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“Segretissimo” e le mille vie della divulgazione storica

Solo i lettori più maturi – quelli vecchi, insomma – potranno capire la sensazione di straniamento provocata dalla lettura di uno dei primi numeri di “Segretissimo. Quattordicinale di spionaggio”, periodico da edicola che nel secolo scorso ebbe un grande successo, assieme ai consimili “Gialli Mondadori” e “Urania“. Le copertine, rigorosamente nere, avevano generalmente delle bellissime donne poco vestite e dotate di armi micidiali e luccicanti, che promettevano al lettore un paio d’ore di lettura e di svago senza troppi pensieri. Invece, oltre al romanzo pubblicizzato in copertina, “Segretissimo” offriva interessanti articoli di approfondimento storico tutt’altro che banali o superficiali. Nel n. 40, del 17 novembre 1963, ad esempio, oltre al romanzo Allarme! Chiamate Stephen Dain, del bravo Robert Sheckley, troviamo un interessante articolo di François Musard sulla bella spia Martha Dodd, e soprattutto un esauriente ritratto di John Amery, “Il nobile inglese spia dell’Asse”, firmato nientepopodimeno che da un giovane Arrigo Petacco. Allora poco più che trentenne, il nostro era già un avviato cronista di fatti storici, sicuramente senza nessuna simpatia per gli sconfitti della Seconda guerra mondiale, ma senza nemmeno quella aprioristica disapprovazione che, negli anni successivi, si tramuterà in rigida censura e inappellabile condanna. Le vicende del collaborazionista britannico vengono brevemente raccontate, così come la sua vita avventurosa e disordinata, dalla guerra in Spagna dalla parte di Franco fino alla creazione della Legione Sangiorgio, destinata ad arruolare volontari inglesi disposti a combattere a fianco dei Tedeschi, per giungere fino alla sua cattura, quasi casuale, sul Lago di Como il 26 aprile 1945, da parte di alcuni partigiani, che lo consegnarono agli Alleati, a cui spettò predisporre la sua impiccagione. Il tutto, ripeto, raccontato nelle pagine di una pubblicazione considerata “di serie C”, ma che sapeva offrire anche al lettore meno impegnato dei contributi di medio-alto livello, che oggi non sapremmo dove trovare. Ogni paragone con quello che resta della stampa periodica, infatti, sarebbe inutile, oltre che impietoso.

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