Dal 1939 al 1942, patrocinata dal Ministro dell’Educazione Nazionale, viene pubblicata la rivista “Geopolitica”, lodevole tentativo del Regime di porsi su un orizzonte più ampio di quello della politica nazionale per guardare, oltre i propri confini, verso una dimensione continentale, quando non addirittura mondiale. Ad accendere un utile faro su quell’esperienza, e soprattutto ad approfondire alcune questioni spinose come quella della “razza” e dell’”antiebraismo”, è stato pubblicato uno stimolante volume di Carlo Arrigo Pedretti: Cultura fascista e razza. Una riflessione attraverso la rivista Geopolitica. (Ritter, pp.216 €24).
L’opera è divisa in due parti: la prima affronta in generale il tema del contesto storico e ideologico in cui si inserisce il periodico voluto e protetto dal “fascista critico” Bottai, mentre la seconda parte è dedicata all’analisi dei contributi dedicati al tema della razza apparsi sulla rivista, opportunamente inquadrati da considerazioni generali sull’ideologia fascista, analizzata anche in una Premessa dedicata ad Alfredo Oriani visto come precursore del fascismo e al cosiddetto Romanticismo Fascista, immortalato dal celebre libro di Paul Sérant.
Al di là di tutte le interessanti, e a volte sorprendenti, informazioni e analisi contenute nel volume relative alla politica del Regime della scuola e nella società, quello che veramente conta è la conclusione raggiunta sull’argomento che ancora oggi resta il più spinoso e sgradevole: quello della razza. A parte l’evidente e reiterata contraddizione di fondo tra l’atteggiamento filoarabo in funzione antibritannica e il disprezzo “antisemita” (?) nei confronti del popolo ebraico, più volte sottolineata da Pedretti, il rapporto tra colonizzatori e indigeni e, soprattutto, la pretesa superiorità razziale dei “bianchi” è il tema più interessante tra quelli trattati sulle pagine di “Geopolitica”, dove troviamo, tra l’altro, una polemica recensione della Sintesi di dottrina della Razza di Julius Evola, criticata perché lontana dalle posizioni definite “nazionali” dal recensore, ironicamente preso in giro dal Pedretti, che osserva come “per il fascista esiste solo una Mistica, quella di Nicolò Giani, che si riporta alla sacralità onniveggente del Duce: costui, secondo l’espressione comico-seria di Leo Longanesi, aveva sempre ragione.”
Venendo ai due temi sopra citati, il razzismo e l’antiebraismo, secondo l’autore, nella rivista “c’è stato, variamente formulato, variamente modulato – ma, tra i molteplici articoli esaminati, solo uno è marcatamente connotato da prese di posizione ispirate a biologismo, più o meno puro, più o meno convinto e ortodosso”, grazie anche e soprattutto al già citato Bottai, che realmente razzista non fu mai. Riguardo il tema degli Ebrei, invece, “il sostanziale disinteresse nei loro confronti è evidente – quasi non se ne parla, e quando se ne parla, sembra semplicemente perché si deve farlo, per obbligo nei confronti di un Regime che ha voluto metterli al bando; da un altro punto di vista, poi, “Geopolitica” sembra molto lontana dal porsi il problema del loro -vero o presunto- potere mondiale attraverso la grande finanza; sembra anzi che, una volta ottenuta la vittoria, e mandati via dall’Europa, tutto si sarebbe risolto…”
Molto resta ancora, dunque, da studiare, e una strada proficua sarebbe proprio quella di approfondire il razzismo vero o presunto del Regime, che a Faccetta Nera avrebbe comunque regalato la cittadinanza italiana, dopo averla liberata dalla schiavitù…