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Il KGB, il Grande Fratello che tenne in piedi l’Impero Sovietico

di Giuseppe Barcellona da DifesaOnline del 10 ottobre 2017 

Per tutta la durata della guerra fredda fino alla caduta del muro di Berlino i servizi segreti dell’Unione Sovietica suscitarono l’ammirazione degli omologhi colleghi d’oltrecortina, agli uomini d’affari che visitavano l’URSS la direzione del controspionaggio britannico (MI6) distribuiva un manuale d’informazioni in cui definiva il KGB “La più grande macchina spionistica che il mondo abbia mai visto”.

Nel 1980 il vicedirettore delle CIA John McMahon ammise la superiorità sovietica in questo settore, riconoscere il valore degli avversari era anche un monito ai cittadini dell’occidente affoinchè non abbassassero la guardia; ciò premesso la leadership degli uomini del Cremlino in quegli anni era considerata dagli addetti ai lavori la conseguenza degli ideali comunisti diffusi in tutto l’occidente dove una grossa fetta del mondo proletario era iscritto al partito comunista del Paese di appartenenza, una massa enorme di attivisti e simpatizzanti che costituirono la base su cui si innestò il potere sovietico.

Questa pletora di amanti della falce e martello condizionò la vita politica di tutto l’occidente consentendo ai russi di infiltrare propri uomini anche nell’alta politica dei Paesi nemici.

Il Komitet Gosudarstvennoe Bezopasnosti era il grande fratello che controllava ogni aspetto della vita russa ed aveva occhi dappertutto anche in occidente; senza il KGB non sarebbe mai esistito l’impero sovietico che si resse sulla convinzione ideologica e la paura.

Un esercito di agenti censurava giornali e riviste, dirigeva la scienza e la medicina, controllava polizia e militari, gestiva l’istruzione e l’arte in ogni grado e forma, in ogni angolo della Russia vi era un manipolo d’informatori fedeli a Mosca.

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Qualunque persona ricevesse sul libretto di lavoro una notazione negativa dagli organismi di controllo veniva licenziata e difficilmente avrebbe trovato un altro impiego, dopo un mese d’indigenza si era considerati parassiti e con una legge speciale si poteva essere esiliati.

Secondo i vertici della CIA in quegli anni Mosca finanziava praticamente ogni settore strategico operante nella clandestinità: la Tass agenzia giornalistica, la Pravda quotidiano ufficiale, Tempi Nuovi servizi esteri di Radio Mosca, sedi di Servizi Segreti in ogni angolo del mondo, guerriglieri filocomunisti di tutto il pianeta, operazioni speciali all’estero, i dipartimenti internazionali, le ambasciate, organizzazioni di radio clandestine; tutti questi finanziamenti erano occulti come i soldi per sostenere il partito comunista di ogni singola nazione.

In Italia di ciò beneficiò il Partito Comunista Italiano. Il segretario di quei tempi, Luigi Longo, scrisse all’allora leader russo lamentando la scarsità di fondi per quell’anno; la risposta di Breznev è stata rinvenuta nell’archivio Mitrochin successivamente alla pubblicazione in occidente: “Caro compagno Longo, abbiamo ricevuto la tua lettera nella quale richiedi assistenza supplementare per far fronte alla partecipazione del PCI alla campagna elettorale … il contributo totale di quest’anno è 5.700.000 dollari, alla luce della tua richiesta abbiamo deciso di concedere al Partito Comunista Italiano un contributo aggiuntivo di 500.000 dollari. Purtroppo al momento non c’è nient’altro che possiamo fare”.

Accadeva la stessa cosa in ogni altro Paese vi fosse un Partito Comunista che di fatto operava al soldo di Mosca, si riteneva che all’epoca esistessero all’estero 250.000 agenti del KGB che dovevano rendere conto del proprio operato direttamente o indirettamente alla capitale sovietica, a questi vanno aggiunti i servizi di tutti gli altri Paesi satellite dell’est Europa che operavano sotto l’egida sovietica.

Il KGB era diviso in una prima direzione centrale ulteriormente suddivisa in tre direzioni sussidiarie, due dipartimenti speciali, undici dipartimenti ordinari che pianificavano le infiltrazioni in tutti i Paesi del mondo.

Le operazioni di infiltrazione in Italia erano sovrintese dal quinto dipartimento, lo stesso di Francia e Spagna, gli agenti scelti venivano reclutati, addestrati e mandati nei suddetti Paesi con documenti falsi; esistevano diverse scuole di spionaggio ma per gli incarichi più importanti venivano utilizzati appartamenti appositamente preparati per una istruzione specifica al singolo agente.

Alle dipendenze della prima direzione era all’epoca operante una cellula avente il compito di carpire i segreti tecnologici, scientifici e militari dell’occidente, particolare importanza rivestiva il “dipartimento delle azioni esecutive” o taini otdel, qui venivano addestrati i sicari.

La selezione era meticolosissima ed avveniva al termine del consueto corso annuale; negli anni settanta-ottanta il corso per killer avveniva all’angolo tra via Metrostroevskaya e Turnaniski Pereulok a Mosca dove gli aspiranti assassini si allenavano in tiro a segno con fucile e pistole, pugilato e arti marziali; i migliori completavano la formazione a Kuchino nella periferia moscovita dove si specializzavano nella preparazione ed utilizzo di veleni, droghe e gas, nel sabotaggio di veicoli e sistemi di comunicazione, antesignani dei moderni hacker.

A Varsavia, Sofia, Budapest, Praga ed in ogni altro centro operativo dei servizi segreti d’oltrecortina vi era un consigliere del KGB che coordina e gestiva le operazioni; questa tecnica operativa si è dimostrata vincente in Cecoslovacchia quando dopo l’insurrezione i due terzi dei servizi locali, lo Statni Tajna Bezpecnost, rimasero fedeli a Mosca.

Il compito di questi agenti era quello di raccogliere informazioni politiche, sociali, tecnologiche, militari del Paese in cui si operava.

La seconda e la quinta direzione si occupavano della sicurezza interna all’U.R.S.S., tra i compiti di questi organismi figuravano: intrappolare e corrompere stranieri presenti in terra sovietica e controllarne i rapporti con altri cittadini del posto, sorvegliare tutti i diplomatici stranieri, preparare dossier compromettenti, infiltrazione nelle ambasciate statunitensi in tutto il mondo, monitoraggio dei turisti, dei giornalisti stranieri accreditati a Mosca, degli studenti universitari, dei viaggi che i cittadini sovietici compivano all’estero, delle industrie sovietiche e dei loro segreti, schiacciare il dissenso, soffocare ogni velleità indipendentista delle repubbliche sovietiche.

Una delle divisioni più agghiaccianti era quella chiamata “Yevsekzia” specializzata in tutto ciò che riguardava il “problema ebraico”, nulla a che vedere col nazismo ma per la voglia di centinaia di migliaia di cittadini sovietici di origine ebraica di lasciare la Russia per approdare alla terra promessa chiedendo il visto per Israele; a Mosca erano e probabilmente sono ancora oggi riluttanti all’idea che il bagaglio di conoscenze di questi cittadini potesse essere messo al servizio dello Stato di Israele che ai tempi dell’esistenza di questa divisione era considerata un’incognita in espansione, un pericoloso ed armatissimo vicino di casa avente una politica militare ed estera filo occidentale, legata a doppio filo a Washington.

Di particolare rilievo la direzione centrale delle guardie di confine, pure essa monitorata dal KGB che si preoccupava più dell’eventuale fuga dei cittadini sovietici dalla Russia che dall’ingresso in Russia di pericoli stranieri.

Il KGB a sua volta era controllato dal G.R.U. (Glavnoe Razvedyvatel’noe Upravlenie) meglio noto come Direttorato principale per l’informazione.

Questo è stato il KGB negli anni della guerra fredda, una organizzazione che ha influenzato in maniera notevole la vita in tutti i suoi aspetti anche in occidente, per averne un’idea chiara basterebbe pensare alle dichiarazioni di Sir Martin Furnival Jones, direttore generale dell’M.I.5 il servizio di controspionaggio britannico: “Oltre cento deputati al Parlamento hanno contatti con le organizzazioni spionistiche sovietiche o dei Paesi satellite, i russi hanno infiltrato spie nella tesoreria britannica o nell’industria, ce ne sono con certezza perfino in ambienti vicini alla famiglia reale inglese”.

Ciò non deve stupire se pensiamo alla carica ideologica che il comunismo, associato nell’immaginario collettivo alla Russia, ha saputo infondere nel mondo dai suoi teorizzatori fino a personaggi come Che Guevara, capaci di veicolare un messaggio ancora oggi carico di valori sempre attuali.

In Italia è provata la dipendenza di una certa parte politica dai finanziamenti d’oltrecortina, nel Bel Paese operava il più potente tra i partiti comunisti dell’Europa occidentale, così potente da rivendicare un ruolo proprio nello scacchiere internazionale sganciando la propria posizione ideologica dall’egida moscovita; la reazione del Cremlino fu immediata, dapprima alcuni agenti sovietici provarono ad assassinare Enrico Berlinguer mentre si trovava in visita a Sofia nel 1973, mentre è comprovato il ruolo dei servizi russi che pedinarono per lungo tempo Aldo Moro nel semestre precedente il sequestro e successivo assassinio; ciò che si imputava al presidente della D.C. fu il compromesso storico con relative aperture e dialogo coi comunisti.

È lecito porsi una domanda, quanti tra i politici della sinistra italiana dal dopoguerra fino alla fine del comunismo furono in mano al KGB? Come influenzarono la politica nel nostro Paese?

Ufficialmente il KGB cessò di esistere il 6 novembre 1991, due anni e tre giorni dopo la caduta del muro di Berlino, sotto quelle macerie rimasero tante risposte che nessuno mai saprà dare; comunque dalle ceneri della vecchia organizzazione nacquero l’FSB e l’SVR attualmente al servizio del governo russo guidato da un vecchio membro dei servizi segreti: Vladimir Putin.

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