HomeUncategorizedTeschio nero in campo rosa: quando pirati e bucanieri erano donne

Teschio nero in campo rosa: quando pirati e bucanieri erano donne

Sulle tracce delle donne che ebbero il coraggio di solcare i sette mari sotto la “Jolly Roger”

di Matteo Sacchi da Il Giornale del 23 maggio 2023

Quando inizia la pirateria al femminile? Molto probabilmente nell’antichità classica, ma inizia ad essere studiabile davvero a partire dall’età moderna, come ci ha spiegato Barbara Biscotti. «Le piratesse sono donne fuori dal coro. Che donne sono? Possiamo fare una ricostruzione precisa a partire dall’età moderna. Molto spesso sono povere o in difficoltà, sotto questa spinta decidono di scegliere una vita di rischio ma che garantisce libertà e sussistenza. Molto spesso si imbarcano sotto mentite spoglie, travestite. E in questo si può vedere anche un rifiuto dei ruoli di genere che erano molto coercitivi. Stare coi bucanieri poteva significare anche essere molto più libere di quanto fossero coloro che accettavano una normale condizione di moglie o figlia».

Ovviamente ci sono anche eccezioni, in cui la pirateria al femminile si è caratterizzata per grande potere o alto lignaggio. «Ci sono casi che si allontanano molto dalla media. Ad esempio il personaggio, quasi leggendario, della principessa svedese Alvida, saremmo nel IX secolo, che secondo le leggende vichinghe armò una nave di sole donne. Oppure il personaggio storico della piratessa cinese Shih Ching (Guangdong, 1775 – Macao, 1844) che ha avuto al suo comando una delle flotte più grandi della storia. Iniziò la sua carriera come prostituta ma sposò il pirata Cheng Yi e poi iniziò una scalata al potere incredibile».

Ma al di là di questi casi eclatanti esistevano percorsi molto più legati alla sopravvivenza e ad esistenze ai margini. Molte anche difficili da studiare. Ancora Biscotti: «Le fonti sulla pirateria femminile sono più rare di quelle sui bucanieri maschi. La fonte di informazione principale per l’età moderna restano le carte processuali. Ci mostrano piratesse che svolgono diversi ruoli, da quello di fiancheggiatrici a quello di membri attivi e combattenti degli equipaggi. In generale l’impressione è che comunque nei processi venissero guardate con un occhio di riguardo. Del resto i loro reati erano meno efferati e tutto sommato le loro imprese meno violente di altre».

C’erano comunque piratesse che corrispondono in pieno all’immagine della guerriera dei mari. Soprattutto se guardiamo all’epoca d’oro dei bucanieri ovvero i pirati dei Caraibi. Come spiega a il Giornale Federica Capaccioni – autrice di Solcando i sette mari. Piratesse e corsare – ci sono due piratesse che erano veramente delle dure: Anne Bonny e Mary Read. «Si tratta di due piratesse del XVIII secolo molto molto combattive. Salirono a bordo delle navi dei bucanieri travestite. Svolgevano esattamente tutti i ruoli che venivano svolti dagli altri pirati, dall’arrampicarsi sulle alberature al maneggio delle armi. Ad un certo punto Anne Bonny e Mary Read si trovavano entrambe sulla nave del famoso pirata Calico Jack di cui Anne Bonny era l’amante, è probabile avessero un menage a trois. La nave corsara, nel 1720, venne attaccata da un vascello militare. Molti pirati si nascosero nella stiva spaventati. Solo Anne Bonny, Mary Read e un altro pirata rimasero sul ponte ad affrontare l’attacco. Mary Read arrivò anche a sparare ai suoi stessi compagni di ciurma accusandoli di essere vigliacchi. E a quanto pare Mary così apostrofò Calico Jack quando venne impiccato in Giamaica dopo il processo per pirateria: Se avesse combattuto come un uomo, adesso non starebbe lì a farsi impiccare come un cane. È proprio dalle carte di questo processo che abbiamo avuto le informazioni su queste piratesse».

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Un’altra piratessa molto nota è Grace O’Malley (1530 – 1600). «Questa piratessa ereditò sostanzialmente la professione dal padre. A tredici anni si rasò a zero e si fasciò il seno salendo sulla nave del padre. Tutti sapevano chi era, non era un travestimento ma solo un modo di accettare un ruolo. Dimostrò il suo talento. Diventò il capo pirata più noto della costa irlandese ed arrivò ad accordarsi anche con Elisabetta I». Insomma imprenditrici spietate o ribelli in cerca di libertà, si trattava di donne che con grandissimo anticipo si presero spazi che nessuno era disposto a concedere alle donne in modo normale. Ma il fascino della piratessa? Qui spiega di nuovo la professoressa Biscotti: «Su quello si è iniziato a fantasticare molto con l’Ottocento e il romanticismo. Ma in fondo era sempre un modo di normalizzare e rendere accettabili queste donne, che nella realtà sfuggivano a tutti gli schemi».

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