L’unica rivoluzione accettata, oggi, è quella green, dal colore che assumeranno le nostre tasche una volta che essa avrà preso il potere. Fino a qualche decennio fa, invece, a parlare di rivoluzione non erano infelici bambine colpite da mali incurati e neppure oligarchi travestiti da filantropi: la rivoluzione era appannaggio delle giovani generazioni, spesso in buona fede, che desideravano cambiare il mondo pieno di scandali e ingiustizie. Molti di quei giovani, probabilmente la maggior parte, sono poi diventati “notai”, come aveva ironicamente predetto Eugène Ionesco ai contestatori del Sessantotto francese. Comunque, in quei giorni, e negli anni successivi, pensare, credere e vivere la rivoluzione era un atteggiamento molto comune tra coloro che non avevano vissuto le guerre del Novecento e che non si accontentavano del mediocre benessere che rappresentava l’orizzonte del cittadino medio del mondo occidentale.
A partire dalla caduta del Muro di Berlino, e dalla conseguente, presunta fine della Storia, l’idea di Rivoluzione ha perso il suo appeal, tranne che per i sunnominati oligarchi, che hanno talvolta lautamente finanziato, non sempre con successo, l’instaurazione, nelle più svariate parti del mondo, di governi fantoccio al servizio del mondialismo globalista.
E’, quindi, una lettura corroborante questo libretto, scritto quasi quarant’anni fa e nato sulle pagine della rivista francofona “Vouloir”, nata nell’ambiente della Nuova Destra francese con la precisa volontà di fornire idee – cioè munizioni – ai rivoluzionari. “Noi siamo essenzialmente dei combattenti – era scritto nella presentazione – ma ci collochiamo risolutamente sul piano delle idee, perché, prima di proporre una prassi coerente, occorre avere le idee ben chiare. (…) Presenteremo quindi i termini ideologici che costituiranno il mondo di domani, quello del XXI secolo, alla faccia di chi preferisce la muffa. Forniremo così ai lettori strumenti efficaci per resistere a quell’infiacchimento ideologico che è diventata la grande stampa e, allo stesso tempo, condenserà in due o tre frasi tutto il pensiero innovativo attualmente in gestazione nei quattro angoli dell’Europa”.
Da allora, la stampa, più che infiacchirsi, si è proprio decomposta, e le grandi speranze rimesse nei cosiddetti social si sono miseramente infrante contro quello che è diventato il nemico più temibile: il capitalismo della sorveglianza. Vale, nonostante tutto, la pena di leggere queste pagine, riccamente aggiornate con preziose note bibliografiche, perché, come disse qualcuno: “Non occorre sperare per intraprendere, né riuscire per perseverare”.
G.Faye – P.Freson- R.Steuckers, Lessico del rivoluzionario. Idee fondamentali, Ritter, pp.160, € 16, a cura di A. Scarabelli, introduzione di F. Borgonovo.