In questi ultimi giorni Mosca ha parlato della possibilità di aprire trattative partendo dalla situazione attuale sul terreno. Conosciamo perfettamente la storica abitudine prima sovietica e poi russa di avanzare proposte poi smentite successivamente. La coerenza non è mai stata una virtù di quel Paese. E tuttavia si tratta della prima proposta, tutta da verificare, per tentare di dare una svolta a un conflitto che ormai appare senza vie d’uscita che non comportino l’annientamento di uno dei due contendenti.
Ma a questo ballon d’éssai la risposta di Kiev e di Zelensky è stata categorica: non se ne parla; si va avanti fino alla vittoria dell’Ucraina. Si badi bene a un piccolo particolare: questa risposta è stata data senza alcuna consultazione, senza alcun contatto con gli ormai innumerevoli paesi che supportano la resistenza ucraina con aiuti umanitari, soldi, armi e quant’altro.
A questo punto si impone una domanda: ma qual è il ruolo dell’Occidente in questo conflitto? E’ solo quello di svolgere la funzione di ‘portatore d’acqua’ (o meglio di armi) nei confronti dell’Ucraina o, visto tutto quello che questo comporta in varia misura per i soccorritori, questi hanno anche il dovere di svolgere un ruolo politico? Credo che qualunque persona dotata di buon senso non possa che optare per la seconda risposta. Ma non è così facile, perché i paesi che sostengono l’Ucraina non sono tutti uguali e non hanno interessi coincidenti. Il caso degli Stati Uniti (e in misura minore dell’Inghilterra, suo storico alleato) è un caso a parte. L’indebolimento della Russia rientra nei suoi interessi strategici e l’impegno economico-militare richiesto dall’aiuto al paese aggredito non va certo ai suoi danni.
Ma il caso dei paesi europei, sia pure in misura diversa tra un paese e l’altro, è completamente diverso. Questo conflitto apparentemente senza vie d’uscita li danneggia tutti e molto in vario modo. Non si tratta di abbassare le armi e lasciare aperta la porta all’espansionismo russo che rappresenta oggi un pericolo reale. Non è stato fatto nell’ultimo dopoguerra e a maggior ragione non deve essere fatto oggi, quando i miti ideologici di quegli anni sono svaniti e resta solo la dura realtà di una politica di potenza dura, oppressiva e contraria a tutte le tradizioni di libertà dei nostri paesi.
Il problema è un altro. Senza dichiararlo apertamente, si è tuttavia delegato interamente all’Ucraina (e in particolare a Zelensky, che si conferma sempre più come un leader di guerra, forse non adatto a prospettive di pace)) il potere di decidere se, come e quando sia possibile aprire delle trattative, sia pure esclusivamente interlocutorie, con la Russia.
Ma questa è una contraddizione evidente rispetto al ruolo che svolgono i paesi che concorrono in vario modo a questo conflitto: è una contraddizione che comporta una abdicazione della politica per la quale si paga, e soprattutto si pagherà, un prezzo la cui entità non è ancora dato conoscere.