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Giacomo Leopardi politicamente scorrettissimo in una nuova biografia

Estratto dell’articolo di Gabriele Barone sul “Fatto Quotidiano” da Dagospia del 10 novembre 2023

Una premessa è d’obbligo: Raffaele Ascheri, autore di una nuova biografia “non autorizzata”, è uno studioso appassionato di Giacomo Leopardi. Il suo saggio offre inediti e interessanti spunti critici ed è una documentata ricostruzione (basata sullo Zibaldone e l’Epistolario) degli aspetti più oscuri e controversi dell’illustre recanatese […] una personalità intrisa di contraddizioni, ben diversa dall’immagine cucita addosso da certa agiografia, propinata in ogni ordine e grado di scuola, dalla strumentalizzazione in chiave marxista (del “Leopardi progressivo” di Cesare Luporini) o dall’ultima versione edulcorata di Alessandro D’Avenia, che ne fa un’“icona pop”, a uso e consumo del grande pubblico.

Leopardi, tuttavia, oltre a essere uno straordinario poeta-filosofo-filologo, è stato incline alle umane debolezze: “Un intellettuale assai livido e livoroso”, appunta Ascheri. Il “saccentuzzo”. Sin dai primi anni di vita, si intuisce l’aria da saccente di Giacomo, che gli valse il soprannome di “saccentuzzo” o, peggio ancora, di “gobbo fottuto”, per la sua deformità fisica. Ciò che lo caratterizzava era l’assoluta mancanza di autocritica. Il recanatese era a tratti acutissimo nel giudicare gli altri, solo raramente se stesso.

[…] L’igiene personale di Leopardi era scarsa e la sua alimentazione smodata e iperzuccherina. Poche ore prima di morire, per dire, assunse un brodo di pollo, seguito da una limonata fredda e da “due cartocci” di confetti cannellini di Sulmona. […] fu riluttante a seguire le prescrizioni dei medici, che gli consigliavano l’aria più salubre di Torre del Greco.

La poesia? Un fiasco. Non riuscendo a vivere della sua attività di scrittore e rifiutandosi, per mancanza di pragmatismo e capacità di adattamento, di fare altri lavori, si ridusse a elemosinare denaro ad amici e genitori, sfiorando il pietismo. Pur potendo, rifiutò la cattedra di insegnante. […]Leopardi fu sì ateo e materialista dal punto di vista filosofico, ma mai apertamente anticlericale né condannò ufficialmente il potere temporale della Chiesa. Era pronto ad abdicare alla “coerenza dei suoi principi”, pur di trovare una comoda occupazione all’ombra del potere vaticano.

Solo che l’agevole sinecura la pretendeva a Bologna, non a Roma; quando gli si presentò l’occasione di lavorare nella Città eterna, da lui mal sopportata, a quel punto rifiutò, accampando scuse ridicole, come il costo della vita più alto, il caldo eccessivo…

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[…] Giacomo fu spesso ingrato con gli amici più stretti: nulla scrisse su Paolina Ranieri, che gli dedicò negli ultimi anni un’assistenza quotidiana, né al suo mentore Pietro Giordani, quando quest’ultimo fu arrestato e poi liberato, al punto che l’ex maestro, dopo la morte di Leopardi, non esitò a esprimere un giudizio sferzante sul recanatese: “Pare che il cuore non corrispondesse all’ingegno”.

Leopardi ebbe tratti omofobi (l’omosessualità è per lui un “vizio antinaturale”, una “snaturatezza infame”), misogini (chiamò “bestie femminine” le romane che non lo degnavano di uno sguardo e definì la donna “animale senza cuore”), razzisti (esaltò l’epopea dei conquistadores, delle conversioni forzate degli indios) e nazionalisti (“Senza amor nazionale, non si dà virtù grande”, scrisse nello Zibaldone). L’autore gli attribuisce pure pensieri antisemiti e ritiene poco credibile chi fa di Leopardi un “patriota risorgimentale”, poiché mai si schierò dalla parte anti-austriaca […]

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