Dieci punti «coincidenti» e una «compatibilità ereditaria». È stato questo a convincere i magistrati romani a riaprire l’inchiesta sulla scomparsa di Ettore Majorana. A rispolverare, due mesi fa, quel fascicolo vecchio di 73 anni. Perché la sorte del geniale fisico catanese sparito il 25 marzo del 1938, è un mistero che sembra non avere fine. Ipotesi e suggestioni non sono mai state sufficienti a chiarire se davvero possa essere morto suicida gettandosi dal postale sul quale si era imbarcato a Palermo con destinazione Napoli o se invece abbia deciso di far perdere le proprie tracce alimentando così il suo mito e la leggenda sulla sua figura. Ci hanno provato storici, giornalisti, scrittori del calibro di Leonardo Sciascia a indagare su questo giallo, a cercare una strada per arrivare alla verità. E tre anni fa è bastata la consegna di una foto scattata in Argentina nel 1955 per tracciare un nuovo percorso da seguire.
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di Fiorenza Sarzanini, da “Il Corriere della Sera” del 7 giugno 2011
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Ora si scopre che in realtà quella fotografia potrebbe davvero dare una svolta alla nuova indagine condotta dal procuratore aggiunto di Roma Pierfilippo Laviani, determinato a tentare ogni possibilità pur di afferrare la traccia giusta. I rilievi effettuati dai carabinieri del Ris di Roma hanno infatti fornito «dieci coincidenze» tra l’immagine acquisita tre anni fa e quelle del fisico siciliano. Ma soprattutto hanno verificato una «compatibilità» tra l’uomo ritratto in quella istantanea e suo padre Fabio Massimo, evidenziando «la trasmissione ereditaria». Indizi indispensabili per decidere di andare avanti e disporre accertamenti in Sudamerica, lì dove Majorana potrebbe aver deciso di nascondersi e di costruirsi una nuova identità. Verifiche per scoprire se proprio dall’altra parte del mondo possa esserci la sua tomba.
Comincia tutto nel 2008 quando un uomo telefona alla trasmissione di Raitre Chi l’ha visto? e dice di essere convinto di aver frequentato Majorana, anche se lui ha sempre detto di chiamarsi signor Bini. La sua testimonianza è riportata sul sito internet del programma: «Sono partito per il Venezuela perché non andavo d’accordo con mio padre, era l’aprile del 1955. Arrivato a Caracas, sono andato a Valencia con Ciro, un mio amico siciliano, che mi presentò un certo Bini. Ho collegato Bini e Majorana grazie al signor Carlo, un argentino. Mi disse: “Ma lo sai chi è quello? Quello è uno scienziato. Quello ha una capoccia grande che tu neanche ti immagini. Quello è il signor Majorana”. Si erano conosciuti in Argentina. Era di media altezza, con i capelli bianchi, pochi e ondulati. Capelli bianchi di chi aveva avuto i capelli neri. E si vedeva dal fatto che portava sempre l’orologio sopra la camicia e per lavarsi le mani si apriva le maniche della camicia e aveva i peli neri. Era timido, preferiva stare in silenzio e se lo invitavi al night non veniva. Poteva avere sui 50 – 55 anni. Parlava romano ma si vedeva che non era romano. Si vedeva anche che era una persona colta. Sembrava un principe. Io certe volte gli dicevo: “Ma che cavolo campi a fa. Ti vedo sempre triste”. Lui diceva che lavorava, andavamo a mangiare, poi stava 10-15 giorni senza farsi sentire. Aveva una macchina gialla una Studebacker. Pagava solo la benzina, altrimenti sembrava che non avesse mai una lira. Ogni tanto gli dicevo: “Ci tieni tanto alla tua macchina e c’hai tutta sta carta”. Erano fogli con numeri e virgole, sbarramenti. Lui non voleva mai farsi fotografare e siccome dovevo prestargli 150 bolivar gli ho fatto una specie di ricatto, in cambio gli ho chiesto di farsi fare una foto con me per mandarla alla mia famiglia. Era più basso di me. Quando ho trovato la foto ho deciso di parlare, sennò era inutile che dicevo che avevo conosciuto Majorana».
Quella foto è stata portata nei laboratori dell’Arma e sottoposta a decine di comparazioni. I primi raffronti sono stati effettuati con l’immagine comparsa sui cartelloni poco dopo la sparizione. Occhi, naso, bocca, orecchie, fronte, mento: ogni altezza e larghezza è stata analizzata. E il risultato è apparso sorprendente agli specialisti guidati dal colonnello Luigi Ripani. Perché la linea del naso, che fa un piccola curva verso sinistra, appare identica, così come la parte alta del padiglione auricolare che piega leggermente verso l’interno. Il «signor Bini» ha i capelli bianchi e nell’immagine scattata mostra un’età vicina ai 50 anni. Majorana al momento della sparizione ne aveva 31 ed era castano scuro, ma anche l’invecchiamento effettuato al computer ha fornito elementi positivi.
Indizi che nella relazione consegnata ai magistrati consentono di «non poter escludere che il soggetto sia proprio Majorana». Quanto bastava per decidere di andare oltre e confrontare la foto consegnata dal testimone e quelle del padre Fabio Massimo, ma anche del fratello Luciano forse il più somigliante ad Ettore. Ed è stato proprio questo lavoro a fornire ai magistrati il tassello per decidere di affidare ai carabinieri verifiche ulteriori in Argentina e Venezuela. Scrivono infatti gli specialisti del Ris: «Dalle sovrapposizioni sono emerse similitudine somatiche compatibili con la trasmissione ereditaria padre-figlio».
Il «signor Bini» potrebbe dunque essere proprio Majorana. Il fisico potrebbe effettivamente aver deciso di costruirsi una nuova vita in Sudamerica sfuggendo alla notorietà ma continuando a svolgere i suoi studi. Riuscire a rintracciare la sua tomba a distanza di così tanti anni non appare impresa facile. Ma con i risultati già raggiunti i magistrati romani hanno ritenuto che valga comunque la pena di tentare.
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Inserito su www.storiainrete.com il 17 giugno 2011