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L'Insolita Storia

Il filosofo esplosivo: il caso del Prof. Kaczynski Phd. e Mr. Unabomber

Il 3 aprile 1996 veniva arrestato nella sua capanna nel Montana, Ted Kaczynski, l’uomo che come “Unabomber”, il soprannome che gli aveva affibbiato la stampa, per 16 anni aveva tenuto in ostaggio gli Stati Uniti con i suoi pacchi bomba.

L’arresto era stato possibile perché l’allora procuratrice nazionale degli Stati Uniti, Janet Reno, aveva consentito di “scendere a patti con il terrorista”, permettendo la pubblicazione sul New York Times e sul Washington Post del suo “manifesto”. Un testo di oltre 35.000 parole che costituiva l’indiretta rivendicazione della scia di sangue iniziata nel 1978. Un testo che continua a essere ristampato da oltre venticinque anni e che ha è stato poi seguito da due libri scritti da Kaczynski in carcere.

Un terrorista anomalo per diversi motivi, che approfondiamo nell’articolo Il filosofo esplosivo all’interno dello speciale di Storia in ReteCrimen, quando la cronaca nera fa la Storia, e che si possono riassumere nel profilo umano di Theodore John Kaczynski e nella fortuna del “manifesto”.

Lo speciale di Storia in Rete dedicato alla Cronaca nera con l’approfondimento su Ted Kaczynski

L’uomo: il Prof. Kaczynski Phd

Kaczynski era stato genio precoce a scuola con un Q.I. superiore a quello di Einstein. Tra medie e superiori aveva saltato tre classi per iscriversi o ad Harvard a soli 16 anni. Qui rimane coinvolto nei brutali esperimenti del professore di psicologia Henry Murray (già ufficiale dell’OSS durante la guerra) e in odore di MK Ultra. Kaczynski supera anche questo scoglio diventando presto professore di matematica a Berkley, per poi abbandonare tutto nel giro di nemmeno un paio d’anni nel 1969. Dopo questa esperienza professionale, apparentemente di successo, si era rifugiato per due anni dai genitori, per poi costruirsi quella capanna nel Montana dove sarebbe stato arrestato 25 anni dopo.

Il terrorista: Unabomber

Terrorista anomalo per molti aspetti: assolutamente solitario e assolutamente autodidatta. Le sue bombe, dopo aver quasi fatto esplodere in volo un Boeing 727 nel 1979, saranno un crescendo di letalità per i loro destinari. Professori universitari nell’ambito dell’informatica, ingegneria, biotecnologie, negozianti d’informatica, lobbysti del legno e pubblicitari di aziende petrolifere. Un pattern di obiettivi quasi più da serial killer che da terrorista, anche perché il “manifesto” arriverà solo a 16 anni di distanza dalla prima bomba. In quei 16 anni solo indizi falsi e le lettere F.C. stampigliate in pezzi di metallo all’interno delle bombe.

L’originale del “manifesto” inviato al Washington Post (via Commons – FBI)

La fortuna del manifesto

Ma quello che differisce Unabomber da altri terroristi, lupi solitari o gruppi organizzati che siano, è la fortuna del Manifesto. Fin dalle prime settimane successive alla pubblicazione, è una corsa alla “ristampa”, diventando una sorta di breviario per ecologisti radicali e anarchici.

Il titolo è La Società Industriale e il suo futuro, evidente che la firma è quella di un matematico. Organizzato in paragrafi come una lunga dimostrazione analitica spiega come la società industriale sia prossima al collasso (una critica che fa da un punto di vista psicologico e non etico/ambientalista/tradizionale/religioso) e come de facto sia irriformabile. Anche perché quello che dovrebbe essere il principale attore riformista, ovvero la Sinistra, secondo Kaczynski è in realtà il miglior alleato della Società Industriale.

Il pensiero di Kaczynski oltre il “manifesto”

Altra anomalia di cui ha goduto Kaczynski, oltre la fortuna del “manifesto” in sé, è il fatto di per sé unico per un pluri-ergastolano in un carcere di massima sicurezza, di aver potuto continuare a scrivere e ad ampliare il suo pensiero oltre La Società Industriale e il suo futuro.

L’analisi della società tecnologica e capitalista fatta da Kaczynski non si esaurisce quindi con il “manifesto”, ma si amplia in due successivi volumi (analizzati anch’essi nello speciale di Storia in Rete):

  • Schiavitù tecnologica – Volume 1, prima edizione del 2010
  • Rivoluzione anti-tecnologica – Perché e come, prima edizione del 2020

Schiavitù tecnologica nasce grazie all’interessamento del professore David Skribna (dal 2003 al 2018 ordinario di filosofia all’Univesrità di Michigan-Dearborn) che raccoglie diversi contributi, oltre al manifesto in particolare la corrispondenza tra Skrbina e Kaczynski ed altri saggi. Kaczynski non fu del tutto entusiasta dell’esegesi del suo pensiero da parte di Skrbina, diluendo negli anni successivi la corrispondenza con lo stesso, e revisionando con altri collaboratori le edizioni successive. Schiavitù tecnologica nasceva inizialmente come un primo volume di una trilogia, ma vista l’età avanzata (Kaczynski è del maggio 1942) e la difficoltà di poter gestire una curatela adeguata in un carcere di massima sicurezza, l’autore e i suoi collaboratori per corrispondenza, cambiano registro con Rivoluzione anti-tecnologica – Perché e come.

Unabomber dal manifesto del 1996 ai libri successivi
Rivoluzione anti-tecnologica – Perché e come, disponibile in italiano grazie a Ortica Editrice

Dalla Schiavitù tecnologica alla Rivolta anti-tech

In Rivoluzione anti-tecnologica abbandona l’approccio più filosofico della prospettiva dell’oppressione tecnologica secondo Kaczynski, per quella che si pone come un interessantissima analisi storica dei movimenti rivoluzionari, in particolare il bolscevismo e la lotta irlandese per l’indipendenza. Pur nei limiti della prosa di Kaczynski (si procede per assiomi/esempi/dimostrazioni come il “manifesto”) Rivoluzione anti-tecnologica si pone come un’interessante riflessione di storiografia comparata, interessante anche per chi ritiene il “manifesto” originale, ovvero La Società Industriale e il suo futuro, una semplice curiosità da anarchici ed ecologisti radicali.

Entrambi i volumi sono ora disponibili in italiano grazie a Ortica Editrice.

Rimandiamo allo speciale su Storia in Rete e al video su L’orizzonte degli eventi per chi volesse approfondire.

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