Un libro che colma una gigantesca lacuna storiografica, questo nuovo studio di Roberto Festorazzi, in quanto fino al 2022, non è mai stata pubblicata nessuna ricerca che documenti la genesi del comunismo italiano come una vicenda di straordinaria criminalità politica. Ora, con Il Libro nero del Comunismo italiano (Pietro Macchione editore, pp. 408, €40,00), l’autore, con un imponente scavo d’archivio, ha potuto dimostrare, non soltanto la totalmente illegale conquista del Partito comunista, da parte di Antonio Gramsci, con la brutale liquidazione del fondatore e primo leader del partito, Amadeo Bordiga. Ma, soprattutto, con molti documenti, e con illustrazione di centinaia di casi individuali di vittime e carnefici, è riuscito a provare che Togliatti, e la leadership staliniana del Partito comunista, a partire dal 1928-30, misero in atto una collaborazione sotterranea, e sistemica, con gli apparati repressivi dello Stato fascista, per annientare, in Italia, la vecchia corrente dell’ex leader defenestrato Bordiga, e più in generale tutti i quadri dirigenti e i militanti del partito che si opponevano allo stalinismo. La “purga” di Togliatti venne condotta con una vera e propria strategia di “delazione di massa” che fornì al regime di Mussolini tutti gli elementi utili a smantellare la presenza organizzata del partito clandestino. In tal modo, il Pci poté “purificarsi”, e “decontaminarsi” ideologicamente dagli antichi residui del leninismo, tanto a Mosca, quanto a Parigi, dove il gruppo dirigente staliniano del Pci si consolidò, con tutta la rigidità del suo dogmatismo, nel corso degli anni Trenta del Novecento.
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