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Salazar, uno strano dittatore per il Portogallo degli ultimi

Per gentile concessione dell’autore, ecco l’introduzione al volume “Salazar” di J. Ploncard d’Assac, edito da Oaks Editore

di Brunello Natale De Cusatis da Il Barbadillo del 23 marzo 2021

«Confido nel professor Salazar per un motivo fondamentale e due ragioni secondarie. Il motivo fondamentale è che egli possiede le due qualità di solito mancanti al portoghese: la chiarezza ferma dell’intelligenza, la fermezza chiara della volontà. Delle ragioni secondarie, la prima è quel che ho notato di realmente fatto e che prima non si faceva – dalle navi alle strade, fino al tentativo di sollecitare un Paese, privo di un ideale nazionale, almeno a pensare di averlo. La seconda ragione è l’aumento del nostro prestigio all’Estero. Conosco la sua realtà da informazioni dirette, e non da citazioni di giornali, sempre suscettibili di sospetti veri, artificiali o fittizi»
(Fernando Pessoa)

Jacques Ploncard d’Assac (1910-2005), giornalista e scrittore francese, fu uno degli esponenti di spicco del Partito Popolare – il partito di estrema destra fondato da Jacques Doriot e che operò in Francia prima e durante la Seconda guerra mondiale (giugno 1936-febbraio 1945). A seguire la caduta del regime di Vichy, si trasferì in Portogallo, divenendo uno dei consiglieri di António de Oliveira Salazar. La vicinanza al fondatore dello “Estado Novo” – e che era solito visitare nella sua piccola e modesta abitazione di pietra bianca, ubicata nel cuore di Lisbona, dietro il Palazzo dell’Assemblea Nazionale – in qualche modo agevolò Ploncard nello scrivere sia la biografia dello stesso Salazar, pubblicata a Parigi nel 1967 dalle Éditions de la Table Ronde, che il «Dictionnaire politique de Salazar» (Éditions S.N.I., Lisbonne 1964). Sarebbe rientrato in Francia all’indomani della Rivoluzione dei Garofani del 1974.

Suddivisa in dodici capitoli, questa biografia inizia con il dare succintamente di Salazar notizie circa la sua nascita a Vimieiro (28 aprile 1889), un paesino di campagna della Beira Alta, la composizione della sua famiglia di ascendenza contadina, nonché il percorso di studi che lo porterà prima a essere seminarista a Viseu, ricevendo alla fine del corso triennale di teologia gli ordini minori (giugno 1908), e poi, una volta convintosi di non essere adatto al sacerdozio, a iscriversi alla Facoltà di Legge dell’Università di Coimbra (1910), dove, una volta laureatosi (novembre 1914), inizierà la sua brillante carriera accademica, divenendo, a soli ventinove anni, professore cattedratico nell’area delle scienze economiche e finanziarie (1918).

Salazar - Jacques Ploncard d'Assac - copertina

È a partire dalla fine del primo capitolo («Il professore») che Ploncard incentra l’analisi sul Salazar “politico”, percorrendone i primi passi: l’elezione a deputato, nel settembre 1921, come candidato del Centro Cattolico Portoghese nella circoscrizione di Guimarães (un’esperienza effimera datasi e conclusasi il 2 settembre, giorno della prima seduta della nuova legislatura in Parlamento, poiché Salazar, una volta rientrato a Coimbra, deciderà di dimettersi); la nomina a ministro delle Finanze per soli cinque giorni subito a seguire il golpe del 28 maggio 1926, durante la fase iniziale della Dittatura Militare; il rientro in politica due anni dopo, allorquando il generale Óscar Carmona è eletto Presidente (25 marzo 1928) e lui è chiamato ancora una volta a reggere il Ministero delle Finanze (27 aprile), nel governo presieduto dal generale José Vicente de Freitas.

Sarà l’inizio di una vera e propria cavalcata senza sosta che, grazie alla sua fervida intelligenza e alle sue competenze fuori dal comune in campo economico-finanziario, porterà Salazar a sanare i conti pubblici, conseguendo in termini di bilancio dello Stato un saldo positivo già nell’esercizio economico 1928-1929. Un qualcosa per certi versi di “miracoloso”, tanto da richiamare l’attenzione anche del «Time», che nel marzo del 1935 avrà modo di sottolineare: «è impossibile negare come lo sviluppo economico record registratosi in Portogallo non soltanto non abbia eguali in qualunque altra parte del mondo ma che sia pure un fatto di cui la storia non ha molti precedenti».

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Nelle parole di Jacques Ploncard: «La sua popolarità cresce. Il popolo ha capito che non si tratta di un politico qualunque, ma di un riformatore». Da qui l’essere nominato Salazar dal generale Carmona, il 5 luglio 1932 – giorno in cui ufficialmente termina la Dittatura Militare in Portogallo –, Presidente del Consiglio, cui seguirà il plebiscito nazionale del 19 marzo 1933, con l’approvazione della nuova Costituzione Politica dello “Estado Novo”, entrata in vigore l’11 aprile dello stesso anno. Occorre così in Portogallo l’istituzionalizzazione di una Repubblica “organica” e “corporativa”, in cui il potere è gestito, di fatto, da un esecutivo autoritario e, al suo interno, dal Primo Ministro che risponde soltanto al Capo dello Stato, eletto a suffragio universale. Un regime presidenzialista, per così dire, com’è stato da molto definito, “bicefalo”, per essere il Presidente della Repubblica e quello del Consiglio dei Ministri i veri detentori del potere. La pratica politica, non solo con Salazar ma anche con Marcelo Caetano, il suo successore, dimostrerà, tuttavia, come nella sostanza il potere risieda nel solo Capo del Governo.

Il lettore avrà modo di constatare come questa sia una biografia in cui l’autore dà abbondantemente la parola allo stesso Salazar, con molti estratti sia dai suoi discorsi e annotazioni che dalle interviste da lui concesse. Allo stesso tempo, occorre dire che Jacques Ploncard ha optato nel suo “racconto”, assolutamente ben strutturato e documentato, di non accompagnare il biografato fino alla fine dei suoi giorni. S’arresta, difatti, al 1966, ossia, due anni prima che Salazar – dopo essere stato colpito da un ictus a seguito di una caduta accidentale – verrà destituito dal potere e sostituito da Marcelo Caetano (23 settembre 1968), e quattro anni prima della sua morte (27 luglio 1970). Tuttavia, tale opzione non inficia minimamente il valore di quest’opera che spiega non solo il percorso politico di un grande statista – «staccato dai sistemi, aperto alle rettifiche imposte dai fatti; in breve, un empirico» –, ma anche la filosofia di vita di un uomo animato sostanzialmente da «due possenti sentimenti»«l’orgoglio della Patria e una profonda sensibilità per le sofferenze degli umili».

Il giornalista e scrittore francese, sodale oltre che biografo di António de Oliveira Salazar, ha ottemperato fino in fondo al suo proposito di dire

«quel che [ha] veduto di lui, di unirlo alle rare confidenze che egli ha fatto, come quelle sulla maniera di lavorare, e alle idee espresse in conversazioni private o in pubblico, nei suoi discorsi. [Con la convinzione] che alla fine ne emergerà una individualità estremamente attraente, sottile, segreta, dotata di una intelligenza non comune e alla quale si applicano mirabilmente i versi di Apollinaire: “Certi uomini son colline / Che si elevano sopra gli altri / Lontano vedono l’avvenire / Quasi che già fosse presente / E del passato più nettamente”».

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