La Francia è un paese in cui la cancel culture sembra non avanzare speditamente come nel resto dell’Occidente. Certo, le chiese bruciano o vengono demolite e la distruzione della civiltà francese segue linee di minima resistenza, in particolare quella del laicismo estremista, ma l’iconoclastia feroce che abbiamo visto in Spagna, Stati Uniti, Gran Bretagna e in molti paesi est europei (stessi sponsor, ma bersagli agli antipodi), nell’Esagono non s’è veduta.
Ma i tentacoli del wokeismo non si fermano certo perché la grandeur (che altri chiamano boria) cerca più o meno meritoriamente di metterci una pezza. A raccontarcelo, un vivace resoconto della mostra «Le monde de Clovis» (Il mondo di Clodoveo) al museo di Saint-Germain-en-Laye, a Parigi, firmato da Arnaud Florac sul giornale online libertario “Boulevard Voltaire“.
Va detto che la mostra, pensata per un pubblico giovane, è ben congegnata. I francesi ci sanno fare e hanno creato un’installazione accattivante, in stile videogioco o librogame, i cui fili conduttori sono tenuti da altrettanti personaggi storicamente verosimili. I visitatori possono interpretarne uno e percorrere così la vita quotidiana della gente nel Regno dei Franchi retto da Clodoveo I Merovingio (466 circa – 511), in una Gallia non ancora diventata Francia, al crepuscolo dell’Impero Romano d’Occidente.
I quattro personaggi sono disegnati come fumetti – o meglio, bande dessinée – e sono accattivanti. Eccoli per sommi capi.
- Andarchius, l’energico
Andarchius è un contadino gallo-romano, come la maggior parte degli abitanti del regno dei Franchi. Compensa questa modesta origine con grande audacia. Sarà all’altezza delle sue ambizioni? - Bathilde, l’abile
Bathilde appartiene a una famiglia di schiavi di origine anglosassone insediatasi in Gallia, nei pressi di Amiens. Seppur di origini molto modeste, è intelligente e ha ambizioni: un giorno lancerà delle mode e le donne più importanti del mondo franco indosseranno le sue creazioni. - Geneviève, la coraggiosa
Geneviève appartiene alla piccola comunità siriaca di Parigi. I suoi genitori provenivano dall’Oriente romano e la famiglia era specializzata nel commercio di prodotti esotici. Coraggiosa e diplomatica, Geneviève cerca di ritagliarsi un posto speciale nel mondo franco. - Médard, l’intelligente
Médard, di nobile famiglia franca, è pronto a lasciare il feudo dei suoi genitori per partire per una spedizione di guerra. Letterato e bravo stratega, desidera seguire le orme del padre e diventare a sua volta un famoso guerriero.
Fin qua, tutto bene: parità dei sessi (due maschi, due femmine), piccola strizzatina all’immigrazione (una siriaca, lapsus freudiano per la mai passata fregola francese di riprendersi la Terrasanta?), qualche stiracchiatura, tipo la serva sassone che aspira a diventare… stilista.
Ma per l’appunto, il wokeismo rientra dalla finestra. Ci informa infatti Florac che la mostra effettua diversi “inchini” al politicamente corretto. Siamo nel V secolo d.C. e i curatori si preoccupano di specificare che “Le questioni di genere e omosessualità non si pongono affatto negli stessi termini di oggi”. E ancora, “Le ‘identità’ e le ‘unioni’ che conosciamo oggi sono davvero il frutto di una lunga storia […] È impossibile per un Franco proiettarsi nelle identità e nelle unioni che conosciamo oggi, e che sono il frutto di una lunga storia”. Beh, strano sarebbe il contrario.
O no?
Per noi gente normale certo che la cosa sembrerebbe strana. Per chi invece s’è bevuto il cervello e crede nei postulati del wokeismo invece è normalissimo che un rozzo e sanguinario Franco del V secolo possa trovare logico ragionare su matrimoni differenti da quelli naturali, ossia unioni fra maschi o fra femmine o fra i settordici tipi diversi di generi che *sicuramente* già gli antichi conoscevano.
Voi pensate che io stia facendo sarcasmo? Niente affatto. Come vi abbiamo raccontato più volte sulle pagine di Storia in Rete, c’è una lunga serie di docenti universitari che si stanno battendo per imporre una visione gender della storia, violentando la logica e la realtà materiale.
Senza che vi indichi l’infinita teoria dei casi ridicoli di “principesse genderfluid”, “ritrovamenti che indubitabilmente riscrivono la storia dei rapporti fra i generi” e via delirando, mi permetto di rimandarvi al video di questa acutissima osservatrice del fenomeno, che vi darà una panoramica agghiacciante.
Non crediate che queste pazzie siano qualcosa di limitato a un pugno di confusi di cervello coi capelli fluorescenti e la passione per i pronomi creativi. Fuori dal nostro paese le università sono oramai appannaggio solo di queste ideologie. E anche da noi cominciano a fare passi da gigante, come si vede anche nella – apparentemente – solida Francia della grandeur.