I libri di storia parlano di lui (colpevolmente) poco. È quasi sconosciuto ai più, anche se ha i suoi fan come argomento di nicchia. In realtà è un personaggio senza il quale probabilmente non si sarebbe arrivati a realizzare l’Unità d’Italia. Parliamo di sir James Hudson, ministro plenipotenziario britannico nella Torino dei Savoia tra il 1852 e il 1861, e primo capo missione accreditato presso il nuovo Regno d’Italia tra il 1861 e il 1863. Un diplomatico con i fiocchi, un ambasciatore lungimirante, che il suo superiore, un Lord che non lo amava, ritrasse in una definizione di sapore cinematografico: «L’inglese che era più italiano degli italiani stessi». Per i duecento anni dalla nascita lo ricorda la Fondazione Crt di Torino, con una manifestazione in programma oggi e domani.
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di Alberto Papuzzo, da del 12 novembre 2010
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Nato il 2 gennaio 1810 in una famiglia della gentry inglese, figlio cadetto del signore di un maniero a Bessingby nello Yorkshire, membro di club per gentlemen come Arthur’s o Traveller’s (e più tardi accolto nella torinese Società del Whist), paggio reale per re Giorgio IV, al quale somigliava al punto che si diceva ne fosse figlio, Hudson fu diplomatico a Washington, all’Aia e in Brasile, finché nel gennaio del 1852 venne inviato a Torino, dove presentò a Vittorio Emanuele II le credenziali di rappresentante della regina Vittoria. Cavour disse di lui: «Il connaît tout le monde».
A Torino Hudson aveva due tipi di frequentazione: gli uomini politici, con alcuni dei quali – Cavour e D’Azeglio – ebbe rapporti di stretta amicizia, e il mondo dell’arte. Godeva di relazioni con Carlo Marocchetti, scultore torinese chiamato a lavorare anche a Londra, Giovanni Morelli, collezionista che fissò il metodo di attribuzione dei dipinti sulla base di minimi dettagli, Antonio Panizzi, patriota reggiano, esule in Inghilterra dove diresse il British Museum. In più forniva raccomandazioni alla National Gallery per l’acquisto di opere italiane e aveva una famosa collezione, andata perduta Nel 1863 avrebbe dovuto spostarsi a Costantinopoli, ma si dimise dalla diplomazia, rifugiandosi in Toscana, per non lasciare una signora milanese, più giovane, ahimè sposata, Eugenia Vanotti. Le nozze furono possibili soltanto dopo la morte del marito, il 14 settembre 1885. Una settimana più tardi, all’Hotel d’Angleterre di Strasburgo, Hudson moriva di cancro. La salma venne portata a Firenze. I suoi amici italiani erano scomparsi da tempo. La polvere del tempo prese possesso dell’inglese che aveva servito l’Italia più della stessa Inghilterra.
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Inserito su www.storiainrete.com il 15 novembre 2010