La Nasa ha trovato su Marte i resti della sonda sovietica che nel 1971 fece il primo, storico, atterraggio sul Pianeta Rosso e le immagini scattate potrebbero ora aiutare a svelare il mistero di cosa le avvenne.
di Maurizio Molinari su “La Stampa” del 16 aprile 2013
Nel 1971 il mondo era in piena Guerra Fredda, la corsa allo spazio era parte integrante della sfida fra superpotenze e Mosca mise a segno un colpo a sorpresa su Washington facendo atterrare per prima una sonda su Marte. Poiché gli Stati Uniti erano riusciti a portare il primo uomo sulla Luna con Apollo 11 nel 1969, il blitz sovietico sul Pianeta Rosso puntava a riproporre il mito dello Sputnik – la prima sonda entrata in orbita, nel 1957 – ribadendo la capacità dell’Urss di restare all’avanguardia nel cosmo.
In realtà Mosca era riuscita a far arrivare su Marte ben due sonde, il 2 dicembre 1971, ognuna delle quali aveva anche un piccolo modulo per l’atterraggio, ma Mars 2 e Mars 3 quando arrivarono a destinazione vennero oscurate da una tempesta di detriti che avvolgeva il Pianeta. La discesa verso il luogo dell’atterraggio durò 4 ore e 35 minuti, ma ebbe esiti assai diversi perché Mars 2 precipitò mentre Mars 3 riuscì nello storico risultato di atterrare. Nei 14,5 secondi seguenti trasmise segnali al centro di controllo sovietico scatenando reazioni di gioia al Cremlino ma poi si fermò, all’improvviso, per ragioni che non sono mai state del tutto chiarite.
I tecnici russi all’epoca attribuirono la brusca fine delle comunicazioni alla medesima tempesta di detriti che aveva abbattuto Mars 2, eppure la prova certa non vi fu mai e, trattandosi del Pianeta Rosso, nulla poteva essere escluso, neanche un intervento degli extraterrestri. Tanto più che Mosca si rifiutò anche di dare una lettura ufficiale del risultato della trasmissione dati, che sembrava essere una quasi-immagine di un terreno e un orizzonte notturno.
Da allora il mistero ha celato quanto avvenuto sul luogo dell’atterraggio – latitudine 45 gradi Sud, longitudine 202 gradi Est – nel cratere Ptolemaeus fino allo scorso 31 dicembre, quando il Mars Reconnaissance Orbiter, che segue dall’alto i movimenti dei due rover della Nasa su Marte, ha fotografato dei resti meccanici che successive analisi hanno portato a identificare come parti della sonda sovietica. Nella foto si vedono con chiarezza il paracadute, il retrorazzo, il veicolo di atterraggio e lo schermo di alimentazione del calore del Mars 3 disseminati sul terreno. La qualità dell’immagine della Nasa è tale che servirebbero 2.500 schermi di computer tradizionali per vederla a risoluzione totale, ma consente di impossessarsi di alcuni preziosi dettagli.
Si scopre così che il paracadute ha un diametro di 7,5 metri rispetto agli 11 totali, il retrorazzo che consentì a Mars 3 di atterrare mostra un prolungamento lineare che assomiglia alla catena che li teneva attaccati, il modulo di atterraggio ha le dimensioni originali con tutti e quattro i petali meccanici aperti, mentre lo schermo per l’alimentazione del calore è l’unico oggetto a essere in parte sotterrato dai detriti.
Il risultato della scoperta è che adesso la Nasa sta condividendo tali informazioni – assieme a ulteriore materiale raccolto negli ultimi mesi – con Arnold Selivanov, uno dei creatori di Mars 3, e Vladimir Molodtsov, ex ingegnere spaziale russo, per compararli con i dati conservati negli archivi dell’agenzia spaziale di Mosca e per riuscire in qualche maniera a dare una spiegazione alla domanda su cosa avvenne di preciso alle 13:52:25 del 2 dicembre 1971. Quando Mars 3 cessò di comunicare, deludendo le attese di riscatto di Mosca dopo lo smacco subito da Apollo 11.
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Inserito su www.storiainrete.com il 16 aprile 2013