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Cimitero del Verano, oltraggio alle tombe della Storia

Verano, oltraggio alle tombe della StoriaMargherite gialle in bocca e una bandierina tricolore per la statua dell’autore dell’inno nazionale, degrado tra confezioni di biscotti e cartacce per i figli di Garibaldi, illeggibile il ricordo dell’unica donna tra i Mille, gradini sconnessi e ruggine sulle balaustre con tanto di fascio littorio per l’eroina degli insorti di Trastevere.

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di Gabriele Isman su “Repubblica” del 16 marzo 2011 Repubblica Roma

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Domani si celebrano i 150 anni dell’Unità d’Italia, ma al Verano le tombe delle donne e degli uomini che combatterono per il tricolore sono abbandonate. “È distrazione, sciatteria, insipienza dell’amministrazione comunale. Diamo due giorni al sindaco Alemanno per porre rimedio a tutto questo” tuona Roberto Soldà, segretario romano dell’Italia dei Valori che ieri, con il dipartimento capitolino Cultura e istruzione del partito di Di Pietro, ha promosso una visita nel cimitero, portando con alcuni militanti fiori e bandiere. “Nei pochi mesi della Repubblica romana, dal 9 febbraio al 3 luglio 1849 – aggiunge il segretario -, un vero “governo del fare” difeso con le armi da questi giovanissimi: i fratelli Dandolo, 18 e 22 anni, Luciano Manara, di 24, Emilio Morosini di 18, Goffredo Mameli di 22, scrisse la costituzione della Repubblica romana, che sta alla base della nostra” e cita la laicità dello Stato e della scuola, il ministero della pubblica istruzione, la nazionalizzazione dei beni ecclesiastici, il matrimonio civile, il diritto al lavoro e la libertà di culto. Viene deposta una corona di fiori, mentre altri militanti ripuliscono con le scope l’area della tomba di Mameli, ma le parole di Giuseppe Mazzini, scolpite per ricordare il paroliere di Fratelli d’Italia, restano ben poco leggibili. Poco distante c’è lo spazio per i figli e i nipoti di Giuseppe e Anita Garibaldi. È la situazione peggiore: rotte la lapide e gli scalini, sporchi i fiori di plastica, con rifiuti e abbandono.

I militanti ripuliscono e depositano un tricolore. Sulla parte superiore, pochi garofani rossi lasciati da una mano anonima. “La famiglia Garibaldi – dice Giulia Rodano, consigliere regionale Idv – ha avuto un ruolo importante nella città e nel Lazio”. “Questo degrado – commenta Andrea Palma, segretario vicario romano del partito – testimonia un’occasione persa per la giunta comunale. I 150 anni meritavano un altro impegno, e più rispetto e dignità per i nostri eroi nazionali”. Il giro prosegue con la tomba di Rose Montmasson: unica donna tra i Mille, moglie ripudiata da Francesco Crispi, morì a Roma in povertà nel 1904. Sulla lapide è chiamata Rosalia, come la chiamarono i palermitani in omaggio alla Santuzza patrona della città siciliana: la foto la ritrae con le medaglie sul petto e il viso appesantito dalle delusioni. Non tutto l’epitaffio è leggibile. L’ultima tappa di questo viaggio nella memoria collettivaè Giuditta Tavani Arquati, morta il 25 ottobre 1867 quando 300 tra zuavi e gendarmi del papa Re sbucarono da via del Moro in via della Lungaretta. Dopo un lungo combattimento gli insorti furono uccisi: tra loro anche Giuditta, il suo bambino e il marito. Il regime del Duce la esaltò, i fasci sulla balaustra lo testimoniano. Poi soltanto l’oblio.

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Vedi le foto sul sito di Repubblica

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Inserito su www.storiainrete.com il 20 marzo 2011

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