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DDay: Rommel, dai diari di Ernst Jünger alla storia ucronica

Il controverso David Irving, nel suo La Pista della Volpe (Mondadori) che, nonostante il passare tempo, resta tra le più esaustive biografie del grande comandante tedesco, racconta che Rommel – il 22 Aprile 1944 – parlando con il suo aiutante di campo – il capitano Helmuth Lang – avrebbe detto: «le prime 24 ore dell’invasione saranno decisive. Il destino della Germania dipenderà da questo; per gli Alleati, come per la Germania, sarà il giorno più lungo».

Di Salvatore Santangelo da Gepolitica.info del 6 giugno 2020

Per tutto l’anno precedente, l’Alto comando tedesco (OKW) era stato impegnato in un serrato dibattito strategico sul come difendersi: Rommel – alla testa del Gruppo d’Armate B, precedentemente utilizzato per l’occupazione dell’Italia, e poi responsabile della difesa delle coste francesi – riteneva che ogni movimento offensivo sarebbe stato impossibile a causa della supremazia area del nemico e che quindi le divisioni panzer dovessero essere schierate a ridosso della spiaggia per contrattaccare tempestivamente.

Al contrario, il suo diretto superiore Von Rundstedt pensava che – a causa della soverchiante potenza di fuoco della flotta alleata (proprio l’intervento dell’artiglieria navale era stato determinante per spezzare lo slancio dei contrattacchi tedeschi in Sicilia, Salerno e Anzio) – il grosso delle unità mobili dovesse essere tenuta in riserva per intercettare le truppe nemiche mentre si spingevano nell’entroterra. Hitler optò per una soluzione intermedia e quindi nessuna delle due poté essere applicata nella sua forma pura (e quindi giudicata).

Sul tema chiosa anche lo specialista della Guerra Civile Americana – Raimondo Luraghi – che analizzando la strategia attuata dal generale Lee il quale, prima di prendere il comando dell’Armata della Virginia Settentrionalesi era occupato delle difese costiere della Confederazione trovando, a detta del grande storico piemontese, una soluzione «semplice e geniale. Una grande linea fortificata» costruita «non presso il mare, ma parecchi chilometri all’interno, completamente al di fuori dalla portata delle artiglierie navali. Così Lee dimostrava di aver compreso il grave problema della lotta contro un nemico che possiede il dominio del mare, e di aver intuito quello che sfuggì allo Stato Maggiore germanico, in Normandia, nel 1944: che cioè una difesa che pretenda di schiacciare il nemico sulla spiaggia (quando questi possieda il dominio del mare) è destinata al fallimento. Ci vollero poche settimane agli Alleati per sfondare – nel giugno/luglio ’44 – il Vallo Atlantico; mentre la linea messa in piedi da Lee lungo le coste della Carolina Meridionale e della Georgia resistette per quattro anni e cadde solo quando fu presa alle spalle da un esercito superiore, proveniente dall’entroterra».

Traccia di questo dibattito si trova anche nelle pagine del diario parigino di Ernst Jünger: Irradiazioni (Guanda).

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Jünger ebbe accesso a tre figure chiave dell’entourage di Rommel. Tra queste, l’allora vice-ammiraglio Friedrich Oskar Ruge, consigliere navale del Feldmaresciallo con il compito di supervisionare – dal novembre del 1943 – le difese costiere della Francia settentrionale, autore di Rommel in Normandia e di una magistrale riflessione sul rapporto tra strategia e politica (pubblicato in Italia dalla Sansoni) e – nel dopoguerra – tra gli artefici della rinascita della Marina da guerra tedesca in qualità di supervisore generale, infine consulente del film il Giorno più lungo del 1962.

Nei diari si evince poi lo stretto legame con il generale Hans Speidel (citato ben 34 volte) che nell’aprile del ’44 fu a capo dello Stato maggiore del Gruppo d’Armate B (comandato proprio da Rommel e di cui mantenne la guida anche quando subentrò Günther von Kluge).

Speidel viene descritto da Jünger come il leader di un circolo illuminato di militari e rappresenterà, per l’autore, una sorta di ala protettrice.

Il generale – nazionalista tedesco ma oppositore del nazismo – fu infatti parte di quel gruppo ristretto di ufficiali che organizzò l’Operazione Valchiria – il fallito attentato a Hitler del 20 luglio 1944 – e fu tra i pochissimi a sopravvivere alla repressione che ne seguì.

Dopo la guerra, Speidel tenne per qualche tempo l’incarico di professore di Storia moderna presso l’università di Tubinga e nel 1950 pubblicò il libro Invasion 1944: Rommel and the Normandy Campaign.

Fu quindi coinvolto nella creazione e nello sviluppo del rinato Esercito tedesco, la Bundeswehr, ove proseguì sino al massimo del grado la sua carriera di ufficiale.

In particolare, nell’aprile del 1957 fu nominato Comandante in Capo delle forze di terra dell’Alleanza Atlantica in Europa centrale, primo tedesco a ricoprire un incarico di tale prestigio e responsabilità durante la Guerra Fredda.

Un altro personaggio interessante, fu Clemens conte di Podewils, (corrispondente di Jünger dai tempi della Prima Guerra Mondiale; è citato in Irradiazioni ben 12 volte) che si occupava all’epoca di propaganda presso la Stato Maggiore.

Scrive Jünger: «il conte Podewils ha accompagnato il Maresciallo Rommel in un giro d’ispezione lungo la costa atlantica. Nel desiderio di vedere possibilmente tutti i combattenti prima dell’azione c’è qualcosa di antico. Il Maresciallo vuole combattere per difendere la costa: “Il nemico deve essere annientato sull’acqua”. A questo è collegato il fatto che egli ammassa le riserve».

In Irradiazioni è così descritto il 6 giugno: «A Parigi si è diffusa la notizia e ha sorpreso molti, e in particolare anche Rommel, che ieri è mancato a Laroche-Guyon (sede del comando tedesco – ndr), poiché è partito per la Germania per festeggiare il compleanno della moglie. Una stonatura per l’ouverture di una così grande battaglia».

Altre note degne di interesse ci parlano del fatto che ogni possibilità di pace fosse preclusa dalla presenza di Knìebolo/Hitler («finché egli sarà in grado di agire, formerà il mastice a ogni coalizione diretta contro la Germania»).

Jünger era certamente a conoscenza del Complotto ma è pessimista sui suoi esiti («il corpo non si guarisce durante la crisi, ma solamente curando l’insieme; non solo l’organo malato»).

Comunque al naufragio del tentativo attribuisce un ruolo determinante al ferimento di Rommel, infatti – per Jünger – l’incidente accaduto al Maresciallo il 17 luglio avrebbe spezzato «l’ultimo pilastro sul quale sarebbe stato possibile fondare una simile impresa».

Ma la storia poteva andare diversamente?

Conosciamo la passione degli anglosassoni per l’Ucronia (detta anche Storia alternativa, cioè quella forma di narrativa che tratta di mondi in cui il flusso storico si è differenziato da quello comunemente conosciuto, sostituendo eventi realmente accaduti con altri ipoteticamente possibili).

Disaster at D-day: The Germans Defeat the Allies, june 1944 è il titolo di un volume scritto da Peter Tsouras che ritiene (a differenza di Luraghi) che il pronto impiego delle riserve corazzate già dal 7 giugno avrebbe compromesso lo Sbarco: Rommel può efficacemente coordinare l’azione perché è al fronte (la moglie aveva rinviato la sua festa di compleanno).

Subito dopo la seconda espulsione degli angloamericani dal Continente europeo, proprio lo Stato Maggiore del Maresciallo riesce a portare a termine l’attentato ai danni di Hitler (il famoso «mastice»).

Rommel diventa così Cancelliere, riuscendo a condurre in porto le trattative di pace e a porre fine anticipatamente alla tragedia del Secondo Conflitto Mondiale. La Pace è anche il titolo di un libro di Jünger che la Volpe del Deserto aveva letto e che è considerato il manifesto programmatico del Complotto del 20 luglio.

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