Esce “I canti del littorio”, di Emanuele Mastrangelo

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Il Fascismo forse più d’ogni altro fenomeno politico si è espresso attraverso il canto: dalle canzoni intonate fra le trincee della Grande Guerra a quelle gridate a squarciagola durante le “spedizioni punitive” della fase rivoluzionaria; dall’innodia delle iniziative di massa del Regime al vortice entusiastico di canzoni per l’impresa africana, per finire con il canto rabbioso e sentimentale del crepuscolo di Salò. Quello del Fascismo fu un canzoniere di popolo, di regime, colto: attraverso di esso si è espressa quasi un’intera nazione. Studiare i canzonieri del Fascismo vuol dire cercare di comprendere la mentalità, le idee, l’atteggiamento del popolo e delle elite nell’Italia del Ventennio. Giovinezza – All’armi, siam fascisti! – Faccetta Nera – Le donne non ci vogliono più bene… canti scritti da soldati per altri soldati, da squadristi per altri squadristi, da “fedeli” del Regime per altri “fedeli”, ma anche da italiani per altri italiani, in un periodo storico nel quale si era giunti quasi a far collimare la parola “italiano” con “fascista”.

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