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Quel Fascismo immenso e Verde: la Legge Serpieri compie 100 anni

Entrava in vigore esattamente 100 anni fa, il 30 dicembre 1923, il Regio Decreto n. 3267, che aveva come titolo “Riordinamento e riforma della legislazione in materia di boschi e di terreni montani”. La cosiddetta “Legge Serpieri”. Una data cardine, celebrata come merita dall’attuale ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida e da Confagricoltura.

Arrigo Serpieri (1877-1960)

“Serpieri – ha dichiarato il ministro Lollobrigida lo scorso 6 dicembre ricordando proprio il grande politico bolognese nella sala del palazzo di Confagricoltura che porta il suo nome – mise insieme tutte le norme dell’epoca e già nel 1923 permise all’Italia di avere una legislazione avanzata che affrontava il tema del dissesto idrogeologico, della forestazione e del ruolo degli agricoltori come produzione ma anche come manutenzione del suolo. Sono i temi di oggi, quelli che nei secoli l’Italia ha saputo interpretare e che noi dobbiamo riprendere e migliorare alla luce dei nuovi eventi e delle nuove esigenze. L’agricoltore è quello che cura l’ambiente attraverso il suo lavoro, questo è il messaggio che portiamo in Europa. L’agricoltore è stato descritto come nemico del territorio, una follia ideologica, frutto di una probabile inconsapevolezza della storia dell’uomo. Nell’antichità si diceva che l’uomo esce dalla barbarie quando comincia a coltivare. È così. Avendo la consapevolezza dell’agricoltore come bio-regolatore, vogliamo evitare la barbarie. L’uomo è capace di scolpire e dipingere il territorio con il suo lavoro, tenendo conto ovviamente della sostenibilità ambientale che è centrale, ma anche di quella economica e sociale”.

Non meno sentite erano state le parole del presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti: “Sono i 100 anni della Legge Serpieri, e oggi non è solo un momento di celebrazione su quello che fu ed è stato. Ma deve essere lo stimolo su tutto quello che dobbiamo fare. Il prof. Serpieri cento anni fa costruì l’Italia agricola del futuro, grazie a lui oggi abbiamo un sistema produttivo che ha dato sicurezza e certezza al nostro Paese”.

Ma andiamo a vedere chi era Serpieri e quale fu il suo eccezionale contributo per il nostro paese. Nato a Bologna il 15 giugno 1877 è stato un economista, politico e agronomo italiano. Esperto di economia agraria, ha rivestito il ruolo di sottosegretario del ministero dell’Agricoltura e delle Foreste durante il ventennio fascista, riuscendo a perfezionare il concetto di bonifica integrale che aveva iniziato a sviluppare negli anni dell’Italia liberale. Il regime gli diede fiducia e mezzi, e seppur fra le resistenze del latifondo agrario più retrivo, lo nominò presidente dell’Accademia dei Georgofili (1926-1944), senatore dal 1939, e rettore dell’Università di Firenze dal 1937 al 1943, città dove morì il 29 gennaio 1960. Nel 1944, con l’arrivo degli Alleati nel capoluogo toscano fu sottoposto ai processi di “epurazione” in quanto esponente del morente regime fascista, ma il suo contributo al benessere, allo sviluppo e al progresso della Nazione furono riconosciuti e già nel 1946 fu chiamato come consulente dalla commissione per l’economia italiana della Costituente. Nel 1947 fu riammesso all’università. La Repubblica non gli affidò più ruoli di primo piano, ma nel dopoguerra l’impianto delle sue leggi fu lasciato pressoché intatto e la Bonifica Integrale venne continuata dai governi democratici.

Serpieri intuì che la conservazione di un territorio delicato come quello italiano non poteva che essere organica. Non si poteva separare l’uomo dalla natura, ma si doveva potenziare l’uomo in armonia con la natura. Rispetto alle leggi che già il Regno post-unitario aveva stabilite per la conservazione delle foreste, Serpieri nel 1923 introdusse principi di discrezionalità che superavano i rigidi protocolli precedenti (la “linea di crescita del castagno”). Le situazioni forestali e idrogeologiche dovevano essere valutate di località in località da commissioni apposite. Ben lontano dal vedere l’uomo come “nemico del pianeta”, come cianciano tanti apocalittici attuali, Serpieri amava profondamente contadini, pastori e boscaioli e per tutta la vita si sforzò di migliorare le loro condizioni di vita allo scopo di impedire lo spopolamento delle aree montane.

Ancora nel 1951 Serpieri scriveva che “la sistemazione della montagna, al doppio fine di rallentare il corso delle acque selvaggiamente scorrenti […] difendendo le pendici contro la loro erosione, sta al centro dell’opera umanamente possibile per prevenire gravi catastrofi. Diciamo la sistemazione della montagna; non semplicemente il rimboschimento. È ben vero che il manto boschivo sulle pendici montane è il più efficace mezzo per conseguire il doppio fine indicato; ma è del pari vero che non è possibile meglio difendere ed estendere i boschi – il che è senza dubbio necessario – se non ponendo simultaneamente i montanari in condizione di vivere men peggio della loro agricoltura e della loro pastorizia; ciò che oggi, per progressi e tecnica, è ben possibile”. La tecnica e il progresso a favore dell’uomo, dunque, perché l’uomo è fattore chiave per la protezione della natura in cui egli stesso vive.

Serpieri è il propugnatore del concetto di “vincolo idrogeologico” che tutt’oggi crea un argine al degrado del nostro territorio. Il concetto di base è che interessi pubblici e privati debbano collaborare in armonia, superando tanto le istanze liberiste quanto quelle collettiviste. I rimboschimenti e la prevenzione del disboscamento possono essere obbligatori per i proprietari, ma lo Stato interviene con incentivi, esenzioni e contributi, favorisce le azioni virtuose e promuove i consorzi. Inoltre – a differenza del mostro burocratico creato dall’Europa – la Legge Serpieri agevolava l’esercizio dell’industria silvana, la difesa antincendio, la vendita dei prodotti, le utilizzazioni forestali. Il vincolo idrogeologico poneva limiti all’uso della proprietà privata (concetto poi assunto in più vasto ambito, dalla Costituzione repubblicana), ma incentivava i proprietari a intraprendere attività non in contrasto con il bene collettivo. Insomma, l’uomo della montagna e del bosco era al centro dell’azione della legge, non era il suo bersaglio. La legge del 1923, inoltre, prevedeva la realizzazione di grandi e capillari interventi di ingegneria idraulica con l’obbiettivo di rallentare la velocità di deflusso delle acque di piena. Anche qui si marca la spaventosa differenza con l’immobilismo preteso dalla pazzia ambientalista, che spesso e volentieri ha impedito le operazioni di ingegneria idraulica necessarie, come il dragaggio dei canali, la pulizia degli alvei dei torrenti e la realizzazione e manutenzione degli argini sulla base ideologica di una pretesa “difesa della natura”. Come se la vita e i beni delle persone minacciate dal dissesto idrogeologico non fossero “natura” da difendere e preservare.

L’idea di fondo di Serpieri era quella di bonifica integrale. Non si trattava solo di prosciugare le paludi, opera già iniziata da secoli e non certo inventata dal regime (come alcuni velenosi commentatori si bullano di aver “scoperto”, alzando il ditino…). La sua grande innovazione consiste nel concepire la messa a frutto del territorio come un tutt’uno, integrale, appunto, che prevede la realizzazione di opere d’ingegneria, la lotta al dissesto idrogeologico, il miglioramento delle condizioni di vita delle popolazioni rurali (dall’educazione alle possibilità economiche), la creazione di organi intermedi (consorzi, associazioni, sindacati…) il tutto sotto la supervisione dello Stato che interviene laddove il privato non arriva, e delega ovunque possibile alla libera impresa dell’individuo. Al prosciugamento delle paludi e al dissodamento delle terre si affianca la cura dei boschi e la creazione di aree protette. Uomo e natura non come avversari ma come fattori della stessa equazione, il cui risultato deve essere il progresso della Nazione. Bonifica dunque non più solo come prosciugamento, ma come “irrigazione, bonifica montana, colonizzazione, a seconda che l’una o l’altra opera o fine sia prevalente” scriveva Serpieri nel 1931.

La legge del 1923 poi affida un ruolo speciale nella gestione del territorio montano e boschivo al Corpo Forestale dello Stato (che di lì a poco sarebbe divenuto Milizia Forestale), gloriosa specialità che nel 2015 venne abolita sull’onda delle spending review e incorporata ai Carabinieri. Un atto da molti contestato e che molti hanno proposto di cancellare, per ricostituire il Corpo. Essenzialmente l’impianto della legge tuttora in vigore nel nostro paese è la medesima di 100 anni fa, con l’esclusione della Forestale – per l’appunto ridotta a branca dei Carabinieri – e per la suddivisione delle competenze fra le Regioni, non più centralizzate a livello statale.

Serpieri fu convintamente fascista. Eppure nel dopoguerra il suo contributo non venne affatto gettato via con l’acqua sporca. Troppo buono era perché meschine considerazioni ideologiche potessero cancellarlo. Cambiate alcune terminologie, sui suoi capisaldi è stata poi costruita la successiva, e tuttora vigente normativa in materia. Infatti negli anni a seguire, prima la Legge della montagna del 1952, detta comunemente Legge Fanfani, poi quella successiva del 1971 ed anche la più recente normativa del 1994, si pongono tutte perfettamente nel solco della pianificazione territoriale concepita da Serpieri. Mi permetto qui di autocitare quanto scrivevo nel 2022 sullo speciale di “Storia in Rete” intitolato “Fascismo, i veri conti con la Storia“: “Tolti i fasci, le differenze esteriori fra operato del Fascismo e della Democrazia diventavano molto difficili da identificare… La strada tracciata dal «deprecato Regime» dunque apparve non così disprezzabile alla politica del dopoguerra, che più pragmaticamente di certi propagandisti contemporanei decise di non guardare al colore del gatto, ma solo alla necessità di acchiappare i topi”.

Oggi Arrigo Serpieri merita d’essere ricordato come una delle personalità italiane più importanti del XX secolo. La nostra Nazione gli deve riconoscenza, cosa che – più utilmente che con dediche di strade o monumenti (pur doverose) – può fare riscoprendo il suo pensiero. Come Serpieri cercò di arginare dissesto idrogeologico e degrado socio-demografico, oggi il suo pensiero può essere un argine contro il dissesto mentale e il degrado ideologico che le allucinate fole ambientaliste stanno perseguendo. Non c’è alcun “pianeta da salvare”. C’è da salvare il nostro mondo, quello in cui viviamo, e c’è un solo modo: guardare a esso con la razionalità, l’amore e il patriottismo che Arrigo Serpieri aveva applicato nel suo lavoro.

Questo articolo è stato pubblicato il 30 dicembre 2023 su CulturaIdentità

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