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E dopo 80 anni ancora non apre il museo del Fascismo a Predappio…

di Carlo Valentini da ItaliaOggi del 21 giugno 2023

«Il fascismo non si combatte con gli slogan ma con la cultura, è una lezione che bisognerebbe imparare». Giorgio Frassineti, Pd, è l’ex sindaco di Predappio, 6mila abitanti, in provincia di Forlì-Cesena, dove (il 29 luglio 1883) nacque Benito Mussolini, da Rosa Maltoni, maestra elementare, e Alessandro Mussolini, fabbro ferraio. Nel cimitero della piccola frazione di San Cassiano si trova la cripta dove sono sepolti molti componenti della famiglia Mussolini, tra cui lui. Qui, ogni tanto, si svolgono raduni di nostalgici ma c’è pure una sorta di turismo dettato dalla curiosità. Quanto basta per consentire un po’ di business a un paio di negozi di souvenir espliciti, a qualche bar e a una trattoria con esposti i gagliardetti.

Fino al 2019 i predappiesi facevano affari coi neri e votavano i rossi, cioè le giunte erano di sinistra e per dieci anni, dal 2009 al 2019 il sindaco è stato il piddino Giorgio Frassineti, che si è posto il problema di come fare uscire Predappio dal cono d’ombra neofascista, trovando la soluzione nella realizzazione di un museo sul Ventennio, per spostare l’interesse dalla cripta cimiteriale a un percorso culturale. Non è bastato un decennio, l’idea ha trovato l’opposizione del Pd ma anche dell’Anpi, l’associazione dei partigiani, ed è rimasta sulla carta, col sindaco novello Don Chisciotte a combattere contro una fobia, tanto più assurda se si considera che il museo sarebbe nato sotto l’egida di blasonati studiosi, quindi alieno da qualsiasi compiacimento per il passato.

Questo tira-e-molla ha influito sulla sconfitta del centrosinistra alle elezioni del 2019, quando Roberto Canali, sostenuto da FdI, Fi, Lega ha conquistato il Comune. La vicenda di Frassineti «si è trasformata», dice Piergiorgio Curzi, «in un’avventura picaresca in pieno stile commedia all’italiana degli anni 60, confermando come sia difficile musealizzare il fascismo in Italia». Curzi è autore e regista di documentari storici e insieme a Sabika Shah Povia, redattrice del programma televisivo Propaganda Live (La7) ha dedicato all’ex sindaco di Predappio e alla sua battaglia storica, perduta, un docufilm, coprodotto dalle tv francese, tedesca e dalla Rai, che però finora non lo ha messo in onda.

In attesa di vederlo (titolo: “The Mayor- Me, Mussolini and the Museum”, “Il sindaco -Io, Mussolini e il Museo”) sul piccolo schermo è tra i piatti forti del Biografilm Festival, rassegna annuale che dal 2005 propone (a Bologna) pellicole dedicate alle biografie e ai racconti di vita. Un racconto, in questo caso, dedicato a un politico ribelle al politicamente corretto e che ha tentato un approccio diverso a un tema controverso e quanto mai attuale, provando a emanciparlo dalla polemica spicciola e spesso inconcludente.Dice Giorgio Frassineti: «Non sono mai riuscito a creare il museo del fascismo, in tutto il mondo le nazioni riescono serenamente a fare i conti con le ferite della storia. In Italia, no. Dobbiamo ritarare le nostre azioni per combattere questo fenomeno, dobbiamo puntare all’arma più forte, che è la cultura. Il museo sarebbe servito a questo, ad affrontare quel periodo storico e capire che parlare con gente che ancora si veste da gerarca nazista è qualcosa di ridicolo. (…) Inoltre il patrimonio artistico del ‘900 ha lo stesso valore di quello di altre epoche, ma viene sottovalutato. È importante iniziare a pensarci e a tutelarlo, ora che sono passati tanti anni». Aggiunge: «Basta avere paura, quando Rachele Mussolini fu eletta al consiglio comunale di Roma le mandai i complimenti. Prendere i voti è sempre difficile e le persone non possono pagare tutta la vita per il cognome che portano».

Frassineti ha 58 anni, laurea in Scienze geologiche. Insegna geografia al liceo. Entrò in Consiglio comunale a Predappio nel 1994, cinque anni dopo divenne assessore, e dopo altri cinque anni sindaco. Nel 2019 non si è ripresentato alle elezioni e il centrosinistra ha perso il Comune.

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L’impegno controcorrente di Frassineti è stato anche, ma inutilmente, approvato e supportato da 50 storici di 28 università, che hanno firmato un documento: «Chi sostiene che un museo non possa che essere di tipo celebrativo e paventa una possibile deriva nostalgica che questo potrebbe favorire, non conosce i numerosissimi esempi di musei che in Europa e nel mondo intero sono stati capaci di affrontare momenti drammatici e tragici della storia, anche più recente di quanto sia stato il fascismo».

Niente da fare. Se non c’è riuscito l’ex sindaco Pd, figuriamoci il nuovo di centrodestra, che su questo terreno sarebbe falcidiato dall’opposizione politica, la stessa che ha atterrato il vecchio primo cittadino. Quindi niente museo e niente approfondimento storico. Di quel progetto rimane solo il documentario, proiettato nei festival à la page. Conclude, costernato, Frassineti, colui che ha tentato di tirare fuori la cenere da sotto il tappeto: «Le pare possibile, ancora, continuare a far finta che quegli anni non hanno cambiato l’Italia in un modo che forse vale la pena raccontare? Le pare possibile che un Paese come il nostro il fascismo lo studi solo en passant sui libri di scuola? Io ne faccio una missione. A meno che qualcuno non pensi che per spiegare quello che è successo in quei vent’anni in Italia sia sufficiente qualche foto di Mussolini appeso a testa in giù durante qualche manifestazione».

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