di Alberto Alpozzi da Italia Coloniale del 1° dicembre 2022
Avete mai sentito parlare del “blanchiment des troupes coloniales” letteralmente “sbiancamento delle truppe coloniali”? Si tratta della sostituzione delle truppe coloniali francesi cioè del ritiro dei “tirailleurs sénégalais”(1) dalle linee del fronte e del loro rimpatrio in Africa. Nell’autunno 1944, quando la guerra stava finendo a vantaggio degli Alleati e nel caso specifico per la Francia, 15.000 uomini delle truppe coloniali francesi vennero remplacés «blanchis» cioè sostituiti “riciclati” (imbiancati) dagli uomini della 1a Armata francese, molti dei quali non avevano ancora sparato un colpo e partecipato alla guerra.
Le battaglie finali e soprattutto la vittoria dovevano essere dei bianchi. Ai soldati neri fu imposto di consegnare armi e divise in seguito ad una nota riservata del gennaio 1944 del capo di stato maggiore americano, generale Walter Bedell Smith; la divisione di De Gaulle non doveva presentare soldati neri: “è più auspicabile che la suddetta divisione sia composta da personale bianco”, cioè voleva una separazione identica a quella praticata nei reggimenti G.I., dove i neri non combattevano al fianco dei bianchi.
Dei 230.000 soldati francesi sbarcati in Provenza dal 15 agosto 1944, circa 120.000 erano goumiers, tirailleurs, spahis, cioè truppe coloniali. Tuttavia, dieci giorni dopo, alla liberazione di Parigi, nessun soldato nero vide la capitale francese. I comandi Alleati si assicurarono che la liberazione fosse una vittoria “solo per i bianchi”. La Francia, ufficialmente, doveva essere liberata dai francesi e non da truppe nere.
Ecco questo ricordatelo quando si parla del razzismo italiano: nel 1937, nel primo annuale dell’Impero a Roma, insieme agli italiani, Mussolini fece sfilare tutti i reparti di truppe coloniali, dai Dubat ai Meharisti, dagli Ascari agli Zaptiè che contribuirono alla conquista dell’Etiopia. Ricordatelo quando vedrete l’immagine dei due Mehara a dorso di cammello fare la guardia a Palazzo Venezia.
Ricordatelo anche quando il 29 febbraio 1928 a Mogadiscio il Principe Umberto di Savoia in visita ufficiale decorava personalmente i gagliardetti dei reparti coloniali che parteciparono alla pacificazione della Somalia italiana mentre venivano celebrati in questo discorso:
“…Ed ora volgete, Altezza Reale, i Vostri sguardi sulle belle schiere qui convenute. Ecco gli zaptiè dal colore nero e dallo azzurro sabaudo «schiavi sol del dovere», ed ecco il baldo 1° Benadir, stretto attorno al cremisi gagliardetto che già sventolò glorioso sui campi di Libia e dei Migiurtini, e lo stuolo di rappresentanza del 2° Benadir dalla verde fiamma […] Il 3° Benadir, dai bei colori scozzesi, vecchio camerata di venti battaglie combattute sulle dune tripolitane [….] Ecco il 4° scarlatto, il 5° azzurro, e il 6° viola esultanti sotto il Vostro sguardo regale. Ecco i nuclei delle belle macchine di acciaio, il gruppo cammellato compatto, fermo e solenne come il grave cammello che ne regge le armi possenti. […]
Ecco i bianchi rappresentanti delle bande di confine, già turbinanti nel fragore di innumerevoli battaglie, sognanti le lontananze e le solitudini delle immense e sterminate boscaglie”. (2)
Ecco mentre la Francia “egalitè” sbiancava le truppe e imbarcava i neri in Francia per riportarli in Africa, ricordate che l’Italia fascista invece i neri li aveva imbarcati in Africa per portarli in Italia a sfilare a Roma davanti al Re per condividere la vittoria.
Ricordate le parole della canzone Faccetta Nera? “Noi marceremo insieme a te… sfileremo avanti al Duce e avanti al Re!”. La parità italiana vera, non la falsa egalitè francese.
Ed ora ricordate anche che gli ex ascari che combatterono per l’Italia hanno sempre percepito la pensione pagata loro dalla Repubblica e che in Somalia durante la guerra civile del 1991/92 erano di nuovo pronti a servire l’Italia e combattere al nostro fianco. Conoscete la storia di Scirè, l’ascari ancora fedele al Duce e al Re.
Mentre invece la storia che ora leggerete, non ancora ufficialmente ammessa dalla Francia “fraternitè”, fu un vero “crimine di massa premeditato” come affermato da Armelle Mabon, storica dell’Università della Bretagna meridionale, perpetrato per non pagare gli stipendi alle truppe coloniali.
Parallelamente allo sbiancamento delle truppe l’avanzata degli Alleati nell’estate del 1944, in seguito allo sbarco in Normandia, liberava anche molti prigionieri di guerra trattenuti dai tedeschi nei campi in Francia. Dopo il loro rilascio le autorità decisero quindi di rimpatriarli e smobilitarli in massa.
Nei campi di transito in Francia le truppe coloniali stanno aspettando l’indennizzo di quattro anni guerra più il bonus di smobilitazione. Il Ministero delle colonie francese decide di non smobilitarli in Francia per non pagarli, promettendo di saldarli una volta tornati nel loro paese d’origine.
Si calcola che dal novembre 1944 al marzo 1945, il numero di neri rimpatriati nell’Africa occidentale francese sia stato di 9.678 di cui 3.261 ex detenuti e 6.334 riciclati/sbiancati.
Il 5 novembre 1944 presso Morlaix inizia l’imbarco sulla nave inglese Circassia ma si presentano i primi problemi: 315 senegalesi si rifiutano di essere imbarcati se non vengono pagati. Altri 400, durante uno scalo a Casablanca di rifiutano di imbarcarsi nuovamente. Viene allora versato loro un anticipo e, questione non ancora chiarita, pare però che venne imposto subito il cambio dei franchi metropolitani in franchi CFA al tasso di 250 CFA anziché dei dovuti 500.
Il 21 novembre circa 1.600 soldati neri, vengono raggruppati nel campo di Thiaroye, poco fuori Dakar.
Il 28 un gruppo si rifiuta di essere trasportato a Bamako non essendo stato pagato per intero (avevano ricevuto solo 1/3 degli arretrati). Una piccola sommossa provoca l’intervento del generale Marcel Dagnan che non risponde alle richieste dei tirailleurs.
Insieme al generale Yves de Boisboissel decide un’azione di forza occupando il campo mobilitando tre reggimenti, due blindati e un carro armato americano M3.
Alle 6.30 della mattina del 1° dicembre 1944 il campo è occupato e l’esercito francese apre il fuoco sui tirailleurs. Quegli stessi uomini che avevano combattuto per la liberazione della Francia.
Il numero delle vittime ad oggi non è ancora chiaro. Un telegramma ufficiale del 2 dicembre 1944 parla di 24 uccisi e 11 morti per ferite, cioè 35 morti più 35 feriti e 48 arrestati.
Gli arrestati vennero condannati a pene da uno a dieci anni di reclusione e a una multa di 100 franchi perdendo il diritto all’indennità di smobilitazione. Le vedove non percepirono mai la pensione.
C’è chi parla di 1.300 vittime. I rapporti ufficiali sono contraddittori, segno che sono falsi. Molti documenti sono spariti o non disponibili.
M’Baye Gueye, l’unico storico senegalese ad aver studiato l’argomento, conta 191 fucilieri uccisi dall’eserciti francese. Nel cimitero di Thiaroye ci sono 202 salme, ma non sono mai state autorizzate riesumazioni.
Per lo storico Julien Mourre l’approssimazione nei rapporti militari francesi del 1944 è “curiosa” e “lascia l’ipotesi di una strage che coinvolga diverse centinaia di uomini”.
La storica Armelle Mabon precisa che “l’assenza di questi documenti negli archivi non è dovuta al caso, a una perdita sfortunata o a un cattivo classificazione. Siamo di fronte al desiderio di nasconderli a tutti gli sguardi e questo da quasi 70 anni – e aggiunge, sul quotidiano Liberation il 25 dicembre 2012 – è imperativo: restituire tutti i documenti ufficiali negli archivi; dare una valutazione sincera del numero dei decessi; rivelare il luogo della loro sepoltura, nominare quegli uomini che sono stati uccisi, perdonare i condannati. Ma il perdono non basta, si deve riconoscere la spoliazione del ritiro della paga e la responsabilità dell’esercito; riabilitare i tirailleurs rendendo loro un omaggio solenne”.
Sul massacro di Thiaroye il regista senegalese Ousmane Sembène ha realizzato nel 1988 il film Camp de Thiaroye, Premio Speciale della Giuria alla Mostra del Cinema di Venezia. Non è stato editato in DVD fino al 2005.
Ecco ora ricordatevi delle truppe coloniali massacrate dai francesi per non pagare gli stipendi quando vi dimenticate che gli italiani pagarono invece le pensioni agli ascari, ai dubat e agli zaptiè e la reversibilità alle loro mogli.
Ma soprattutto non dimenticate che in Francia l’opinione sul colonialismo francese è normata da una legge. Con la Legge n. 158/2005 l’Eliseo si è imposto riconoscendo giuridicamente il ruolo positivo avuto dalla colonizzazione francese scegliendo una memoria che risulti più adeguata all’idea di una Francia “civilizzatrice” e generosa.
NOTE
1) È bene precisare che vengono impropriamente detti “senegalesi” ma provenivano da tutte le colonie francesi: Dahomey (attuale Benin), Sudan francese (attuale Mali), Costa d’Avorio, Oubangui-Chari (attuale Repubblica Centrafricana), Niger, Ciad, Gabon e Togo
2) Testo da “Dubat – Gli Arditi somali all’alba dell’Impero Fascista” di A. Alpozzi, Eclettica Edizioni, 2020