HomeStampa italiana 2Quando «mamma Fiat» mandava i figli degli operai in vacanza al mare

Quando «mamma Fiat» mandava i figli degli operai in vacanza al mare

Il «welfare» della fabbrica torinese scandiva i tempi della città e dava assistenza ai suoi dipendenti e ai loro famigliari dalla culla alla vecchiaia. Non poteva mancare l’estate: la prima colonia risale al 1924

di Dario Basile dal Corriere della Sera del 18 luglio 2022

Ogni estate, con la chiusura delle scuole, a Torino si celebrava una sorta di rito collettivo. I figli dei dipendenti della grande fabbrica automobilistica partivano in massa per le colonie Fiat. Siamo negli anni in cui l’industria e la città sembrano vivere in simbiosi. La vita del capoluogo piemontese passava dai cancelli della fabbrica e anche il ritmo delle giornate pareva scandito dai turni degli operai. La Fiat non dava solo lavoro a migliaia di persone, si proponeva anche come «mamma» capace di dare assistenza ai suoi dipendenti e ai loro famigliari dalla culla fino alla vecchiaia. Il tutto determinava un rigido allineamento della vita cittadina al sistema di tipo fordista. Promotore di questa linea è Vittorio Valletta, amministratore delegato dal 1939. Come ha scritto lo storico Valerio Castronovo: «L’obbiettivo di fondo che stava a cuore a Valletta era di assicurare la pace sociale in una città fabbrica come Torino e di instillare l’idea della Fiat come una “grande famiglia” in cui la comunanza di interessi si coniugava con la reciproca comprensione nei rapporti tra direzione e maestranze».

Per questo il welfare aziendale divenne una parte fondamentale del sistema vallettiano. I benefit che l’azienda destinava ai dipendenti avevano il doppio obiettivo di rafforzare i legami personali con la ditta e di cementare lo spirito di corpo. Si offrivano attività sportive e ricreative (come, ad esempio, le piscine Fiat), c’erano gli asili nido aziendali, una mutua privata, le scuole allievi Fiat, i centri per anziani e, finanche, le case Fiat. Uno dei pilastri dei «servizi sociali Fiat» erano le colonie estive per bambini che divennero parte integrante dell’identità aziendale.

La prima colonia risale al 1924 e viene organizzata in occasione del venticinquesimo anniversario della fondazione della fabbrica. Sessantacinque bambini vengono inviati a Challand Saint Victor, in Valle d’Aosta. Negli anni successivi il numero di ospiti cresce. Nel 1927 la colonia viene trasferita a Chiavari e nel 1932 arriva ad ospitare 1.034 ragazzini. Il progetto delle vacanze estive per i figli dei dipendenti ha successo e così, in quello stesso anno, Giovanni Agnelli decide di costruire a Marina di Massa il primo grande complesso architettonico, appositamente pensato per essere la sede di una colonia aziendale.

La torre realizzata è la fedele riproduzione dell’hotel Duchi d’Aosta di Sestriere. Tredici piani elicoidali e ogni camerata è progettata per ospitare una squadra di trenta bambini e una suora. La società spende 2.000.000 di lire per realizzare l’edificio. La colonia, gestita dalle mutue interne, entra in funzione nell’estate del 1933 ed è in grado di accogliere 1.500 figli di operai e impiegati, in due turni di un mese ciascuno. Nasceva così una vera e propria città dell’infanzia dalla complessa organizzazione, non priva di elementi militareschi, come le divise, le marce e gli alzabandiera.

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Nel 1939 viene creato un nuovo complesso a Torino, sulle rive del fiume Po. La struttura dispone di solarium, piscine, arenili e un orto sperimentale. L’organizzazione e la custodia dei più piccoli viene affidata alle suore dell’ordine di don Bosco. Nel dopoguerra e negli anni del Miracolo Economico le colonie continuano a funzionare a pieno ritmo e non mancano le curiosità. Negli anni Cinquanta, dopo la partenza in treno dei bambini, non c’era modo di sapere se il viaggio e l’arrivo in colonia erano andati bene. La Fiat il giorno successivo pubblicava sul quotidiano «La Stampa» un’inserzione molto breve in cui diceva che il viaggio si era svolto senza inconvenienti e che i bambini erano arrivati in colonia.

Negli anni Sessanta sono circa 6.000 i piccoli che partono per le colonie estive. Però, come ha osservato Piero Bairati, a partire dalla fine degli anni Sessanta l’idea delle colonie Fiat inizia ad andare in crisi. Il declino incomincia quando il modello culturale che le ha ispirate entra in conflitto con la sensibilità collettiva. Anche grazie alla motorizzazione di massa le famiglie aspirano a organizzarsi le vacanze in modo autonomo. Arrivano poi gli anni di lotta e nell’aria si respira il rifiuto della “divisa” e di uniformarsi al volere aziendale. La vacanza offerta dalla fabbrica diviene così oggetto di contestazione durante gli anni dei conflitti sociali. Nel frattempo, anche l’azienda cambia le sue politiche di welfare e così, con gli inizi del Duemila la Fiat smette di gestire direttamente le colonie, anche se continuerà ancora a erogare il servizio.

Il ricordo di quella esperienza rimane sempre vivo in generazioni di torinesi. La Torre a spirale, opera avveniristica dell’architetto Vittorio Bonadè Bottino, edificata sul litorale toscano per ospitare la colonia di Marina di Massa è oggi un villaggio turistico. Come ricorda il direttore Francesco Ferraro: «Ci capita spesso che villeggianti, ormai ultrasessantenni, ci chiedano di dare un’occhiata alla struttura perché sono stati qui in colonia. In questo luogo sono passati centinaia di migliaia di bambini».

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