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Medioevo prossimo venturo

La caccia alle streghe fu favorita anche dai cambiamenti climatici?

La caccia alle streghe è argomento alquanto problematico soprattutto per le implicazioni che coinvolgono tutta una serie di ambiti della cultura, lasciando però sempre insoddisfatte molte domande sulle effettive motivazioni da cui scaturì l’accesa repressione contro le presunte adepte di Satana. Il dibattito storiografico, dopo la fase romantica, è andato via via acquisendo una maggiore lucidità critica, ma in più occasioni non è riuscito a mantenere il dovuto distacco da ideologie e correnti ripiegate su preconcetti mai sradicati. Intorno alla figura della strega si è inoltre agglomerato un magmatico universo intessuto di mitologia, che ha contribuito ad allontanare l’osservazione dalla lucida valutazione storica, per convogliarla in ambiti dominati dalla fantasia e travolta da suggestioni che hanno allentato la connessione con i fatti reali. Si è poi registrata una dicotomia importante in ambito storiografico, in cui, oltre all’analisi degli eventi, si è strutturata con sempre maggiore consistenza una valutazione più selettiva, orientata in osservazioni calate nelle vicende “minime” della quotidianità.

Wolfgang Behringer, con il suo libro “Storia culturale del clima” (2010; trad. ital. 2013), ha offerto un interessante apporto alla riflessione su alcuni temi che possono rientrare nella storia culturale, aprendo un ventaglio di spunti per approfondimenti attraverso una chiave di lettura poco nota e certamente meno sfruttata di altre invece maggiormente collaudate. Dalle pagine del libro di Behringer si evince che la storia del mutamento climatico avrebbe concretamente condizionato in modo rilevante orientamenti culturali e atteggiamenti dell’umanità. Fatto questo comunque ben noto se effettuiamo un viaggio a ritroso con l’ausilio di una guida tarata sulle osservazioni proposte dalla geologia. Siamo comunque al cospetto di macro fenomeni, distribuiti nell’arco di spazi temporali molto ampi, di conseguenza risulta difficile attribuire a quei fenomeni l’origine di cambiamenti circoscritti e collocabili in archi cronologici ristretti.

Comunque, per Behringer vi sono però stati cambiamenti pur contenuti in periodi ristretti, ma che possono aver influito in modo significativo sulle mentalità e favorito comportamenti dai quali sono scaturite azioni che hanno lasciato un segno profondo nella storia. Un esempio specifico sarebbe appunto rappresentato dalla caccia alle streghe, sviluppatasi in concomitanza della cosiddetta Piccola glaciazione. Si tratta di un periodo, compreso tra la metà del XIV secolo alla metà del XIX, nel quale si registrò un notevole abbassamento della temperatura media terrestre. Dal Trecento infatti vi fu effettivamente un graduale avanzamento dei ghiacciai che, in precedenza si erano ritirati o addirittura erano scomparsi, inoltre se ne formarono di nuovi. Tale avanzamento, registrato prevalentemente in Europa, fu all’origine della distruzione di villaggi alpini, costringendo intere comunità a trasferirsi più a valle. Basti ricordare che nel XVI secolo, la Groenlandia risultava completamente disabitata.

La glaciazione ebbe effetti rilevanti sulle economie, determinando carestie che minarono profondamente molte comunità. Sono numerose le ipotesi scientifiche per trovare un’origine a questo singolare fenomeno, che comunque non risultano allineate e ancora oggi oggetto di dibattito tra gli studiosi. Considerare l’instabilità climatica come un fatto condizionante per le modificazioni socio-culturali, costituisce un approccio che certamente non è indenne da perplessità, pur mantenendo una propria valenza di ordine epistemologico.

È indubbio che un clima sfavorevole possa aver determinato ricadute importanti sulla crescita demografica, sull’agricoltura, sugli spostamenti e probabilmente anche sulle questioni di ordine metafisico. L’interpretazione proposta da Behringer prende l’avvio dalla constatazione che le streghe, accusate di tutta una serie di crimini, fossero ritenute responsabili per le condizioni metereologiche, come pure per l’infecondità dei terreni, la sterilità femminile e per qualunque malattia considerata un effetto della crisi. Ne consegue che “in quanto costruzione sociale, il delitto di stregoneria cominciò a diffondersi nel corso del XIV secolo, parallelamente all’evoluzione della Piccola era glaciale. E in Europa centrale la caccia alle streghe raggiunse l’apice proprio negli anni peggiori della Piccola era glaciale, cioè nei decenni immediatamente prima e dopo il 1600. Tale crimine scomparve dal catalogo del diritto penale alla fine di tale glaciazione, cioè con la scoperta di modelli interpretativi più efficaci” (W. Behringer, 2013, pag. 176).

In effetti noi sappiamo che già nel XV secolo si registrarono numerosissime espressioni della repressione anti-stregonesca, manifestatesi anche con violenza ben superiore rispetto al periodo indicato da Behringer. Alcuni fenomeni tipici della Piccola glaciazione furono, secondo lo studioso, erroneamente correlati all’azione delle streghe, divenute così capri espiatori per comunità costrette a convivere con fenomeni naturali ritenuti però straordinari e vincolati a poteri soprannaturali: “incapacità di avere figli, epizoozia, carestie ricorrenti, insorgere di malattie sconosciute. Vacche che non davano più latte, la morte improvvisa di un bambino, gelate fuori stagione, piogge che duravano troppo a lungo, grandinate improvvise d’estate” (W. Behringer, 2013, pag. 178). Furono le istanze provenienti “dal basso”, quelle delle categorie maggiormente provate dalle influenze del clima – crisi alimentari e carestie soprattutto – che fecero da effetto volano, per una società in cui l’anomia attentava alla stabilità delle comunità.

Si aggiunga inoltre che nel periodo della Piccola glaciazione si registrò “un forte aumento della letteratura raccapricciante e degli scritti dedicati ai prodigi. Si cercavano segni della volontà divina negli aborti, nelle nascite prodigiose o diaboliche, nella scoperta di animali e piante sconosciuti, nei mostri e, in generale, in ogni sorta di malformazione della natura” (W. Behringer, 2013, pag. 194). Nella sostanza, tra le conseguenze culturali della Piccola glaciazione troverebbe quindi una collocazione significativa anche l’acuirsi delle credenze sulla stregoneria e la conseguente repressione motivata dalla consapevolezza che Satana e i suoi adepti giocassero un ruolo rilevante nello stravolgimento degli equilibri tra uomo e natura.

Come oggi sappiamo, la rottura di quegli equilibri è stata (ed è) determinata dall’azione dell’uomo sull’ambiente, ma anche da dinamiche che fanno parte del ciclo naturale degli eventi climatici e geologici. Tra i tanti effetti ricordiamo quelli registrati a Venezia: nel 1432 il ghiaccio formatosi sulla laguna era di tale  entità da consentire alle carrozze di transitare liberamente da Mestre a San Marco. Nel corso del periodo interessato dalla Piccola glaciazione la diminuzione dell’irrorazione solare ebbe effetti deleteri per l’agricoltura, avendo come contraccolpo numerose carestie, i danni e le tragedie facilmente intuibili. Tra questi effetti vi fu anche l’estinzione di alcune specie animali; mentre altre, spinte dalla fame raggiunsero le città, con gravi conseguenze quando si trattava di lupi e di altri animali aggressivi.

Si aggiunga che quella situazione favorì l’incremento della criminalità: gli insediamenti contadini furono infatti vittime di aggressioni da parte di bande di malfattori, mossi anche dalla fame ormai endemica. Una situazione del genere determinò conseguentemente il degrado e l’abbandono dei territori agricoli. Come se non bastasse, tra gli effetti deleteri vi furono anche le inondazioni, con danni pesantissimi per le coltivazioni.

Con l’attribuzione a un capro espiatorio, tali sconvolgimenti acquisivano così una fisionomia che era considerata parte di dinamiche mosse da potenze diaboliche, nei confronti delle quali l’uomo scopriva la propria fragilità e dalla quale provava ad affrancarsi, spesso con metodi irrazionali e distruttivi.

Un fatto non secondario da considerare riguarda l’influenza delle condizioni metereologiche sulla psiche. Ci riferiamo al cosiddetto SAD (Seasonal Affective Disorder), cioè il Disturbo affettivo stagionale, chiamato anche “depressione invernale”: un abbassamento del tono dell’umore, che sembrerebbe accentuarsi nei mesi invernali e studiato scientificamente quando fu chiaro che la luce poteva influenzare il sistema circadiano umano, attraverso la soppressione dell’ormone noto come melatonina.

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