Gran bel guaio l’amore. Per capire cosa sia, più che poeti o letterati è bene interrogare i filosofi; diffidate però dal seguirne i consigli pratici. Nelle faccende sentimentali furono, nei casi migliori, dei pasticcioni. Questa categoria, per ironia della sorte, sa teorizzare cose meravigliose in materia e le concretizza malamente. Certo, ci sono stati degli sciupafemmine, come Giacomo Casanova (si autoincluse tra i pensatori: «Ho vissuto da filosofo, muoio da cristiano»), ma aveva l’abitudine di comperare case per le conquistate e di offrire ai parenti un pranzo sontuoso: due elementi che avrebbero fatto crollare anche una castità ferrea. È pur vero che Giovanni Pico della Mirandola rapì l’amante, ma il simpatico gesto della mente più fascinosa di ogni epoca finì con una quindicina di morti. Ci volle l’intervento di Lorenzo de’ Medici per evitargli il carcere.
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di Armando Torno dal Corriere della Sera del 18 ottobre 2010
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Tra i pochi coerenti c’è Arthur Schopenhauer: per lui l’amore va considerato un inganno della natura, indispensabile per perpetuare la specie. I sensi ci imbrogliano, facendoci vedere quello che non esiste; esaltano, turbano, alterano e noi procreiamo. Dopo, si sa, giungono noia e indifferenza o, come già ricordavano i latini, la «tristitia post coitum». I cacciatori di sciocchezze sentimentali possono frugare a volontà nelle opere dell’attento Arthur, ma da esse escono a mani vuote; riescono, caso mai, a trovare qualche frammento nelle lettere o nelle testimonianze dei suoi frequentatori. Conobbe tuttavia diverse signore. Il consigliere governativo Eduard Krüger – conversava con il filosofo negli ultimi anni francofortesi – riferisce che «era stato fidanzato a Firenze con una donna di alto lignaggio, ma che aveva rotto dopo aver appreso che costei era malata di polmoni». In una lettera alla sorella Adele (talmente brutta che non riuscì a trovare marito), Schopenhauer parla di una storia a Venezia; ma nella città lagunare egli frequentò tale Teresa Fuga, con cui ebbe in comune il solo sfogo dei sensi. Costei, nella primavera del 1819, gli invia una lettera per confermargli un incontro. Missiva sgrammaticata sino al comico, che rivela una disinvoltura di costumi: la vispa Teresa chiede ad Arthur di trascorrere un po’ di tempo con lei, anche se ha un amico, una relazione con un impresario e degli inglesi che vanno e vengono. Il traffico nella camera di madame ha delle pause e il filosofo potrà trasformare le sue teorie sul sesso in realtà.
Un altro che a Venezia si diede un gran da fare con le signore di larghe vedute morali fu Jean-Jacques Rousseau. Il pensatore che metterà i suoi cinque figli ai trovatelli dopo aver meditato la scelta su Platone, nelle Confessioni ricorda quel che combinò, e relative paure: a seguito di un amplesso con «la Padoana» chiama un medico, il quale lo cheta e gli assicura che è «conformato in modo particolare» e non può «essere facilmente infettato». Forse per non correre rischi di codesto genere, con un suo sodale compera «una bambinetta di undici o dodici anni», con cui però sembra che non abbia consumato («bisognava aspettare che si fosse sviluppata»). Il resto è il caso di risparmiarlo, ma non manca nemmeno una visita alle giovani fanciulle dei Mendicanti, tutte bruttine. Non è il caso di stupirsi. Sull’onda del ’68, e delle liberazioni dai vincoli borghesi, Jean-Paul Sartre, Simone de Beauvoir, Michel Foucault, Jack Lang, futuro ministro francese, firmarono una petizione in cui si chiedeva la legalizzazione dei rapporti sessuali con i minori.
Kant, invece, ebbe poca considerazione per donne, innamoramenti e matrimonio (anche per la musica, in verità: amava soprattutto le fanfare); Kierkegaard sublimò il rapporto con la fidanzata e riuscì a non sposarla; Nietzsche sapeva creare il superuomo, annunciare la morte di Dio ma per rispondere ai bisogni della natura si rivolgeva ai bordelli (e sovente non riusciva a placarli nemmeno lì). Gli piacevano «giovani, belle, alte, bionde» ma le dannate non ricambiavano con analogo ardore. Oltre le disavventure con Lou von Salomé – che riuscirà a irretire anche Rilke e Freud – Nietzsche, tra l’altro, per l’uscita della Nascita della tragedia ricevette una lettera da tale Rosalie Nielsen alla quale, per dirla in breve, fissò un appuntamento in un hotel di Friburgo. Entrato in camera, vide «una donna appassita, di una bruttezza ripugnante, vestita a sghimbescio, sudicia». Se la diede a gambe, urlando: «Mostro, mi hai ingannato!».
Si potrebbe continuare con le corna che fece (e subì) Heidegger, con gli antichi cinici che espletavano in pubblico i loro impulsi, con Sant’Agostino che prima della conversione la sapeva lunga e anche con le pensatrici. Ma sono storie infinite. E siccome stiamo presentando una nuova edizione dell’Enciclopedia Filosofica, preferiamo rimandarvi ai volumi in uscita.
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Inserito su www.storiainrete.com il 19 ottobre 2010