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L'Insolita Storia

Statue rimosse: Mosé Ezekiel, un confederato a Roma

La cancel culture non si arrende nonostante il wokeismo sembri ai più arretrare e negli Stati Uniti continuano le rimozioni di statue e monumenti. A fine dicembre è iniziata l’opera di disassemblaggio del Confederate Memorial (anche noto come Reconciliation Monument) al Cimitero militare di Arlington in Virginia. L’opera è il principale monumento confederato (con la parziale eccezione della tomba del generale Lee) del più importante cimitero militare statunitense. La vicenda, oltre alle solite riflessioni sulla cancel culture, consente di riscoprire la peculiare biografia dell’artista che realizzò il monumento: Mosé Ezekiel, un confederato a Roma.

Giocando con le parole: la tomba di Moisé Ezekiel

Mosé Ezekiel visse a Roma dal 1874 al 1917, e il suo studio divenne un cenacolo ambito per il bel mondo italiano e internazionale che passava nella capitale del giovane regno. Morì nel 1917 e le sue spoglie furono traslate nel 1921 proprio accanto al Confederate Memorial. Giocando verrebbe da dire: “la tomba di un’artista ebreo e omosessuale che visse la sua vita in esilio che viene smantellata in ottemperanza ai dettami del politicamente corretto”.

In realtà la tomba di Moses Ezekiel non verrà toccata (per il momento) in quanto il basamento di granito del monumento rimarrà al suo posto assieme alle fondazioni per non “disturbare” le tombe nelle vicinanze. Il Confederate Memorial divenne a partire dal 1914 il centro dell’area delle sepolture confederate ad Arlington. La tomba di Ezekiel è una semplice pietra con una targa di bronzo che lo ricorda solo come sergente della compagnia di cadetti del Virginia Military Institute.

Altro elemento su cui si è giocato a livello di linguaggio è l’omossesualità di Mosé Ezekiel, acclarata secondo due suoi biografi per la sua lunga e duratura amicizia con il pittore tedesco Fedor Encke. Pure non sussistono prove documentali oltre all’amicizia tra i due.

Mosé Ezekiel, un confederato a Roma

Ma l’elemento peculiare della vicenda umana di Ezekiel è l’essere diventato un protagonista della vita culturale romana appena diventata capitale del Regno d’Italia: un dandy confederato che visse a Roma per oltre quarant’anni: nato nel 1844, arrivò nel 1869 a Berlino per studiare all’Accademia delle arti di Prussia per poi trasferirsi a Roma nel 1874. E Roma divenne la sua città, salvo non dimenticare le sue origini, nel suo studio continuò a esporre una bandiera confederata fino alla sua morte avvenuta nel 1917.

L’attribuzione del monumento confederato ad Arlington (via Commons, Tim1965, CC BY-SA 3.0)

Nel 1879 ricavò uno studio nelle terme di Diocleziano, studio che divenne un centro della vita mondana della capitale. Dagli eminenti ospiti statunitensi in visita, compreso il generale artefice della vittoria nordista e futuro presidente Ulysses Grant, al gotha degli ospiti internazionali della capitale come Franz Liszt, a cui Ezekiel dedicherà un busto tra le sue opere più famose assieme a quello di Shelley esposto al museo Keats-Shelley.

Fino alla regina Margherita di Savoia e a Gabriele d’Annunzio che dedicherà ad Exekiel un sonetto nel maggio 1910:

Moie, novello al pio maggio romano
fiorisce nella pergola un roseto
e stanno nel solenne aer quieto
le nere terme di Diocleziano.

Beethoven de l’alta erma sul lieto
coro ammonisce ; «tutto al mondo è vano.
Unica dea sul triste animo umano
spande l’arte il suo fascino segreto».

Leva Davide al ciel la destra invitta
cantando e sul divino omero, come
falce di luna, il nudo ferro splende.

Guarda da l’alto indomita Giuditta
cui da le tempie l’onda delle chiome
grave, divisa in due grappoli pende.

E in riferimento a Liszt Gabriele d’Annunzio citerà ancora Ezekiel anche nel suo ultimo testo autobiografico Il libro segreto nel 1935:

« Troppe volte ho promesso di scrivere il mio incontro con
l’abate Liszt ai giorni della mjia prima giovinezza quando nel
suo antro ciclopico delle Terme di Diocleziano lo scultore Moie
Ezekiel attendeva a scolpire quel torso possente, quel gran capo
chiomato, quella bietta d’osso ch’era il conio della volontà contrassegnata dall’irta verruca
»

Il favore della Regina

Talmente apprezzato che quando il comune di Roma, nel 1910 in vista dell’Esposizione internazionale d’arte per il Cinquantenario del Regno d’Italia dell’anno successivo, chiese ad Ezekiel di lasciare gli spazi del suo studio, si mosse persino la Regina Margherita per evitarne lo sfratto! Alla fine fu trovato un compromesso e gli venne offerto un posto sulle mura di Porta Pinciana nella cosidetta “torre di Belisario” lungo via Campania con vista su villa Borghese. Qui visse fino alla sua morte il 27 marzo 1917, morte che ebbe discreta eco sulla stampa romana e italian. Sul Giornale d’Italia, tra i principali quotidiani dell’epica, ne pubblicò un appassionato ricordo a pagina 2 del 28 marzo.

Mosé Ezekiel, artista internazionale, ma…

Pure Mosé Ezekiel nonostante venga tutt’ora considerato il primo ebreo-americano ad avere fama internazionale, il suo ricordo si obliò rapidamente. Nel 1921 le sue spoglie furono traslate accanto al monumento di Arlington, e l’artista internazionale finì sempre più per essere ricordato come un’esponente della lost cause confederata. Dall’ebreo americano più famoso all’estero, all’essere il più famoso confederato in esilio!

D’altronde aveva lavorato nella vecchia Roma, sempre più lontano dal circuito internazionale che si stava spostando sempre più su Parigi. E Mosé Ezekiel non apprezzava il contemporaneo Rodin (pretenzioso secondo Ezekiel) che contribuì a traghettare la scultura nel Novecento. E così oggi Ezekiel è dimenticato a Roma e ricordato solo per quel monumento che secondo molti contribuì a codificare il mito della Lost cause confederata. Prima di The Birth of a Nation di Griffith e di Via col vento a codificare l’immaginario confederato c’era stato proprio Ezekiel. E lo stesso Ezekiel, che pure aveva realizzato diverse statue devote alla memoria confederata, riteneva che il Confederate Memorial dovesse diventare la sua opera più importante.

Dettaglio della “mami” sul basamento (via Commons, Tim1965, CC BY-SA 3.0)

L’epopea degli sconfitti

La parte più interessante del Confederate Memorial non è tanto la statua del sud sulla sommità, ma il basamento che si offre quasi come un’interpretazione ottocentesca della colonna traiana: una serie di 32 figure a grandezza naturale in altorilievo che codificano il mito della Lost cause secondo la visione di Ezekiel. Tra queste anche le figure di due schiavi che raccontano il punto di vista del mito confederato come diventerà celebre con Via col Vento. La “mami” che porge un infante al soldato che parte per la guerra per l’ultimo saluto.

E un “soldato nero”, che la leggenda dela lost cause vorrebbe frutto dell’esperienza diretta di Mosé Ezekiel, in realtà come ebbero a precisare fin da subito le United Daughters of the Confederacy, promotrici e finanziatrici del monumento, un semplice servo-attendente fedele al proprio padrone, testimonianza della “lealtà e fedeltà” degli stessi come scrivono in un libretto dell’epoca.

Eretto nel 1914, smantellato nel 2023

Nel dicembre del 2023 è avvenuta la rimozione. Nonostante fosse un monumento in un contesto ben definito, le sepolture confederate ad Arlington, la sua narrazione del mito della Lost cause aveva segnato il monumento. E già nel 2020 discendenti di Ezekiel si erano espressi a favore della rimozione in una lettera al Washington Post.

Il destino dovrebbe essere quello del New Market Battlefield State Historical Park di pertinenza del Virginia Museum of the Civil War. Quindi musealizzato assieme ad altre opere rimosse negli ultimi, anche se per il momento il monumento è in deposito. Per il momento l’infamia della distruzione per fusione è toccata solo al generale Lee a cavallo di Charlottesville firmato dallo scultore originario di Bologna Leo Lentelli di cui ci siamo già occupati nel 2021.

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