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Italia coloniale

La romanizzazione delle colonie in epoca fascista

Il destino di Roma? Civilizzare e pacificare le nazioni. Ma perché in epoca fascista si usava spesso il vocabolo “romanamente”?
Semplicemente perché molte delle opere e azioni del Ventennio si ispiravano direttamente all’antica Roma, cioè venivano fatte alla “maniera romana”. Esempi sono il noto “saluto romano” e il “passo romano” introdotto ne 1938.
Così come per i romani colonizzare una nuova regione significava “romanizzarla” così era negli intenti del fascismo, in particolar modo nelle colonie. Per i romani la romanizzazione dell’impero è sempre stato considerato un processo di civilizzazione: governare e pacificare le nazioni era il destino di Roma, esercitando la clementia verso i sottomessi, ma reagendo con forza contro chi si ribellava: “tu regere imperio populos, Romane, memento (hae tibi erunt artes) pacique imponere morem, parcere subiectis et debellare superbos, «tu, Romano, ricorda di dominare i popoli (questa sarà la tua arte) e fissare regole alla pace, di risparmiare i sottomessi e debellare i superbi» (Virgilio, Eneide VI 851-853).
Il parallelismo con il colonialismo italiano è chiaro e anche perfettamente in linea con il pensiero positivista di Auguste Comte enunciato nel “Discours esprit positif” del 1844.
Romanizzare un territorio comportava visibili e duraturi cambiamenti, determinati innanzitutto dalla costruzione di un’estesa rete stradale dotata di stazioni di posta, per raccordare tra loro le principali città consentendo il rapido spostamento delle truppe e delle merci. 
Contemporaneamente alla conquista venivano bonificati i terreni paludosi e vaste aree di campagna venivano divise in lotti di uguale forma ed estensione, le centuriae, e date ai legionari affinché le coltivassero. I limiti regolari di questi terreni sono spesso ancora parzialmente individuabili o riscontrabili nelle attuali suddivisioni amministrative.
Era proprio Benito Mussolini che diceva: “Voi dovete armonizzare il combattente col lavoratore, il soldato con il colonizzatore. I legionari romani dopo aver conquistato le colonie, deponevano la daga, aprivano le strade dissodavano il terreno”.
I confini dell’agro, come per gli altri territori amministrati dai romani, coincidevano per lo più con elementi geografici naturali quali i corsi d’acqua che solcano la pianura, i laghi e i crinali dei monti delle vallate alpine. Nel territorio romanizzato venivano anche costruiti acquedotti che rifornivano di acqua potabile gli insediamenti e reti di canali per le irrigazioni.
I vasti latifundia venivano poi coltivati da vecchi soldati nelle proprie fattorie con la manodopera di liberti e coloni.
Così come avvenne, per esempio in Somalia, dove le concessioni agricole di Genale sorsero lungo il fiume Uebi Scebeli in un terreno in pendenza per una più agevole irrigazione attraverso i canali, e il Villaggio Duca degli Abruzzi lungo il fiume Giuba.
Faceva anche parte della romanizzazione, e delle colonizzazione italiana, la sostituzione delle antiche leggi tribali col diritto romano e con l’istituzione del diritto di proprietà.

Nella foto l’arco di Trionfo a Mogadiscio (ancora oggi esistente e resturato) eretto nel 1928 in onore della visita del Principe Umberto di Savoia e a lui dedicato “Romanamente”. Inoltre si possono vedere a poca distanza l’una dall’altra la Cattedrale di Mogadiscio (saccheggiata nel 1991, distrutta nel 2008) e la moschea.



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