenti che riguardarono l’Europa tutta, non solamente l’Italia; inoltre si era in pieno positivismo, secondo il filosofo francese Auguste Comte – Discours sur l’esprit positif, 1844 – i nuovi sviluppi della società industriale e dalla crescita delle scienze dovevano essere rivolti al miglioramento della condizione dei singoli e della società: portare la civiltà.
– Nichilismo antistorico: si sono voluti porre in luce solo ed esclusivamente gli aspetti negativi ignorando e nascondendo tutti quei valori e modelli positivi che caratterizzarono il fenomeno coloniale italiano: creazione di industrie, bonifiche, nuove vie di comunicazione, immense infrastrutture, abolizione della schiavitù, cura delle epidemie. Opere durature e ancora utilizzate.
– Dati oggettivi fuorviati: è stata presentata per anni un’immagine dell’Italia coloniale estranea non solo a chi la visse in prima persona, ma anche a quegli stessi popoli che dall’Italia vennero colonizzati.
– Il falso scoop dei gas in Etiopia: l’utilizzo dei gas sono il cavallo di battaglia usato sempre come grimaldello politico-ideologico, ma mai si è parlato delle responsabilità dei singoli (Badoglio e Graziani), al fine di condannare interamente un popolo e un periodo. Grande scalpore e grande polemica per l’accusa di aver nascosto i documenti che testimoniavano i bombardamenti con l’iprite. Nulla di più falso. Fin da subito non fu un segreto l’impiego delle “armi speciali” durante il conflitto: ne parlò sin dall’Aprile 1937 Rodolfo Graziani nell’opera “La guerra italo-etiopica. Fronte Sud”..
QUALCHE ESEMPIO SCOMODO
Hailè Selassiè nel 1941
“Sono molto dolente che le circostanze di questa guerra non consentano di fare la conoscenza personale del generale Nasi, verso il quale professo la più alta ammirazione e la più viva riconoscenza per le direttive di politica indigena, inspirata ad un largo senso di giustizia e di umanità, da lui adottate e imposte durante tutto il periodo del suo vice-governatorato generale”. 1
Siad Barre nel 1978 fu in visita a Roma
“Nel brindisi, alla colazione nel torrino del Quirinale, Pertini ebbe la strana idea di chiedere scusa ai somali per quanto fatto dagli italiani. L’ospite rispose che verso l’Italia non avevano che gratitudine; e che – Pertini si rannuvolò bruscamente – nel 1935 erano stati gli etiopici e non i fascisti a provocare la guerra”.2 Forse Siad Barre non aveva gradito una frase di Pertini all’inizio del discorso di benvenuto: “Chiusa definitivamente la triste epoca del colonialismo”3 e volle ribattere precisando che quell’atteggiamento deferente e antistorico non apparteneva né a lui né alla Somalia.
Denis Mack Smith nel 1976, storico inglese
“Nelle colonie furono riversati ininterrottamente fiumi di denaro, con guadagni assai scarsi, e la bilancia commerciale, a dispetto di tutte le speranze, in nessun momento favorevole all’Italia. Gli amministratori coloniali italiani fecero spesso un buon lavoro e talvolta ottimo. Costruirono vaste reti stradali; e in qualche caso le popolazioni ricevettero – dall’abolizione giuridica della schiavitù, dal controllo delle epidemie e delle carestie e dall’amministrazione della giustizia – vantaggi più concreti che le popolazioni delle vicine colonie britanniche. Il contenimento delle guerre intertribali in Somalia fu un risultato importante […] furono concesse, in una misura inconsueta negli imperi coloniali dell’epoca, le libertà di espressioni, di riunione, di insegnamento e di proprietà […] l’Italia fascista fu più generosa di ogni altra potenza, e i risultati furono talvolta imponenti […] Un gran numero di disoccupati fu importato dall’Italia per costruire alberghi, ospedali, scuole e quattromila chilometri di strade asfaltate”.4
AFIS – Amministrazione Fiduciaria Italiana della Somalia
Il 21 novembre 1949 l’Assemblea Generale dell’ONU assegnò con la risoluzione n.º 289, il territorio della Somalia in Amministrazione Fiduciaria all’Italia. Si trattò dell’unico caso di amministrazione fiduciaria assegnata ad una nazione sconfitta nella seconda guerra mondiale. Ci sarà stato un motivo, no?
Nella foto in testa all’articolo: Villaggio Duca degli Abruzzi (Somalia italiana), giostra per i figli dei dipendenti
NOTE
1. da una dichiarazione del 5 febbraio 1946, rilasciata da Piacentini al generale Nasi. Vedi documenti AB, ONU, Somalia, b. 2/b, alleg. 5
2. 30 giorni, 01-2001, mensile internazionale diretto da Giulio Andreotti dal 1993 al 2012
3. Discorsi e Messaggi del Presidente della Repubblica, Archivio Quirinale, pag. 349, Quaderni di Documentazione Nuova Serie, n° 18, Roma, 2009
4. Mack Smith D., Le guerre del Duce, Laterza, 1976