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L'Insolita Storia

Chiese distrutte tra Francia, Belgio, Inghilterra e Cile

Nel giugno 2020 i lavori di riqualificazione di un collegio universitario a Lille, Alta Francia, raggiungevano oltralpe rilevanza nazionale: oggetto del contendere il fatto che la massiccia operazione urbanistica prevedesse la demolizione della cappella neogotica di Saint-Joseph, parte del collegio di Saint-Paul. La possibile distruzione della grande cappella, risalente al 1886, aveva attirato l’attenzione del ministero della cultura francese, che aveva chiesto un rinvio per meglio valutare la situazione.

A pagina 216 del nostro volume Iconoclastia scrivevamo che questo interessamento del ministro della Cultura francese fosse sì un segnale positivo dopo anni di demolizioni incontrollate, ma allo stesso modo chiarivamo come fosse assolutamente prematuro parlare di cambiamenti di rotta.

Iconoclastia – Eclettica Edizioni, 2020

E infatti la cappella Saint-Joseph è stata demolita lo scorso gennaio. Ironia della sorte il campus dell’YNCREA di cui faceva parte la cappella e il relativo collegio, sono parte dell’Università Cattolica di Lille! Insomma, come ampiamente trattato nel capitolo 8 del citato volume, talvolta dietro le demolizioni di luoghi di culto cattolici ci sono le stesse istituzioni cattoliche desiderose di fare cassa con “strutture” ormai sovradimensionate, inutilizzate, o semplicemente, “non più al passo con i tempi”.

La demolizione di Saint-Joseph a Lille (via Actu.fr ©AS Hourdeaux/Croix du Nord)

Il caso di Saint-Joseph a Lille e il tardivo, nonché inutile, interessamento del ministro della cultura d’oltralpe è l’ennesima dimostrazione di come nonostante la tematica delle demolizioni di chiese e cappelle ottocentesche inizi ad affacciarsi nel dibattito pubblico francese e non venga più considerata una “fake news” messa in giro da qualche nostalgico preconciliare, l’inversione di tendenza è ancora lontana. La prassi delle “decostruzioni” è ormai talmente radicata che più che un “dibattito” è ormai necessario un cambio di paradigma. Altrimenti si continuerà a demolire, come dimostrano le notizie che arrivano dalla cronaca locale francese.

Prossima decostruzione quella della chiesetta di Saint-Germain-le-Scot a Carteret, nel golfo di Saint-Malo, Normandia. Chiesetta consacrata nel 1912, quindi successiva alla legge del 1905 che sancì la separazione tra Stato francese e chiesa, perciò di proprietà della diocesi. La condanna è dovuta a presunti problemi strutturali, la qualità del cemento realizzato con sabbia di mare. A malincuore la chiesa sarà demolita e il terreno su cui è costruita verrà venduto.

La chiesa di Carteret (via France 3 / © Simon Derrien/ France Télévisions)

Quella di Carteret, si dirà, è in fondo una chiesetta del 1912. Un’opera novecentesca. Ma che a rischiare siano anche chiese più antiche è ormai assodato. Dal Belgio, nella regione francofona del Brabante vallone, arriva la notizia che verrà demolita una chiesa del 1792, quella di Saints-Pierre-et-Martin.

Nonostante la chiesa e la relativa collinetta su cui è edificata siano classificati come “monumento storico” dalla legislazione locale dal 1987. E nonostante al suo interno sia conservato il più antico organo della manifattura di Joseph Merklin. Non un nome qualunque tra i costruttori d’organi della seconda metà dell’Ottocento. Merklin ricevette la Legion d’Onore, in Francia molte delle sue realizzazioni sono classificate come di rilevanza storica e suo è anche l’organo a Trinità dei Monti a Roma.

La chiesetta di Bierghes (via Commons)

Insomma per la chiesetta di Saint-Martin a Bierghes non vale certo la definizione di “chiesetta tardo-ottocentesca”. A prescindere dagli aspetti legati al culto, Saint-Martin è una testimonianza rilevante per la località. Con la prassi ormai in uso da decenni in Francia i lavori di manutenzione e mantenimento della struttura a partire dal tetto sono stati tralasciati per anni, e adesso il consiglio comunale non trova nulla di meglio che “decostruirla”. La beffa, si apprende da rtbf.be, è che il comune, completata la demolizione, sta persino pensando di erigere una struttura che “evochi” la silhouette della vecchia chiesa sul promontorio. Segno che i soldi per la manutenzione non ci sono mai, ma quelli per iniziative contemporanee non mancano mai! Un po’ come la vicenda del ponte di Tours descritta al capitolo 10 di Iconoclastia – La pazzia contagiosa della cancel culture che sta distruggendo la nostra storia.

Il caso di Bierghes è la dimostrazione di come distruzione volontaria della memoria storica di queste piccole realtà di provincia si propaga così alla Francia ai paesi confinanti. E sembra non essere l’unica tendenza francese in tema di distruzione di luoghi di culto a propagarsi all’estero. Anche gli incendi vandalici, e distruttivi, di chiese sembrano una tendenza in crescita fuori dalla Francia.

Il 3 dicembre 2020 scorso a Mackworth, nei pressi di Derby, località nel nord dell’Inghilterra tra Leicester e Nottingham, la chiesa locale è devastata dalle fiamme. La chiesa, intitolata a Tutti i Santi, risaliva al XIV – XV secolo con elementi vittoriani, come l’organo. Non si trattava di una “chiesa di campagna qualunque” ma era classificata nel registro dei monumenti storici britannici come “grado 1”, lo stesso per intendersi di Buckingham Palace e del Castello di Windsor! Della chiesa sono rimasti il campanile e i muri perimetrali, con danni anche ai mattoni della muratura, crepati e sfaldati per la temperatura raggiunta. Presto le indagini hanno portato all’arresto un diciasettenne per l’azione “vandalica”.

La chiesa All Saints di Mackworth come la chiesta di San Pietro e Paolo a Nantes gravemente danneggiata da un incendio nel luglio dello stesso anno? Presto per dirlo, e le motivazioni del gesto saranno appurate dagli inquirenti, ma a leggere la cronaca locale inglese l’ipotesi che la “moda” francese dei gravi atti vandalici (incendi inclusi) contro le chiese stia arrivando oltremanica non è peregrina.

Vista aerea della chiesa di Mackworth distrutta dall’incendio. (via Eighty4Images/Instagram – BBC.com)

Poche settimane prima dell’incendio di Mackworth, nella località di Quarndon distante appena 5 chilometri, sempre un diciassettene aveva appiccato un incendio nella chiesa di San Paolo, la notte di giovedì 16 ottobre. L’incendio, appiccato su un muro della chiesa, fortunatamente ha causato danni limitati. Dalla cronaca locale i due fatti non sembrerebbero collegati.

L’incendio del 16 ottobre a Quarndon, Derbyshire (via St Paul’s Church – Derbyshire.live)

Sempre scorrendo le “cronache locali” della provincia inglese non mancano segnalazioni di “atti vandalici” o “tentativi di furto” che vanno a colpire le vetrate decorate. A Leicester, capoluogo del Leicestershire (contea confinante a nord con il Derbyshire), a marzo 2020 aveva dato scalpore la distruzione di una vetrata per un probabile tentativo di rapina nella cattedrale di San Martino, la principale chiesa della città, dove nel 2015 sono stati traslati i resti di Riccardo III d’Inghilterra. Più di recente nel Wiltshire, contea nel sud-ovest dell’Inghilterra, sono stati segnalati più atti vandalici nei confronti di tre chiese distinte. Le azioni, avvenute tra agosto e novembre, avevano avuto come obiettivo le vetrate decorate per danni non ancora quantificati ma dell’ordine di migliaia di sterline.

La chiesa della Santa Croce di Sherston, Wiltshire, le cui vetrate sono state danneggiate il 28 ottobre 2020

Non esistono serie storiche accurate, ma la Countryside Alliance, no-profit britannica dedicata alle problematiche delle zone rurali del Regno Unito, ha promosso un’indagine tra le diverse polizie locali britanniche, raccogliendo tutti i dati relativi a “crimini contro chiese ed edifici religiosi”. Per il biennio 2019-202 la cifra è di 5.831 casi, più della metà con finalità di furto, e ben 1.750 segnalazioni di atti vandalici!

Insomma gli emuli di Erostrato, il piromane che distrusse il tempio di Diana a Efeso, una delle sette meraviglie del mondo antico, sembrano moltiplicarsi in questo periodo. Ma oltre alle azioni distruttive dei piromani dalla Francia all’Inghilterra spaventa un’altra tendenza che arriva dal Cile. Quella degli incendi di chiese a fini di protesta che ha raggiunto il culmine nell’ottobre 2020, con la distruzione di due chiese di Santiago del Cile, La Asunción e San Francisco de Borja.

La chiesa di San Francesco distrutta dalle fiamme (via AgenciaUno – La Tercera)

Soprattutto le immagini della prima chiesa, quella de La Asunción, con la guglia che precipita tra le fiamme hanno fatto il giro del mondo, ma con nessun interesse ad approfondire. Le manifestazioni dell’ottobre 2020 a Santiago del Cile, segnavano il primo anniversario del primo anno di proteste contro carovita e diseguaglianze in Cile[1]. E già nell’ottobre 2019 la chiesa parrocchiale de La Asunción, inaugurata nel 1876, era stata oggetto di un ampio saccheggio con la motivazione di reperire materiale per una barricata che i manifestanti stavano realizzando in un viale vicino. Ma oltre a panche e confessionali finirono sulle barricate anche statue, dipinti e arredi sacri. L’anno successivo, oltre al saccheggio, l’incendio, con tanto di immagini sui social che mostravano manifestanti trionfanti mentre ammiravano la distruzione in corso. Allo stesso tempo dai giornali locali risulta che i manifestanti hanno ritardato e impedito l’intervento dei vigili del fuoco.

Il momento del crollo della guglia della chiesa de La Asunción (La Tercera)

A essere colpita anche la vicina chiesa San Francisco de Borja, eretta nel 1876 come cappella dell’omonimo ospedale che fu demolito nel 1967. Anche lì l’incendio ha distrutto il tetto, ma la guglia è rimasta in piedi. La cappella si salvò dalla demolizione dell’ospedale sia per l’opposizione dei fedeli e dell personale del vecchio ospedale, che per il suo valore artistico e architettonico riconosciuto da parte dell’Università del Cile: è possibile che al progetto abbia partecipato un architetto inglese, o, meno probabile, architetti francesi. Pure francese la vetrata del rosone distrutta negli incidenti, la più antica del genere in Cile[2].  Dopo la demolizione dell’ospedale la cappella era passata negli anni della dittatura al corpo dei Carabineros cileni, diventando la loro cappella, tant’è che nel 1989, nell’ultima fase del governo della giunta militare davanti alla chiesa fu eretto il monumento ai carabinieri caduti in servizio Gloria y victoria, Monumento e cripta dei martiri dei Carabineros de Chile.

Dal punto di vista dei manifestanti le due chiese hanno una connotazione politica prima che artistica o religiosa. San Francisco de Borja come cappella dei Carabineros che come corpo militare fecero parte del golpe e della giunta di Allende. Più sinistra la vicenda de La Asunción, la cui sagrestia divenne durante la dittatura un archivio e centro di detenzione e tortura. Al di là della vicenda di queste due singole chiese occorre precisare che a livello istituzionale la Chiesa cattolica cilena, pur appoggiando il golpe di Pinochet in chiave anti-marxista rimase sostanzialmente neutrale, e fondò anche l’associazione per i diritti umani La Vicaría de la Solidaridad che diede un contributo determinante al lungo percorso di pacificazione e ritorno alla democrazia. Pur essendo associata al fenomeno della giunta militare di Pinochet dal punto di vista politico, in quello sociale si pose quindi in un piano differenziato rispetto alla dittatura. Una situazione ben diversa da contesti superficialmente simili come la Spagna franchista.

La chiesa di La Asunción distrutta dalle fiamme (via AgenciaUno – La Tercera)

Nella distruzione de La Asunción e San Francisco de Borja occorre tenere conto anche di un altro aspetto. Al di là dell’eventuale retaggio collegato alla giunta militare per le due chiese in oggetto, bisogna inquadrare il contesto degli incendi alle chiese cilene in un quadro più ampio. La pratica di bruciare le chiese come forma di protesta era arrivata al pubblico internazionale nel corso della visita apostolica in Cile di Papa Francesco del gennaio 2018. Visita apostolica con molte proteste, sia per le spese considerate eccessive, sia per un caso di pedofilia coperto dai vescovi locali. Prima e durante la visita furono date alle fiamme una dozzina di chiese[3], riprendendo a livello nazionale una pratica nata originariamente a livello locale dalle rivendicazione delle frange estremiste della popolazione Mapuche[4]. Pure il fenomeno del 2018 sembrava limitato alle zone periferiche del Cile e legato anche a rivendicazioni territoriali. Inoltre coinvolgeva edifici religiosi privi di qualche valore artistico o storico. La distruzione di La Asunción  e San Francisco de Borja a Santiago del 2020 invece realizza invece l’ennesima escalation. Tanto che un mese dopo viene incendiato nel nord del Cile il portone d’ingresso della cattedrale di Antofagasta. Incendio che fortunatamente causa danni limitati. Ma come insegna il caso di Nantes di luglio 2020 le chiese sono strutture fragili, e basta poco per passare da un danno superficiale a distruzioni totali.

[1] estallido social, letteralmente rivolta sociale indica le proteste iniziate nell’ottobre 2019 partite dal rincaro dei biglietti della metropolitana della capitale e poi allargatesi a rivendicazioni più generali relative a carovita, diseguaglianze e privatizzazioni.

[2] Dichiarazione del sottosegretario ai beni culturali Emilio de la Cerda, «Valiosos vitrales, pinturas y una torre destruida: Los graves daños a las iglesias incendiadas ayer » su «La Tercera» del 19 ottobre 2020

[3] «In Chile, pope met by protests, threats, burned churches» su «Associated Press» del 19 gennaio 2018

[4] «Joy, angst over pope visit to Chile’s restive Mapuche region» su «Associated Press» del 14 gennaio 2018

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