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A proposito di Ezra Pound e della sua prigionia (che non fu a Coltano)

Ciclicamente, col passare delle stagioni e con la scomparsa dei sedicenti testimoni oculari, riaffiora, su carta stampata o sul web, la fantasiosa notizia di Ezra Pound rinchiuso, nella primavera del 1945, in una gabbia a Coltano, dove numerosi fascisti ivi imprigionati lo avrebbero visto e gli avrebbero addirittura parlato. Nonostante le numerose rettifiche che da anni vado scrivendo sui più diversi organi di stampa (ultimo, sul “Giornale” del 16 ottobre 2018 in replica alla bufala diffusa anche dal “Corriere della Sera”), la leggenda continua, contro ogni evidenza e senza lo straccio di una prova.

Vediamo i fatti: Ezra Pound, che, finita la guerra, continuava tranquillamente a lavorare alla traduzione di Mencio nella sua casa a Sant’Ambrogio, sopra Rapallo, viene arrestato il mattino del 3 maggio 1945 da due partigiani e portato a Zoagli dove lo raggiunge Olga Rudge; subito dopo i due si spostano a Chiavari, dove Pound riesce a farsi consegnare al comando militare americano di Lavagna. Verso le 17 Ezra e Olga vengono trasferiti al quartier generale del U.S. Counter Intelligence Corps a Genova. Qui passano la notte, senza cibo né altro conforto, fino a quando, verso le 14 del 4 maggio, arriva l’agente speciale dell’FBI Frank L. Amprim, a cui era stato assegnato il “caso Pound”. Amprim e il suo superiore, Ramon Arrizabalaga, ufficiale al comando del CIC, interrogano Pound fino al 7 maggio, giorno in cui Olga viene riaccompagnata a Sant’Ambrogio, e Pound resta in custodia dell’esercito USA nella capitale ligure a disposizione delle autorità. Il 22 maggio arriva l’ordine di trasferire Pound “without delay under guard to MTOUSA Disciplinary Training Center for confinement pending disposition instructions. Exercise utmost security measures to prevent escape or suicide”. E così, il 24 maggio, il Poeta viene spogliato di cintura, cravatta e stringhe, ammanettato a un gigantesco MP e caricato su un convoglio di jeep che lo portano al carcere militare americano costruito poco a nord di Pisa, in località Metato: niente a che fare con Coltano, dove erano invece imprigionati i fascisti italiani. Qui passerà l’estate rovente, prima in una gabbia rinforzata appositamente per lui, e poi, dopo un collasso, in una tenda presso l’ospedale, dove scriverà i Pisan Cantos, in attesa di essere tradotto in America per andare sotto processo. Il 16 novembre, alle 20,30, sotto una pioggia battente Pound viene di nuovo caricato su una jeep e portato all’aeroporto di Ciampino, dove, il mattino successivo, salirà per la prima volta su un aeroplano, che lo riporterà nella sua terra natia.

A Coltano, dunque, l’autore dei Cantos non ci ha mai messo piede, e le testimonianze in tal senso sono affatto inventate. La cosa, in sé, non sarebbe grave: in fondo, che differenza può fare il fatto che, invece di essere stato imprigionato in un lager destinato ai fascisti, Pound fu ingabbiato in una prigione militare statunitense? La differenza è enorme, esattamente come lo è la superficialità di un ambiente che non ha mai fatto lo sforzo di crescere intellettualmente, di approfondire criticamente, di indagare intelligentemente.

E questo spiega, purtroppo, tante cose…

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