Anno VIII – n. 1 – gennaio 2008
A cura di Fabio Andriola (direzione@storiainrete.com )
Sommario:
- «Storia In Rete» n. 27 è in edicola
- Bocce e Piramidi: giochi egizi
- Iraq, il tempo è galantuomo
- Franco è morto per un errore dei medici?
- Rommel, gli ebrei in Nord Africa, gli italiani e certi storici…
- Shoà, l’Indonesia contro il “negazionismo”
- Cardini contro il film «Elizabeth» e i soliti cliché anticattolici
- 1943, l’Italia progetta di bombardare New York
- Il Duce e la Sora Cesira
- Fini scettico sulle stragi Usa in Iraq
«Storia In Rete» è in edicola, 96 pagine a colori, € 6,00 tutti i mesi nelle principali edicole
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- Il nuovo numero di «Storia In Rete» è in edicola
► E’ in edicola il nuovo numero di «Storia In Rete»: dal numero 27 la rivista uscirà d’ora in avanti puntuale qualche giorno prima dell’inizio del mese indicato in copertina. E’ una delle novità che «Storia In Rete» sta mettendo in cantiere per consolidare il ruolo di unico mensile di storia in Italia. Da qualche mese è possibile abbonarsi tramite internet sia dal nostro sito (www.storiainrete.com/abbonamenti.php) che dal sito www.abbonamenti.it . In più, nel corso del 2008 «Storia In Rete» pubblicherà degli speciali monografici i cui temi e tempi di uscita saranno comunicati tramite questa newsletter o tramite il sito. Ma veniamo al numero in edicola che, come sempre, cerca di offrire spunti originali per conoscere un po’ meglio il nostro passato, magari collegandolo al presente. La copertina è dedicata alla curiosa e sorprendente ricerca fatta dallo studioso Saul Gerevini che costringe a rileggere in modo innovativo – e più “tricolore” – l’opera di uno dei più grandi scrittori d’ogni tempo: Shakespeare. Di cui, scopriamo, gran parte della produzione dovrebbe avere una seconda firma, quella dell’italiano Giovanni Florio. Il lungo servizio in cui Gerevini espone le sue scoperte giustifica in buona parte la copertina del numero: uno Shekespeare con bandiera italiana in mano e il titolo «Made In Italy». In realtà quello smascherato da Gerevini non è uno dei tanti scippi che altre nazioni hanno fatto ai danni di grandi italiani: lo dimostra il breve ma puntualissimo intervento di Emanuele Mastrangelo teso a denunciare la progressiva appropriazione di artisti e intellettuali italiani da parte dei croati su Wikipedia, la grande enciclopedia sul web. Anche la vecchia querelle sull’italianità di Napoleone, ci dimostra in un documentatissimo pezzo Nicola Lancieri Neri, non è poi così campata in aria. Ma il fascicolo in edicola da pochi giorni ha molti altri articoli che vale la pena leggere: l’intervista ad esempio di Luciano Garibaldi al giovane storico Gianfranco Ciriacono che ha indagato sulle stragi commesse dagli americani in Sicilia nell’estate 1943; il lungo e preciso articolo scritto da Aldo A. Mola a proposito di Vittorio Emanuele III di Savoia, un sovrano di cui si è parlato spesso, anche di recente, molto e a sproposito. Mola offre una serie di osservazioni che non possono essere eluse in nessun serio dibattito. Da segnalare infine, tra i vari articoli pubblicati, la lunga anticipazione del nuovo libro di Aldo G. Ricci su Garibaldi («Obbedisco – Garibaldi eroe per scelta e per destino», Palombi editore) in uscita a metà gennaio in libreria e la seconda puntata della serie di tre articoli che il professor Mariano Bizzarri sta dedicando al curioso tema delle sette segrete in Vaticano dal Seicento ad oggi. Per avere altre indicazioni sugli altri articoli e trovare un estratto dei pezzi citati potrete andare sul nostro sito: www.storiainrete.com
- Bocce e Piramidi: giochi egizi
► Una curiosa scoperta è stata effettuata dalla missione dell’Università di Pisa sul sito greco-romano di Narmouthis (a 100 km a sud-ovest del Cairo, nell’oasi del Fayum): i ricercatori italiani hanno riportato alla luce la più antica sala per giocare a bowling, o a qualcosa di molto simile. Si tratta di uno spazio aperto, con il pavimento coperto da mattoni di limo (il fango fertilizzante del Nilo); il pavimento è diviso da una scanalatura non molto larga, terminante in un buco di 12 cm di diametro con una piastra in terracotta apposta sotto di esso. Inoltre nello stesso contesto archeologico, databile sulla base di elementi certi al III-II sec. a. C. (quando in Egitto vi erano i greci), sono state trovate due piccole bocce di pietra levigata dello stesso diametro della scanalatura. «È una costruzione unica; verosimilmente è il primo tentativo di praticare un gioco simile al moderno bowling», afferma Edda Bresciani, egittologa a capo della missione.
- Iraq, il tempo è galantuomo
►Chi si prenderà la briga di scrivere la vera storia dell’ aggressione Usa all’Iraq avrà davanti a sé un gran lavoro ma gli argomenti e il materiale non mancherà. Il 25 settembre scorso il sacerdote cattolico Jean-Marie Benjamin ha scritto una lunga lettera al sito www.beppegrillo.it per ricordare alcuni passaggi che ormai sono Storia: «…Gianfranco Fini mi tirava in faccia che non ero degno di portare l’abito religioso, perché affermavo che il rapporto presentato al Congresso americano, rapporto dell’Istituto strategico del Collegio di Guerra della Pennsylvania, conferma che nella strage di Halabja contro i Kurdi, che fece 5.000 vittime, con armi chimiche, l’Iraq non c’entrava niente. Citavo un rapporto ufficiale presentato al Congresso americano nel 1989, ma Fini, che nel 1983 viaggiava con Donald Rumsfeld in Iraq per andare a stringere la mano a Saddam Hussein, lui, nel 2003, Ministro degli Affari Esteri, non sapeva nulla di questo rapporto al Congresso. Ecco perché il processo a Saddam Hussein sulla tragedia dei Kurdi di Halabja non l’hanno mai voluto fare. Ecco perché l’hanno impiccato prima (per aver ucciso 148 estremisti islamici): per evitare il processo per le vittime di Halabja. Sarebbe saltato fuori il famoso rapporto al Congresso intitolato “Iraqi power and U.S. Security in the Middle East (97 pagine)” e sarebbe stato scoperto che in questa faccenda, loro, gli americani, avevano una pesante responsabilità.
- Franco è morto per un errore dei medici?
► La morte di Francisco Franco, il dittatore spagnolo che ha dominato la Spagna dal 1939 al 1975 continua a suscitare polemiche anche fra i medici che accompagnarono il caudillo nelle sue ultime ore. Nel capitolo «La mia verità sulla morte di Franco» del suo libro autobiografico, il chirurgo Juan Abarca sostiene che il dittatore morì a causa di un intervento sbagliato. Fu vittima – dice – di un errore chirurgico. Il malato fu operato d’urgenza nel palazzo del Pardo. Ma i medici dell’equipe che lo seguiva – secondo Abarca – non si resero conto che era già in corso una perforazione a causa di una “gastrite emorragica”. La situazione si aggravò e il paziente fu trasferito nell’ospedale La Paz, dove Abarca partecipò ad un nuovo intervento. Uno dei medici che seguì il generalísimo fino alla morte, José Luis Palma – autore, a sua volta, del libro «Il paziente del Pardo» – ha contestato la versione di Abarca.
- Rommel, gli ebrei in Nord Africa, gli italiani e certi storici…
► Erwin Rommel è stato considerato sempre un mito: bello, intelligente, affabile, signorile, alla fine morto suicida per il suo presunto coinvolgimento nell’attentato ad Hitler del 20 luglio 1944. Furono soprattutto gli inglesi a creare il mito. Nacque così la leggenda della guerra “cavalleresca” in Libia, fra Afrikakorps e 8° Armata britannica (gli italiani vengono di norma ignorati…), fra Rommel e Montgomery. Tuttavia nuove ricerche ed un documentario tedesco mettono in luce un aspetto oscuro della spedizione tedesca in Nordafrica: una vittoria dell’Asse ad el Alamein avrebbe aperto le porte ad un probabile capitolo mediorientale della Shoah, con l’annientamento delle comunità ebraiche dal Marocco all’Iraq, tanto da parte delle popolazioni arabe (che erano alleate dell’Asse) quanto di speciali gruppi delle SS. Il documentario tuttavia ignora ancora una volta un aspetto fondamentale: Rommel era sottoposto ad un comando italiano. Anche in Tunisia fu solo la gravità della situazione a consentire ai nazisti (con l’appoggio del regime di Vichy) l’oppressione della minoranza ebraica nella loro zona. Al contrario, in quella italiana, gli ebrei furono generalmente lasciati in pace. Una vittoria dell’Asse nel 1942, dunque, avrebbe dovuto fare i conti con la differente politica italiana, come già avvenne in Corsica, Provenza, Croazia e Grecia. Ma l’Italia, si sa, non gode di molta stima fra gli storici d’oltralpe… (E.M.)
- Shoà, l’Indonesia contro il “negazionismo”
► Lo scorso giugno si è tenuto a Bali, in Indonesia, il paese musulmano più popoloso al mondo, un convegno di studi sulla Shoah. All’evento, promosso dall’ong americana “Libforall”, hanno partecipato rabbini ebrei ed esponenti musulmani, induisti e buddisti. Ha presieduto l’incontro l’ex presidente indonesiano Abdurrahman Wahid: «Anche se Ahmadinejad (il presidente iraniano, ndr) è un mio amico – ha detto Wahid – devo dire che si sbaglia e falsifica la storia». Nel 2006 Teheran aveva infatti ospitato un congresso per discutere – e di fatto mettere in discussione – la ricostruzione prevalente dell’Olocausto. A Bali sono intervenuti, tra gli altri, Sol Teichman, sopravvissuto di Auschwitz, il rabbino Daniel Landes e Abrham Cooper, del centro Simon Wiesenthal. «La maggior parte dei musulmani d’Indonesia non sa cosa sia stato l’Olocausto, conosce solo la versione storica delle università egiziane o iraniane», ha detto Ahmad Suaedy, che dirige il Wahid Institute.
- Cardini contro il film «Elizabeth» e i soliti cliché anticattolici
► Riproponiamo ai nostri lettori un articolo pubblicato dallo storico Franco Cardini dopo aver visto il film dedicato ad Elisabetta I d’Inghilterra, la “Regina Vergine” (1533-1603) uscito nelle sale lo scorso ottobre (cfr. «Come Dio ha salvato la Regina» di Cristina Scognamillo in «Storia In Rete» di ottobre 2007). L’articolo è stato pubblicato dal quotidiano «Avvenire»: «Si è detto e ridetto: non c’è dubbio che al giorno d’oggi esistono differenti e opposti fondamentalismi, quello musulmano, quello cristiano, quello ebraico; e che la loro lotta rischia di trascinarci in un vortice molto pericoloso. Non sono però solo questi, i fondamentalisti: ci sono anche quelli degli agnostici, degli anticlericali, degli atei; ma, stranamente, molto spesso essi si alleano con certi cristiani radicali per marciare divisi ma colpire uniti un solo obiettivo. Teisti, laicisti, atei e fanatici cristiano-apocalittici uniti nella lotta alla faccia delle differenze abissali che li dividono. Il nemico è solo uno: sempre quello, anche se talvolta implicitamente indicato. Il cattolicesimo e, soprattutto, la Santa Sede. Il papismo. L’offensiva è serrata e pesante. Siamo già stati costretti a occuparci del romanziere Ken Follett, che dall’alto della sua indubbia posizione di scrittore di successo ribadisce il suo credo ateo-progressista certo, ma anche allevato nel clima protestante: la Chiesa cattolica sarebbe stata da sempre nemica della scienza, del progresso e della verità. A Perugia, una delle roccaforti della cultura massonica, si circonda d’ogni onore il monumento nel quale l’Aquila del Progresso e della Libertà schiaccia sotto gli artigli il Triregno della Tirannia e dell’Ignoranza papiste. L’Archivio Segreto Vaticano pubblica un’irreprensibile raccolta di documenti relativi al processo ai Templari, e dall’Inghilterra fino all’Italia si eleva il coro di militanti protestanti e massoni che chiedono (a nome di chi?) le ‘scuse della Chiesa’ per lo scioglimento dell’Ordine del Tempio. È coerente con questo panorama d’intolleranza il film «Elizabeth: the Golden Age» del regista Shekhar Kapur, protagonista della recente festa di Roma e adesso sugli schermi. Non entriamo nelle qualità propriamente artistiche del film, che non ci riguardano in questa sede. Ma un film che falsa così profondamente e perversamente la storia non può esser comunque ritenuto ‘bello’: non, almeno, nella misura in cui si ripromette di fornire in un modo o nell’altro un contributo alla comprensione d’un importante momento storico della nostra Europa e del nostro Occidente. Perché avrà ben un senso, in ultima analisi, che – mentre Filippo II s’impegnava a correre insieme con il papa in aiuto alla Repubblica di Venezia minacciata dai turchi che volevano toglierle l’isola di Cipro (e ci sarebbero riusciti, nonostante la vittoria cristiana di Lepanto del 1571) – la ‘Regina Vergine’ d’Inghilterra facesse di tutto per destabilizzare una Francia dove faticosamente i cattolici e gli ugonotti (calvinisti) si fronteggiavano, appoggiasse le gesta dei corsari che nell’Atlantico facevano la caccia ai convogli spagnoli, cancellasse le residue libertà della Chiesa anglicana imponendole, con i ‘Trentanove Articoli’ del 1563, un assetto rigorosamente dipendente dalla corona e una teologia sostanzialmente calvinista, sterminasse i cattolici dalla Scozia all’Irlanda, facesse proditoriamente arrestare e assassinare (nel 1587) la cugina Mary Stuart (Maria Stuarda) dopo un processo illegale. Nella tradizione inglese, avallata da un celebre cocktail, Maria Tudor – sorellastra di Elisabetta – è detta ‘la Sanguinaria’, Bloody Mary. Ma stando al film di Kapur, la Regina Vergine era un’abile politica almeno quanto una coraggiosa sovrana capace di vestir l’armatura e al tempo stesso una donna innamorata e appassionata. Il suo avversario, Filippo II di Spagna, è naturalmente il cattolico feroce e fanatico messo in caricatura, che agita il suo rosario come un’arma, che vaga come un pazzo nel tetro Escorial minacciando con furente impotenza l’Eroina che lo sta tenendo in scacco, che sogna di soggiogar tutto il mondo alla fede cattolica e la cui sconfitta, quando la sua ‘Envencible Armada’ naufraga nel 1588 in una Manica sconvolta dalla tempesta, viene presentata come una luminosa vittoria del Libero Pensiero contro le tenebre dell’Inquisizione, della Libertà contro una tirannia ancora medievale eccetera eccetera. Tutta questa è roba da basso anticlericalismo ottocentesco. Ora, sorge spontanea la domanda: perché questa propaganda circola ancor oggi e anzi si rafforza, nel momento stesso in cui si sta cercando invece di rafforzare la cosiddetta ‘identità occidentale’ di fronte a vere o supposte minacce islamiche? Non sarà che in fondo il rifiuto di citare le ‘radici cristiane’ nel Prologo del peraltro fallito progetto di Costituzione europea e questo bizzarro ma un po’ repellente rigurgito di propaganda anticattolica partano entrambi dalla consapevolezza che senza il cattolicesimo lo stesso cristianesimo resta privo del suo autentico fulcro, e siano quindi due volti diversi ma convergenti d’uno stesso coerente e pervicace programma laicista e scristianizzatore? Perfino il naufragio dell’Envencible Armada viene presentato come un trionfo del «Libero Pensiero» contro la tirannia medievale. In realtà, alla sovrana, che fece sopprimere la rivale Maria Stuarda, ben si intonerebbe il nomignolo della sua sorellastra: «Sanguinaria».
- L’Italia voleva bombardare New York nel ’43
► Attaccare New York bombardandola dal cielo per mezzo di un grande velivolo quadrimotore, oppure utilizzando degli incursori subacquei che avrebbero dovuto minare le navi nel porto della città statunitense. La clamorosa iniziativa militare, che l’Italia in piena Seconda guerra mondiale, era sul punto di mettere in pratica sfumò con l’armistizio dell’8 settembre. A ricostruire con dovizia di particolari l’inedita vicenda è lo studioso Pietro Faggioli nel nuovo numero di “Focus”. La proposta, fatta nel 1942 dal comandante Nicolò Lama, prevedeva di bombardare la città americana utilizzando il trimotore P 23R, che avrebbe dovuto sganciare su Manhattan un’unica bomba. Una seconda ipotesi prevedeva invece l’utilizzo degli incursori subacquei Gamma – gli “uomini-rana” -, del sottomarino oceanico “Leonardo Da Vinci” e di mine sommergibili. (Avvenire – 12 – 6 – 07)
° Il Duce e la SORA CESIRA…
► Di Rachele, di Edda, di Claretta Petacci si sa praticamente tutto. E anche di Margherita Sarfatti o di Angelica Balabanoff. Invece Cesira Carocci è per i più una perfetta sconosciuta. Eppure, tra le donne di Benito Mussolini, ha rivestito un ruolo non secondario: quello della governante e dell’unica che abbia vissuto nella casa del Duce, a parte la moglie Rachele. A illustrarne la ‘Vita misteriosa’ è ora un libro del vicedirettore di Rai Parlamento, Gianni Scipione Rossi, in uscita a novembre per Rubbettino. ‘L’ancella del duce’, l’unica dei collaboratori mussoliniani a non aver disseminato rivelazioni e memoriali, attirò a suo tempo l’attenzione della Sarfatti e di Gabriele D’Annunzio, oltre a quella, non benevola, di donna Rachele. La moglie di Mussolini ne temeva e sospettava il compito di filtro, confidente, infermiera, segretaria, amante e soprattutto complice degli altri tradimenti. Così, nonostante la simpatia della sorella del Duce, Edvige, nel 1934 Cesira venne licenziata. Il suo affetto verso Mussolini rimase però intatto, e fu ricambiato con un vitalizio e alcune elargizioni. (L. B.) – Espresso del 20 luglio 07
- Fini scettico sulle stragi Usa in Iraq
“Gianfranco Fini mi tirava in faccia che non ero degno di portare l’abito religioso, perché affermavo che il rapporto presentato al Congresso americano, rapporto dell’Istituto strategico del Collegio di Guerra della Pennsylvania, conferma che nella strage di Halabja contro i Kurdi, che fece 5.000 vittime, con armi chimiche, l’Iraq non c’entrava niente. Citavo un rapporto ufficiale presentato al Congresso americano nel 1989, ma Fini, che nel 1983 viaggiava con Donald Rumsfeld in Iraq per andare a stringere la mano a Saddam Hussein, lui, nel 2003, Ministro degli Affari Esteri, non sapeva nulla di questo rapporto al Congresso. Ecco perché il processo a Saddam Hussein sulla tragedia dei Kurdi di Halabja non l’hanno mai voluto fare. Ecco perché l’hanno impiccato prima (per aver ucciso 148 estremisti islamici): per evitare il processo per le vittime di Halabja. Sarebbe saltato fuori il famoso rapporto al Congresso intitolato “Iraqi power and U.S. Security in the Middle East (97 pagine)” e sarebbe stato scoperto che in questa faccenda, loro, gli americani, avevano una pesante responsabilità.”Gianfranco Fini mi tirava in faccia che non ero degno di portare l’abito religioso, perché affermavo che il rapporto presentato al Congresso americano, rapporto dell’Istituto strategico del Collegio di Guerra della Pennsylvania, conferma che nella strage di Halabja contro i Kurdi, che fece 5.000 vittime, con armi chimiche, l’Iraq non c’entrava niente. Citavo un rapporto ufficiale presentato al Congresso americano nel 1989, ma Fini, che nel 1983 viaggiava con Donald Rumsfeld in Iraq per andare a stringere la mano a Saddam Hussein, lui, nel 2003, Ministro degli Affari Esteri, non sapeva nulla di questo rapporto al Congresso. Ecco perché il processo a Saddam Hussein sulla tragedia dei Kurdi di Halabja non l’hanno mai voluto fare. Ecco perché l’hanno impiccato prima (per aver ucciso 148 estremisti islamici): per evitare il processo per le vittime di Halabja. Sarebbe saltato fuori il famoso rapporto al Congresso intitolato “Iraqi power and U.S. Security in the Middle East (97 pagine)” e sarebbe stato scoperto che in questa faccenda, loro, gli americani, avevano una pesante responsabilità”. (Jean-Marie Benjamin – Iraq, a www.beppegrillo.it il 25 settembre 2007)
La frase:
«Occorre rivedere continuamente ciò che ha l’apparenza della certezza»
Theodor Adorno
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