L’Armenia fu il primo stato al mondo, nel 301 dopo Cristo, a proclamare il Cristianesimo religione di stato. Dall’Armenia partirono missionari verso l’Italia. Arrivarono a Roma e a Napoli: Via San Gregorio Armeno, nel centro storico napoletano, ne testimonia il ricordo. A Venezia vi è la piccola, ma magica isola di San Lazzaro degli Armeni, dove si trova il Monastero dei monaci Armeni dell’Ordine dei Mekhitaristi, che si installarono nel 1717. San Lazzaro degli Armeni è uno scrigno di inestimabile valore, sopravvissuto alle soppressioni monastiche di epoca napoleonica, anzi, proprio là, vennero messi al sicuro libri e documenti della Serenissima, nelle situazioni di emergenza. Fra le meraviglie vi sono le tele del Tiepolo, una statua del Canova ed una mummia egizia.
E’ forse questa antichissima tradizione e fortissima identità ad aver rappresentato una condanna per il popolo armeno? Popolo che, nonostante le tragedie, non si è mai piegato, ma ha continuato a custodire, anche sotto il giogo sovietico, tutta la sua storia e cultura. Ancora oggi, a Jerevan, capitale dell’Armenia,la domenica, quando vengono celebrate le funzioni, secondo il Rito Cristiano Apostolico Armeno, i fedeli si affollano sul sagrato, tanto le chiese sono affollate. Il rito è molto lungo e deliziato, in alcuni casi, da meravigliosi canti in armeno antico.
Non è solo il fatto di essere cristiani, in quella parte del mondo, ad aver rappresentato una sorta di condanna, ma anche la raffinatezza degli intellettuali, l’abilità commerciale, l’importanza dei ruoli ricoperti. Molti furono, nell’Impero Ottomano, brillanti professori universitari. Non per nulla ,quando iniziarono le persecuzioni, furono proprio gli intellettuali i primi a finire nel mirino. Sicuramente altro aspetto che non può essere dimenticato nella ricostruzione storica è la storica alleanza fra Armeni ed Impero zarista, in quanto entrambi di matrice cristiana, in un periodo di grandi sconvolgimenti in Europa e non solo in Europa.
Non per nulla il 34° Sultano dell’Impero Ottomano, Abdul Hamid II, che aveva fiutato il colossale affare per i campi petroliferi di Mosul, venne spodestato dai Giovani Turchi, ufficialmente laici e progressisti, che si ispiravano alla mazziniana Giovane Italia. Quindi ieri il petrolio, oggi il gas rappresentano gli obbiettivi di una guerra spietata, senza esclusione di colpi, che corre da decenni parallela alle guerre ufficiali. (Sul tema, per la comprensione di tutta la situazione in Medio Oriente e non solo, è illuminante il libro “La guerra segreta per il petrolio” di Anton Zischka, edito da Bompiani nel 1936). Altro parallelo storico è l’applicazione della “cultura della cancellazione”. Infatti nella moderna Turchia venne abolita la lingua osmanli, cosa che rende difficile la ricerca ed interpretazione dei documenti.
Furono proprio, in particolare, due esponenti dell’elite dei Giovani Turchi, Enver Pasha e Taalat Pasha, i peggiori e più spietati persecutori degli Armeni. Enver Pasha era di origine albanese e dichiarò, senza mezzi termini, che l’Impero Ottomano andava ” ripulito” dagli Armeni e da tutte le altre minoranze cristiane, come i Greci e gli Assiri. Egli si dichiarò ,davanti all’Ambasciatore americano Henry Morghentau, pienamente responsabile di tali persecuzioni. L’altro responsabile fu Taalat Pasha, che poi venne ucciso a Berlino, il 15 marzo del 1921, da Soghomon Tehlirian, nell’ambito dell’Operazione Nemesis, dal nome della Dea greca della punizione divina, con la quale la Federazione Rivoluzionaria Armena giustiziò funzionari ottomani ed azeri artefici del genocidio. Vi fu la testimonianza di Armin Theophil Wegner, della sua bella figura parlerò in seguito, che spiegò che quando Celal Bey, Vali di Aleppo, ovvero governatore della provincia di Aleppo, scrisse a Taalat Pasha, Ministro dell’Interno del Governo dei Giovani Turchi, chiedendo cosa dovesse fare riguardo le centinaia di migliaia di Armeni che arrivavano in città. Si vide rispondere, in modo sintetico ed agghiacciante: “La loro destinazione è il nulla!”. (vedi “I disobbedienti” di Pietro Kuciukian, Edizioni Guerini e Associati, pag. 167). Sia Enver Pasha che Taalat erano massoni. Taalat dal 1903 fu membro della Loggia di Salonicco “Macedonia Risorta”. Peraltro da Salonicco arrivava anche Mustafa Kemal Ataturk, il padre della moderna Turchia. Di umili origini, aveva studiato alla scuola rabbinica di Salonicco.
A volte il Genocidio Armeno – che viene ricordato ogni anno il 24 aprile con l’espressione di “Metz Yeghern”, cioé il Grande Male, che, con modalità tragiche causò fra 1.500.000 e 2.000.000 di vittime, viene interpretato come una persecuzione di un governo islamico nei confronti di una minoranza cristiana. Non è così perché ieri come oggi c’è chi butta olio sul fuoco, affinché il mondo islamico vada in rotta di collisione con il mondo cristiano. Goethe diceva: “vi sono avidi e scaltri che sanno sempre trarre vantaggio dal disordine”. In quel caso, ha osservato Fayez-El -Ghossein, “il governo laico dei Giovani Turchi, poi alcuni di loro erano fintamente laici, strumentalizzò l’Islam in funzione di un’ideologia totalitaria” (vedi “Il beduino misericordioso” Ed. Guerini e Associati – pag. 117).
Come di consuetudine, per confondere le acque vennero messe in scena macabre rappresentazioni, ovvero i “taroccamenti della realtà”. Ad esempio in occasione di un massacro di Armeni, i cadaveri vennero travestiti da Curdi, per far credere che erano stati gli Armeni ad aver massacrato i Curdi. Invece, purtroppo, i Curdi sono stati il braccio armato e selvaggio, utilizzato per massacrare gli Armeni. (pag. 81 del libro di Ghosseini).
Disumane, tragiche, raccapriccianti furono le modalità di persecuzione. A parte le famose marce forzate, durante le quali, morirono a centinaia di migliaia, erano stati ingaggiati macellai professionisti che sgozzavano le vittime, messe in fila. Quindi prima di raggiungere la morte, vi era anche la macabra visione delle vittime precedenti. Le donne venivano violentate ,anche quando erano già agonizzanti e prima assistevano alle torture inflitte a mariti, figli e fratelli. In altri casi ,donne e bambini venivano legati assieme e gettati in profondi precipizi, con modalità che ricordano la tragedia delle foibe italiane. Precedentemente, nel corso del XX secolo, una così disgustosa mattanza venne già perpetrata durante il terrore rosso, durante la Rivoluzione Bolscevica. Comunque i fiumi Tigri e l’Eufrate erano colmi di cadaveri galleggianti degli Armeni brutalmente assassinati. I massacri si estesero anche ai Caldei, ai Protestanti ed ai Siriaci. Vennero anche ingaggiati i famosi “Cetè”, criminali fatti uscire dalle galere per perfezionare l’atroce macchina di distruzione.
Nel 1915 il conte Wolff Metternich, ambasciatore tedesco presso la Sublime Porta, a Costantinopoli, perorò, in modo talmente energico, la causa degli Armeni presso il Governo a Berlino, accusando esplicitamente i Giovani Turchi, che provocò l’immediata reazione di Enver Pasha e Taalat Pasha, che chiesero ed ottennero la sua sostituzione.
La notevole documentazione fotografica di testimonianza del Genocidio fu realizzata da Armin Wegner, un ufficiale tedesco, di stanza presso l’Impero Ottomano. Wegner sicuramente può essere annoverato fra i grandi eroi duri e puri, che sanno rischiare per perseguire alti ideali. La sua notevole sensibilità non lo fece nemmeno esitare quando scrisse una lettera a Mussolini, in difesa della sua compagna, Irene Kowaliska, polacca di padre ebreo, alle prese con le leggi razziali fasciste. Wegner prese carta e penna e scrisse a Benito Mussolini : “Onorevole Maestro e Fuhrer, il sottoscritto, uno scrittore tedesco e fedele amico dell’Italia fascista, come pure della propria patria…”. Passò poi a perorare la causa della giova artista e sua compagna e chiuse la lettera così: “Pieno di ammirazione per il grande Fuhrer dell’Italia Le invio questa mia richiesta con grande onore e saluti tedeschi ed italiani fascisti” (vedi l’articolo di Gian Antonio Stella su Sette, supplemento del Corriere della Sera del 5/6/2016). Salvò così la vita della ragazza. Un uomo di grande coraggio.
In realtà, in molti casi, la popolazione turca cercò di proteggere gli Armeni. Negli aiuti si distinsero i Sufi, che rappresentavano e rappresentano uno dei rami spiritualmente più elevati dell’Islam. Al contrario, Israele non ha sempre mostrato grande sensibilità nei confronti della tragedia armena. Rimangono come scolpite nel marmo le parole di Shimon Peres, che fu presidente di Israele, dal 2007 2014, liquidò l’argomento con “semplici chiacchere” e definì “insignificante” il bilancio armeno della strage (vedi The Indipendent del 18/4/2001 – Robert Fisk – Peres Stands Accused over Denial of “Meaningless Armenian Holocaust”).
Un tribunale francese ha condannato Bernard Lewis,orientalista inglese di origine ebraica e creatore del concetto dello ” scontro di civiltà”,per aver negato il Genocidio Armeno (Norman Finkelstein, ” L’Industria dell’Olocausto” Edizioni Bur,pag.93).
Anche Elia Wiesel, tra i massimi testimoni dell’Olocausto Ebraico, non fu tenero con gli Armeni. Si ritirò, insieme al Rabbino Arthur Hertzberg, da un convegno internazionale sul genocidio, perché i suoi organizzatori, resistendo alle insistenze del governo israeliano, avevano incluso alcune sessioni dedicate al caso armeno (vedi pag. 94 del già citato libro di Finkelstein, professore alla De Paul University di Chicago ed alla New York University e figlio di ebrei sopravvissuti al campo di Maidnek; nel maggio del 2008 gli venne negato l’ingresso in Israele). Si sa l’esclusiva del dolore è qualcosa di intoccabile, per cui la tragedia armena deve necessariamente essere in secondo piano. Per questo l’accorato appello di Giulio Meotti, come quello di un moderno Anatole France, dal titolo “l rumore sordo della testa mozzata di un armeno” del 12aprile 2023… di sordo ha solo il rumore di sottofondo di una dimenticanza, perché dopo aver esibito una commovente partecipazione alla attuale persecuzione etnica perpetrata, dall’Azerbajian, nei confronti di 120mila armeni chiusi da mesi, senza viveri né medicinali, nel corridoio di Lachin, una striscia di terra che collega il Nagorno Karabakh all’Armenia, dimentica in scioltezza che Israele è il primo fornitore di armi all’Azerbajian, come coraggiosamente sottolineato dal quotidiano israeliano Haaretz. Per questo motivo l’Armenia ritirò il suo ambasciatore in Israele. Israele ha impeccabili rapporti con l’Azerbajian, perché ottiene in cambio petrolio ed un accesso di monitoraggio all’Iran, che, sempre secondo Haaretz, viene utilizzato dal Mossad. Secondo una stima dell’Istituto Internazionale di Ricerche sulla Pace di Stoccolma, fra il 2006 ed il 2019, Israele ha fornito all’Azerbajian, un totale di 825 milioni di dollari di forniture militari.
Già il 27 febbraio del 1988 vi fu un vero e proprio pogrom nella città azera di Sumgait, seguito poi da quello di Kirovabad. Poi dal 12 al 19 gennaio del 1990 toccò agli Armeni di Baku, quelli che non erano ancora scappati, come racconta Pietro Kuciukian, console onorario della Repubblica Armena in Italia, e figlio di sopravvissuti al Genocidio.
Va anche ricordato che Recep Tayyip Erdogan, allora primo ministro ed oggi presidente della Turchia, ha, con un colpo di reni, infranto un tabù quasi secolare ,esprimendo le condoglianze ai nipoti e discendenti del popolo che fu vittima dello sterminio. Fu un passo di grande importanza. “Mai nessun capo di governo turco o leader politico di primo piano della Repubblica Turca aveva usato parole così chiare sul sistematico massacro degli Armeni”. (Vedi Corriere della Sera del 24/4/2014,articolo di Antonio Ferrari).
A 128 anni dall’inizio delle persecuzioni nei confronti degli Armeni, oggi si rinnova tragicamente la pulizia etnica nei loro confronti, infatti il tribunale dell’Aja ha recentemente convocato l’Azerbajian ed ha aperto un fascicolo per “pulizia etnica contro gli Armeni”. Ma la maggior parte della stampa tace, perché molti sono gli interessi legati al gas azero. Del resto i diritti umani sono, molto spesso, come una pistola nella fondina, che viene sfoderata solo quando vi è un interesse economico o strategico/geopolitico, ciò è validamente dimostrato dall’indifferenza nel caso della tragedia in Ruanda.
L’unico modo per posizionare nella giusta luce il Genocidio Armeno è considerarlo come una lacerante ferita per un miliardo e 350 milioni di cristiani nel mondo, considerato che in quel piccolo ed orgoglioso paese affondano le nostre radici.
(Dagli anni Novanta le Edizioni Guerrini e Associati si sono impegnate nella pubblicazioni di libri dedicati alla storia armena ed alla storia del genocidio. Fra questi: Pietro Kuciukian “Dispersi. Viaggio fra le comunità armene nel mondo”; Donald F. Miller e Lorna Touryan Miller “Survivors. Il genocidio degli armeni raccontato da chi era allora bambino”; Dadrian Vahakn “Storia del genocidio armeno. Conflitti nazionali dai balcani al caucaso”. Da non dimenticare il libro di Claude Mutafian “Metz Yegherern – Breve storia del genocidio degli armeni”; “Il beduino misericordioso” di Fayez El Ghosseini e l’interessantissimo “I disobbedienti – Viaggio fra i giusti ottomani del genocidio armeno” di Pietro Kuciukian).