HomeStampa italiana 2Prove false e diffamazione per imporre la vulgata in Wikipedia

Prove false e diffamazione per imporre la vulgata in Wikipedia

Come si elimina da Wikipedia un contributore che scoccia? Si creano prove false, lo si diffama, si alza una cortina di bugie contro di lui, si opera una “reductio ad hitlerum”, cioè lo si accosta arbitrariamente ad ideologie innominabili in maniera da screditarne la reputazione. “Ripeti una bugia 50 volte, alla fine verrà tenuta per verità”, diceva qualcuno molto molto esperto di propaganda. Una lezione che la “cricca” di Wikipedia tiene ben presente. Alla fine basta nulla per passare al blocco infinito. “L’utente non gode più della fiducia della comunità”. E’ quello che la “cricca” ha detto di Emanuele Mastrangelo, redattore di Storia in Rete, bloccandolo a vita e impedendogli una volta per tutte di portare il suo contributo a Wikipedia. Dopo averlo diffamato con accuse false ed avergli fatto terra bruciata attorno.

.

Di Alberto Lancia

.

Perchè? Cosa voleva sostenere di tanto grave e pericoloso da doverlo far fuori con questi mezzi staliniani?

Molto semplice: che la storiografia dal 1989 ad oggi ha fatto passi avanti, e che la “vulgata” è una tesi frusta che deve essere aggiornata agli sviluppi più recenti. Insomma, che Wikipedia non può restare ad una visione della storia italiana che andava bene nel 1977, ma che oggi appare ed ai fatti è datata, tendenziosa e di parte. Wikipedia deve aprirsi, come è nei suoi “pilastri”, nelle sue regole fondamentali alle opinioni espresse dagli studiosi.

- Advertisement -

Su Wikipedia infatti è attualmente vietato parlare di “guerra civile italiana”. Non si può. Poco importa che tutti i maggiori storici italiani abbiano accettato questo termine come oggettivo.  Su Wikipedia esiste solo la “Resistenza partigiana”. I militari delle forze armate regolari che hanno combattuto e dato il sangue per la libertà d’Italia meritano al massimo una citazione en passant. La stessa “Guerra di Liberazione” deve essere per forza sinonimo di Resistenza, e fra i due, si usi solo il termine “Resistenza”.

Chi osa negare questi dogmi va fatto tacere. Come? Inventando che abbia “taroccato le fonti” per scopi turpi. Una volta lanciata l’accusa, è inutile andare a verificare che l’accusa era falsa. Poichè il “pubblico ministero” che istruisce il processo-farsa è perfettamente d’accordo sottobanco coi “giudici” che devono emettere la sentenza e applicarla.

In questo clima da caccia alle streghe anche chi osa fare “l’avvocato difensore” e far notare che le accuse sono infondate, viene immediatamente accusato di far camarilla politica. Tipico isterismo da inquisizione o da tribunale rivoluzionario.

Chi ha occupato (anzi “okkupato”) Wikipedia e l’ha fatta cosa sua è scopertamente uomo di fazione. Inutile credere alle ingenuità da Jimbo Wales sulla “buona fede” di ogni wikipediano. Jimmy evidentemente non ha tenuto conto del carattere supremamente fazioso degli italiani, quando ha creato le poche regole di Wikipedia, appellandosi al “buon senso” (merce rara, in Italia!). Che gli uomini della “cricca” siano tutti politicamente schierati è un re nudo. Basta leggere le loro pagine-utente, basta leggere i loro interventi. Qualcuno fa finta d’avere un atteggiamento più equilibrato, ma è solo tatticismo, magari per far sbilanciare l’utente pericoloso, spingerlo a scoprirsi e poi colpirlo inesorabilmente alla schiena (in politica si chiamano “provocatori” questi bei tipi umani).

Wikipedia è e resta un bel progetto: come tutti gli strumenti, dipende da in quali mani finisce. Per ora occorre riconoscere che Wikipedia italiana è saldamente in pugno ad una minoranza politicizzata per la quale tutto ciò che non è allineato e coperto alle proprie tesi è automaticamente nazifascista. Dato il precedente che l’espulsione di Mastrangelo ha creato, è ragionevole immaginare che nei prossimi mesi si dovranno vedere altre situazioni simili: processi “alla Danton” verso gli utenti sgraditi. Ma come tutte le dittature, proprio la creazione di martiri fa sì che le coscienze si risveglino. Wikipedia è enciclopedia libera, non okkupata.

___________________________________

Aggiornamento del 20 novembre 2010

Wikipedia: bandito a vita chi tocca i miti della Resistenza

(19 novembre 2010)

Forse vi chiederete che ha importanza hanno le vicende private di uno storico su un’enciclopedia on-line, che a leggere di questi processi sommari non sembra roba molto diversa da un forum di tifosi di calcio… È importante invece perché Wikipedia è più aggiornata della Treccani che fa bella mostra di se nella libreria del salotto da più di vent’anni. È importante perché Wikipedia è il primo risultato che offre Google su ogni argomento dello scibile umano. È importante perché i nostri figli, anche i più volenterosi, quando devono fare una ricerca non si rivolgono più alle Garzantine o alla Treccani, ma usano Wikipedia. È importante perché nelle redazioni di molti giornali, quando c’è da scrivere un coccodrillo in morte di un personaggio famoso, si copia tranquillamente Wikipedia. È importante perché tutti la usano e nessuno lo dice, come dimostrano gli ultimi casi in cui Beni Culturali e Pubblica Istruzione son stati beccati a scopiazzare da Wikipedia. Wikipedia, volenti e nolenti, è l’ultima frontiera del sapere. Non ammetterlo è da folli, ignorare la sua importanza da sprovveduti.

di Alberto Lancia

Wikipedia è l’enciclopedia libera, ma secondo la “cricca” – un gruppo di utenti ben organizzato che è riuscito ad occuparla – vi sono argomenti che liberi non devono essere. Fra questi argomenti c’è la Resistenza e i miti che le sono stati costruiti attorno, la cosiddetta “vulgata”: l’attentato di Via Rasella non è stato un “attentato” ma una “azione” e i partigiani che lo commisero non erano comunisti che agivano per iniziativa del loro partito, ma generici appartenenti al CLN romano; non vi sono dubbi che Mussolini cercasse di fuggire in Svizzera, e tutte le tesi sul suo “appuntamento sul Lago” con misteriosi emissari pertengono ad una sparuta minoranza di “sporchi revisionisti”. Mussolini voleva fuggire ma venne raggiunto dalla giustizia partigiana; e dulcis in fundo, la Resistenza.

La Resistenza è il Tutto. Inutile parlare di Guerra di Liberazione: il re fuggì al Sud e punto. I partigiani monarchici casi isolati, il determinante ruolo del Regio Esercito un aspetto gonfiato dei nostalgici della Monarchia. Se è inutile parlare di Guerra di Liberazione, il termine Guerra Civile è addirittura all’indice. Un tabù nominarlo e anche solo far notare che è stato usato da storici di ogni colore politico – comunisti compresi – diventa una falsificazione da punire! Insomma, il revisionismo scientifico di scuola defeliciana non è il benvenuto su Wikipedia. Esso deve essere considerato una specie di eresia di una setta minoritaria ed esecrabile, e chi lo sostiene è un perfido ed un eretico.

Aver propugnato il revisionismo defeliciano e quindi aver osato toccare questi miti è costato ad Emanuele Mastrangelo – redattore di “Storia in Rete” – il ban perpetuo da Wikipedia. In altre parole, Mastrangelo non potrà più scrivere una virgola sulla versione italiana dell’enciclopedia “libera” perché è stato dichiarato “problematico” con un processo sommario da un gruppo di utenti e admin di Wikipedia. I motivi dell’espulsione sono chiarissimi: aver dimostrato con una eccessiva ricchezza di fonti che quei miti della Resistenza erano da rivedere (appunto: è uno “sporco revisionista”, poiché nella logica manichea dei Gendarmi della Memoria non esiste differenza fra un revisionista defeliciano e un negatore delle camere a gas…). Non potendo giustificare l’espulsione di un contributore (verso il quale molti altri utenti hanno invece fatto attestati di stima) con queste motivazioni ideologiche, la “cricca” ha per due volte inventato prove false tese a screditarlo come ricercatore e storico.

Nel giugno del 2009, durante la discussione sull’opportunità o meno di attribuire a Mussolini la volontà di fuga in Svizzera, Mastrangelo fu bloccato per sei mesi. Motivazione, avrebbe deliberatamente mentito alla comunità wikipediana  manipolando le affermazioni di alcuni storici.

Un’accusa falsa. Mastrangelo sosteneva che – essendo tuttora la comunità scientifica divisa sulle intenzioni reali del Duce dopo il 25 aprile – occorreva usare su Wikipedia una terminologia neutrale che mediasse fra le posizioni di chi sostiene la tesi della “fuga in Svizzera” e chi invece quella del cosiddetto “incontro sul lago”, prima di un’eventuale ritirata definitiva in Valtellina. Mastrangelo citò a supporto di quest’ultima posizione vari autori, fra cui Marino Viganò, Luciano Garibaldi e il compianto Franco Bandini. Se su Viganò la cricca si limitò a bollarlo come “neonazista”, reductio ad hitlerum di uno che collabora quotidianamente con gli Istituti della Resistenza, su Bandini e Garibaldi manipolarono loro le fonti in maniera capziosa. Su Bandini venne citato un estratto degli anni ’70 che circola su Internet (che negli ultimi vent’anni avesse cambiato idea era dunque… una falsificazione di Mastrangelo!), mentre di Garibaldi invece ricorsero traduzione inglese di un suo libro usa ad un certo punto la parola “fuga” (pensa te!).

Per i gendarmi della memoria della “cricca” fu un’occasione ghiottissima: fu orchestrato un ben congegnato piano di accerchiamento e un sabato pomeriggio di giugno – quando mezza Wikipedia è al mare – un emissario della “cricca” (tal Rifrodo) denunciò Mastrangelo come “falsificatore di fonti”.

L’accusa, o meglio “la scusa” proprio di aver mentito su Garibaldi e Bandini. In poche ore i congiurati diedero addosso allo “sporco revisionista”, commettendo però l’errore di consentirgli la replica. Mastrangelo infatti con Garibaldi ci lavora proprio qui su “Storia in Rete” (e infatti su questo argomento Garibaldi ebbe a rispondere ad un lettore proprio sulle pagine di “Storia in Rete” del luglio 2009, smentendo nero su bianco d’aver mai sostenuto ciò che invece la “cricca” gli aveva messo in bocca). Bandini invece – com’è noto a chi conosce la questione – negli anni Ottanta cambiò idea sulle reali intenzioni di Mussolini. Tant’è che fu proprio lui l’iniziatore di quel filone di ricerca del più volte citato “incontro sul Lago”, che prende origine proprio da un articolo su “Il Tempo” scritto dal Nostro.

Di fronte a simile difesa, piuttosto che ammettere l’errore, o anche solo cercare nuove scuse per capi d’accusa, si preferì continuare a mentire, bloccando per 6 mesi. L’accusato non avrebbe avuto diritto di replica, e cosa più importante, se ne era sporcata la “fedina penale”

Finiti i sei mesi di “confino”, di nuovo sulla breccia. Tra i tanti dibattiti in cui cercava di bilanciare la vulgata resistenziale con l’opera defeliciana (su Wikipedia vige l’aspetto del punto di vista neutrale, dove tutte le tesi preminenti in storiografia meritano menzione) è notevole come strumentalizzazioni quello su Via Rasella, dove l’unica versione accreditata da Wikipedia è quella data da Rosario Bentivegna, l’uomo che accese la miccia della bomba partigiana che uccise 34 altoatesini delle SS territoriali, un numero imprecisato di civili e spinse i tedeschi all’orrenda rappresaglia delle Ardeatine.

Ma la parola “attentato” è stata accuratamente bandita dall’enciclopedia nonostante una statistica fatta su Google Libri indichi che ben il 95% delle fonti usa il termine “attentato di via Rasella” contro solo un 5% di fonti che lo respinge. Le responsabilità del PCI romano – rivendicate dal suo stesso capo Giorgio Amendola! – sono state celate e surrettiziamente negate dietro un generale (e fasullo) “fu il CLN a volere l’attacco”. Gli stessi attentatori (tutti del GAP romano) non dovevano comparire come “partigiani comunisti”, ma solo come generici “appartenenti al CLN”. Dopo settimane di discussione, di fronte all’enorme quantità di fonti citate da chi sosteneva che Wikipedia doveva assumere una veste scientifica e non ideologica, si è passati alle minacce: “se continuate, per voi c’è il blocco”. Mastrangelo e gli altri utenti che avevano avuto la proditoria audacia di mettere in forse uno dei miti più intoccabili della Resistenza dovettero fare un passo indietro, cedendo alle intimidazioni. La “cricca” aveva vinto.

Quando poi, la settimana scorsa, il dibattito si è riacceso attorno al dogma centrale della vulgata – la “Resistenza” intesa come mito omnicomprensivo ed esclusivo del biennio 1943-’45 – la misura è stata colma. Lo “sporco revisionista” doveva essere messo a tacere per sempre.

Wikipedia italiana infatti ha una voce “Resistenza” che riunisce in sé tanto l’accezione “guerra di Liberazione” quanto “guerra civile italiana”. La prima è direttamente un rimando. Cercando su internet “guerra di Liberazione” l’unica pagina wikipediana che esce è “Resistenza”. Inutile dire che la voce “Resistenza” fa appena un rapido accenno a quelli che furono i meriti delle Forze Armate regolari italiane nella lotta per liberare il Paese dai tedeschi. La voce “Resistenza” parla ovviamente solo della Resistenza partigiana, secondo la migliore tradizione della “vulgata”. Sostenere che occorresse creare anche una voce sulla Guerra di Liberazione, per offrire altrettanto spazio e visibilità anche ai militari regolari, è eresia. Ma peggio di tutte le eresie è quella di sostenere che accanto alla voce “Resistenza” occorre creare anche una voce “Guerra civile italiana”.

Come molti sapranno, che in Italia vi sia stata una guerra civile fra 1943 e 1945 è un dato storico negato per decenni. Solo dalla fine degli anni Ottanta il dibattito storiografico ha ammesso questa categoria storica. A partire da Claudio Pavone, Renzo De Felice e Gian Enrico Rusconi, il termine è entrato nel lessico accademico, giornalistico e politico, non senza ostilità. Vi si opponevano infatti gli esponenti ancora in vita della Resistenza dura e pura e un pugno di accademici organici al PCI (e ai suoi partiti epigoni). Oggi quasi nessuno storico serio mette in discussione che in Italia vi sia stata una guerra civile. La tesi della vulgata (“non vi fu guerra civile perché i partigiani erano italiani ma i repubblichini no”) è rifiutata pressoché ovunque, salvo per gli irriducibili nostalgici e per quei pochi vegliardi che ancora dormono “col mortaio sepolto in giardino” (definizione dello stesso Mastrangelo).

Ma su Wikipedia no. Qui la “cricca” dei Gendarmi della Memoria era riuscita a creare un’isola felice di ignoranza rimasta al dibattito storiografico pre-1989. Per la “cricca”, dentro Wikipedia il Muro di Berlino non è mai caduto, come in Corea del Nord. La tesi più accreditata è quella resistenzialista, il revisionismo di Pavone, De Felice ed altri “traditori dei valori fondanti della Repubblica” è solo una bieca posizione di minoranza. E chi intende portarla dentro Wikipedia non fa un normale lavoro di compilazione ma una “ricerca originale”, ossia porta idee non accreditate in un posto dove solo le opinioni accreditate possono entrare.

Citare fonti su fonti a sostegno della necessità per Wikipedia di aprirsi al nuovo corso della storiografia (“nuovo”, poi… son quasi trent’anni che la storiografia è andata avanti!) è stata la voce che ha fatto traboccare il vaso. Per la “cricca” la misura era colma e con Mastrangelo occorreva chiudere i giochi una volta per tutte. Con ogni mezzo lecito e illecito ed anche a costo di farne un martire: troppo pericoloso e ficcante infatti si era fatto l’affondo dello “sporco revisionista” contro l’ormai indifendibile vulgata.

Come nel 2008 fu orchestrato un processo sommario. Fu utilizzata come al solito una “testa di legno” (un utente di nome “Johnlong”. Per intenderci, uno che scrive Eichmann con l’H all’inizio…) che denunciò fra i “problematici” Mastrangelo con un dossier che qualcun altro doveva avergli preparato e messo in mano. Fra le accuse – ovviamente – tornava quella sulla “falsificazione delle fonti”. Ma anche stavolta chi falsificava deliberatamente era proprio l’accusatore. Citazioni da Gianni Oliva prese a pezzi e bocconi; Gian Enrico Rusconi riportato in maniera del tutto tendenziosa… La manovra era così rozza e malfatta che fu chiaro fin dall’inizio che la questione della “falsificazione” era una scusa, tant’è che nessuno ebbe ad eccepire uno iota di fronte alla manifesta, spudorata taroccatura operata da Johnlong. E infatti, in poche ore giudici, giuria e boia avevano già eseguito la condanna. Mastrangelo fu accusato di tutto l’accusabile (eccezion fatta dell’invasione della Polonia, ma solo per motivi anagrafici) e cacciato via senza appello. Ad uno degli utenti che si è speso per la sua difesa è stato risposto “scusa, ma non si capisce quello che vuoi dire”, nel migliore stile da tribunale giacobino. Molti altri utenti si sono spesi (e si stanno spendendo – invano – anche in queste ore) per denunciare l’ostracizzazioe di Mastrangelo come un fatto inaudito, un vulnus gravissimo per la libertà di Wikipedia e soprattutto con motivazioni fasulle che trasudano odio ideologico da tutti i pori.

Mastrangelo è stato condannato proprio per quelle stesse infamanti accuse che sono il pane quotidiano della “cricca”: falsificazione delle fonti e delle citazioni, inserimento in Wikipedia di tesi di minoranza o di “ricerche originali”, “blindatura” delle voci affinché passino solo le modifiche gradite. Ma la motivazione vera è che Mastrangelo è uno “sporco revisionista”, con l’aggravante che – essendo un addetto ai lavori – ha accesso alle fonti, un bagaglio culturale e una preparazione in grado di mettere in difficoltà eventuali interlocutori. E’ insomma il più pericoloso dei contributori non allineati alla “cricca”, poiché è quello che rischia di “avere ragione”, di avere dalle sue le fonti e di convincere altri utenti.

Come nei tribunali giacobini o sovietici, all’accusato viene attribuita una colpa degna di pena capitale, ma è chiaro che la condanna ha sola ed esclusiva motivazione ideologica. Non è importante se l’accusato sia davvero un traditore, un pederasta, una spia del nemico. E’ importante che finisca al più presto sul patibolo, e che quelli che assistono al processo siano convinti della sua colpevolezza. Così è stato fatto: è chiaro che l’accusa di “falsificazione di fonti” e di “voler fare ricerca su Wikipedia” è falsa dalla prima all’ultima lettera. Ma questo non è importante. Ciò che è importante è sancire che il revisionismo, che De Felice, che la storia come scienza e non come serva dell’ideologia non hanno cittadinanza su Wikipedia in italiano. E questo andrà avanti così fin quando si lascerà un progetto grandioso e importante come Wikipedia nelle mani dei Gendarmi della Memoria.

________________________________________________

Inserito su www.storiainrete.com il 19 novembre 2010

- Advertisment -

Articoli popolari