HomeRinascimentoI Medici: potere e decadenza di una grande famiglia

I Medici: potere e decadenza di una grande famiglia

Johan Huizinga evocava cent’anni fa «il problema del Rinascimento» e ammoniva il lettore circa i rischi di perpetuarne un’immagine di maniera. «Al risonare della parola Rinascimento», scriveva, «chi ama sognare le età passate si figura un mondo tutto porpora e oro», abitato da gentiluomini e dame pieni di dignità, aggraziati e immuni dall’angoscia del volgere dei tempi o dal pensiero dell’eternità: un mondo interamente e incondizionatamente «intonato in do maggiore».

di Carlo Caruso dal Corriere del Ticino del 21 ferbbraio 2015

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Ci si può chiedere se non si indulga ancor oggi a una visione eccessivamente rarefatta del Rinascimento e se ciò non sia, almeno in parte, inevitabile. L’eccezionale qualità e la straripante ricchezza della produzione letteraria e artistica di quel periodo, senza pari nella storia dell’Occidente, offrono materia pressoché inesauribile di indagine e di riflessione. Chi vi si immerga troverà scarso stimolo a cercarne il correttivo nella storia della concreta e minuta quotidianità: oggetto di studio forse meno sublime, ma non meno istruttivo. E quando il correttivo arriva, l’effetto è quello di una doccia scozzese. È il caso del nuovo libro sul Rinascimento italiano di Marcello Simonetta.

Dalla morte di Lorenzo il Magnifico al Sacco di Roma del 1527
Simonetta, che vive e insegna a Parigi, è ben noto ai lettori per via soprattutto del suo precedente bestseller, L’enigma Montefeltro (2008). Dopo una notevole parentesi dedicata al fratello meno docile (e maggiormente dotato d’ingegno) di Napoleone, Luciano Bonaparte (Il fratello ribelle di Napoleone, 2011, co-autrice Noga Arikha), eccolo tornare al Rinascimento con Volpi e leoni. I Medici, Machiavelli e la rovina d’Italia. In cosa consiste il correttivo? Nel riprendere la storia della celebre famiglia all’apice della sua potenza e nel raccontarne i risvolti meno frequentemente discussi, quando non deliberatamente sottaciuti.

Il libro prende dunque le mosse dalla morte di Lorenzo il Magnifico (1494) e si chiude con il Sacco di Roma sotto il pontificato del secondo papa Medici, Clemente VII, e con la pressoché coeva morte di Machiavelli (1527). Sia pure in maniera intermittente, come l’autore stesso avverte, vengono così coperti oltre trent’anni di storia italiana ed europea che hanno lasciato segni profondi nell’età che chiamiamo moderna. È la narrazione del progressivo decadimento e svilimento della posizione d’autorità che le tre precedenti generazioni – di Cosimo il Vecchio, di Piero e appunto di Lorenzo – erano riuscite a conquistare per la grande famiglia fiorentina.

Una generazione dissennatacapace di crudeli efferatezze
I tre figli del Magnifico, Piero, Giuliano e Giovanni (poi Papa Leone X) insieme con il cugino Giulio (poi Papa Clemente VII), si palesano in tutta la loro dissennata e ripugnante vanità, congiunta a un appetito senza limiti e, ove necessario, a un’efferata crudeltà. Agghiacciante è il resoconto della cosiddetta congiura contro Leone X del 1517, congiura in realtà inventata dal papa medesimo per giustificare la spietata epurazione del collegio dei cardinali e nominarne ben trenta nuovi, anzi trentuno (di qui, ricorda Simonetta, il detto corrente «visto che abbiamo fatto trenta, facciamo trentuno»), tutti disposti a pagare profumatamente il proprio cappello rosso a beneficio delle casse del Vaticano, esauste dopo appena quattro anni di pontificato. I Medici di quella generazione ebbero in sorte circostanze eccezionalmente favorevoli, privilegi amplissimi e dotazioni finanziarie tali che nessun sovrano loro contemporaneo avrebbe mai potuto sognarsi: ma a dispetto (o forse a causa) di ciò, finirono per essere tra i maggiori artefici della rovina dell’Italia.

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Occorre intendersi subito sulla natura del libro di Marcello Simonetta. Non si tratta della storia romanzata le cui veneri effimere, come quelle della maga Alcina, hanno sedotto non pochi scrittori di cose passate. Questa è una storia fondata su una documentazione amplissima e criticamente vagliata, anche perché non sempre trasparente: vi sono segreti di Stato e di famiglia (molte sono le lettere in cifra che Simonetta ha dovuto decodificare), allusioni volutamente recondite, menzioni di personaggi-chiave di cui è rimasto solo il nome.

Una ricostruzione degli eventi affidabile e avvincente
Ciò non impedisce al libro di rivolgersi principalmente al grande pubblico, al quale offre una ricostruzione degli eventi affidabile e insieme avvincente, non mere storie «porpora e oro». Del resto, osserva Simonetta, perché affannarsi a romanzare quando la realtà dei fatti, cioè quella che Machiavelli chiamava la «realtà effettuale», supera le creazioni della fantasia più sbrigliata?

E Machiavelli? Alluso nel titolo («Bisogna adunque essere golpe [= volpe] a conoscere e’ lacci, e lione a sbigottire e’ lupi», Il Principe, cap. XVIII), nominato esplicitamente nel sottotitolo, il grande teorico della politica ci appare quasi un pesce fuor d’acqua in ambienti che pure conobbe e descrisse con lucidità esemplare; lo si direbbe un ingenuo, commenta Simonetta, a paragone di quei Medici «volpini», che di lui diffidarono sempre e che egli invano corteggiò nella speranza di ritornare in servizio attivo. E chissà se, nell’offrire il Principe a quegli stessi Medici, Machiavelli volle appunto farsi – per così dire – machiavellico per meglio parlare la lingua dei suoi tanto più machiavellici padroni.

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