I giorni che vanno dal 23 marzo al 1º aprile 1849 sono ricordati come “Le Dieci giornate di Brescia”. La città lombarda insorse contro gli austriaci oppressori e riuscì per 10 giorni a tener testa alle forze imperiali superiori per uomini e mezzi e comandate dal feldmaresciallo Julius Jacob von Haynau (1786-1853), che in quel frangente si meritò il soprannome di “Iena di Brescia”.
Questo militare tedesco – era nato a Kassel – fu uno dei più feroci e solerti esponenti della reazione asburgica contro le aspirazioni di libertà dei popoli oppressi dall’Aquila bicipite. A Brescia la sua soldataglia (per lo più croati, ma anche italiani arruolati dall’Impero) si distinse per esecuzioni sommarie, saccheggi e per la repressione successiva alla rioccupazione della città.
In Ungheria, dove la Iena di Brescia fu poi inviato a schiacciare la ribellione dei fieri magiari, lasciò una scia di sangue e per soprammercato ordinò alla sua sbirraglia di frustare le donne che avevano pacificamente manifestato contro la repressione asburgica.
Ora, qualche anno dopo, accadde che questo mandante di botte e manganellate su pacifici manifestanti pensava di poter impunemente fare il turista per l’Europa. Ma il Vecchio Continente d’allora non era quella gelatina informe e affogata nel suo eterno presente che è oggi. Allora, pure la teppaglia da osteria (o i punk da pub, se vogliamo usare anglicismi più appropriati visto il contesto) aveva una sua coscienza storica, modelli mitici o reali del passato a cui ispirarsi per darsi una bussola morale nel presente.
Così, quando la Iena di Brescia decise d’andare a fare delle vacanze a Londra, in un birrificio della capitale britannica – il Barclay & Perkins – fu riconosciuto dalle maestranze. Le quali, per solidarietà alla causa dei popoli oppressi dall’Austria e soprattutto oltraggiati dalla violenza con la quale aveva scatenato i suoi sbirri contro le donne ungheresi, decisero di rendergli pan per focaccia. Ecco come l’inarrivabile Chesterton descrisse la scena:
“Vollero comportarsi come emuli di Sir Lancillotto o Sir Galaad”. Facchini, uomini da pub, gente forse perfino analfabeta che aveva comunque come riferimento etico il mito dei cavalieri arturiani. Oggi un cippo ricorda “l’incidente internazionale” con cui sarcasticamente ci si riferisce alla santa mano di botte inferta alla Iena di Brescia.
La giustizia del popolo aveva così raggiunto e opportunamente castigato il bestiale oppressore asburgico, grazie soprattutto a due cose: la coscienza collettiva dei popoli europei, in quel periodo storico risvegliati da personaggi come Mazzini, Verdi e Hugo; la coscienza storica diffusa e tramandata di generazione in generazione, che aveva dotato perfino i più umili esponenti del popolo di esempi a cui ispirare la propria condotta quotidiana.
Considerando che oggi nessuno ricorda le gloriose giornate di Milano e Genova, l’insurrezione italiana contro il servaggio venuto d’oltralpe e i governicchi sub-nazionali al soldo dell’oppressore, vanno tratte amare conclusioni su quanto la lezione della “Primavera dei Popoli” sia stata appresa dalla sbirraglia e dalle iene che la comandano, sotto ogni bandiera e padrone: per meglio opprimere un popolo occorre far dimenticare chi è, da dove viene, quali sono stati i grandi personaggi del suo passato che – se fossero ricordati – gli comanderebbero d’alzare la schiena e combattere per la libertà e la dignità.
Ogni riferimento a fatti, cose o persone attuali è puramente casuale.