Ironia della sorte, dopo esattamente un secolo dalla nascita della Repubblica d’Irlanda, istituita il 6 dicembre 1921 con la firma apposta sul Trattato anglo-irlandese, la Brexit ripropone, irrisolti, gli eterni problemi dovuti all’artificiale divisione dell’isola verde tra Éire e Ulster. Mal digerita dagli Irlandesi, la divisione fu un compromesso necessario a chiudere la sanguinosa guerra civile che aveva lacerato il Paese nei due anni precedenti: l’Impero britannico così annesse al Regno Unito la provincia dell’Ulster, ovvero la zona industrializzata a maggioranza protestante, inventandosi, a seguito della divisione arbitraria, lo stato dell’Irlanda del Nord.
Quella che doveva essere una soluzione temporanea divenne definitiva, e, come molte divisioni adottate dai britannici, vedi Medio Oriente e Indie, ebbe conseguenze disastrose: vedi la guerra (non sempre) civile che da allora si è combattuta soprattutto, ma non solo, sul territorio irlandese, e che sembra essere sospesa dal 1998, con la tregua seguita agli accordi cosiddetti “del Venerdì Santo”.
La “questione irlandese”, però, è tutt’altro che chiusa, e si è orgogliosamente, e per ora pacificamente, riaccesa pochi anni fa, con le sontuose celebrazioni per il centenario della Pasqua di sangue, celebrata da W.B.Yeats nella celeberrima Easter 1916 e raccontata in un libro scritto da Mario Borsa, La tragica impresa di Sir Roger Casement (1916) di prossima pubblicazione presso Iduna.
Il centenario della creazione dell’Irlanda del Nord avrebbe quindi dovuto, nelle intenzioni delle autorità britanniche, bilanciare quel tragico anniversario, celebrando, invece di una sanguinosa rivolta, la nascita di un nuovo stato.
Purtroppo, come spesso accade, la “perfida Albione” ha peccato di alterigia, e ha organizzato la ricorrenza senza preoccuparsi di coinvolgere la maggioranza cattolica degli irlandesi, con un risultato molto imbarazzante; ha infatti scelto, come testimonial del centenario, il premio Nobel per la Letteratura (1995) Seamus Heaney (1939-2013), dimenticando però di chiedere il permesso ai suoi famigliari, e soprattutto senza curarsi del fatto che il Poeta, oltre che avere salde radici cattoliche, non ha mai nascosto il suo fervido nazionalismo irlandese e il suo disprezzo per l’occupazione britannica dell’Ulster.
Come ha ricordato “The Irish Times” dello scorso 19 dicembre, infatti, nel 1983 Heaney lamentò di essere stato incluso in una antologia di poeti britannici, enunciando dei versi molto chiari:
“Be advised, my passport’s green
No glass of ours was ever raised
To toast the Queen”
(Vi ho avvertito, il mio passaporto è verde/ Neanche uno dei nostri bicchieri è stato mai alzato/ per brindare alla Regina)