di Fabio Figara per Storia in Rete
Il vento soffiava impetuoso tra i fili d’erba sottile e umida. Il cielo plumbeo, che non di rado ingrigiva i cieli della Britannia, era scosso da ogni colpo di lancia o di spada vibrato. Il clangore delle armi, lo scalpitio dei cavalli e le urla che si intrecciavano erano tali che potevano udirsi fino alla vicina Londinium, un importante e ricco agglomerato urbano che circondava l’unico porto della provincia romana. Gli Iceni, un popolo stanziato in un territorio oggi compreso all’incirca tra le contee di Norfolk e Suffolk, avevano deciso l’attacco a Camulodunum (Colchester): era necessario tentare il tutto per tutto per liberarsi dagli invasori romani. Indomita, sulla sua biga, con i capelli ramati scompigliati dal vento, Budicca (Boudicca), la regina degli Iceni, aveva i lineamenti duri delle donne britanniche, lo sguardo malinconico ma deciso di chi ha sofferto molte prove nella vita, dovendo sempre lottare, e in cerca di vendetta. Lo storico Dione Cassio, che scrive più di cento anni dopo questi fatti, la descrive anche alta, con aspetto fiero, vestita di tunica e mantello, che incita i suoi guerrieri brandendo una lancia. L’odio di Budicca e del suo popolo affondava nella tormentata storia della conquista romana della Britannia, che fino al 60 d. C. (anno della rivolta) aveva visto una lenta ma costante espansione a motivo delle risorse minerarie.
Prasutago, re degli Iceni e marito di Budicca, valutando l’impossibilità di respingere ormai un esercito ben organizzato, si era legato a Roma con un rapporto di clientela. Tant’è che, con la speranza di poter garantire un futuro al proprio popolo e alla propria famiglia, aveva nominato l’imperatore suo erede diretto al pari delle sue due figlie. Questo per tentare di evitare che la politica romana diventasse più aggressiva. Alla morte di Prasutago, nel 59, i Romani decisero invece di aggredire la tribù degli Iceni per incorporarne il territorio nella provincia e controllare così tutta l’attuale Anglia orientale. Le figlie di Budicca furono brutalmente violentate; la regina stessa, catturata, venne fustigata e umiliata; i notabili della tribù strappati alle loro terre, e i parenti del re ridotti come schiavi. È lo storico Tacito a fornirci informazioni sull’attacco, probabilmente tramite fonti di prima mano, incolpando procuratore, soldati e coloni romani che, con la loro avidità e violenza, avevano scatenato la successiva rivolta.
Lo stupro usato come arma di aggressione e di sottomissione, purtroppo, non era certo una tattica nuova, e ancora oggi continua ad essere utilizzato come vera e propria strategia di guerra, per umiliare l’avversario, eliminare etnie e diffondere malattie: lo abbiamo purtroppo visto, negli ultimi decenni, in Congo, in Liberia, in Ciad, in Darfur, in Bosnia, in Cecenia, in Kirghizistan, in Afghanistan, in Messico, ad Haiti e, oggi, in Ucraina e nel conflitto israelo-palestinese.
Ma appena ebbe l’opportunità, Budicca decise di rialzare la testa, anche per timore che la sudditanza diretta con Roma potesse peggiorare ulteriormente la situazione del popolo: incitò così gli Iceni alla guerra, cercando il supporto di altre tribù e stipulando accordi segreti. Approfittò del fatto che Camulodunum non era ancora difesa da mura e fossati, aveva poche centinaia di soldati a difenderla – confidando negli accordi di non belligeranza tra Roma e le varie tribù locali – e dell’apparente incapacità dei comandanti romani di riuscire a rispondere ad un attacco a sorpresa: la piccola città venne così rasa al suolo. Inutile l’invio di truppe da Londinium e l’intervento di una parte della legione IX Hispana da Lindum (Lincoln). Dopo toccò a Verulamium (St. Albans). L’attacco dei ribelli fu portato con una violenza atroce: furono trucidate decine di migliaia di persone (70.000 secondo Tacito, 80.000 secondo Dione), in particolare tra i Britanni che non volevano aderire alla rivolta.
La guerra rischiava di allargarsi. Gaio Svetonio Paolino, console e legato imperiale per la Britannia in quell’anno, capì che urgeva una soluzione per salvare almeno Londinium. Congiunse la legione XIV Gemina e i distaccamenti della XX Valeria Victrix, riuscendo ad ottenere un esercito di 10.000 uomini, con il quale andò incontro ai ribelli. La battaglia decisiva, in una località ancora sconosciuta, nonostante l’inferiorità numerica, vide la vittoria dei Romani, forti della maggiore organizzazione e disciplina militare. Budicca preferì suicidarsi e nel volgere di breve tempo i restanti rivoltosi furono uccisi, e i territori lentamente riconquistati.
Nel corso dei secoli la figura di Budicca (conosciuta anche come Boadicea in epoca vittoriana) è stata riscoperta, con fortune alterne, principalmente come simbolo di autonomia, di resistenza e di forza della Gran Bretagna: una sua statua campeggia nel cuore di Londra, e c’è chi non ha tralasciato un paragone azzardato tra la Brexit (contro l’UE) e la rivolta della regina degli Iceni.