Egoista, maniacodepressiva, cocainomane, narcisista, madre fredda e distaccata. A tre mesi dal 175° anniversario della nascita (il prossimo 24 dicembre) l’Austria fa i conti con forse la più iconica e celebre figura del suo glorioso passato, l’imperatrice Sissi, Elisabeth amatissima moglie di Francesco Giuseppe, vittima di un anarchico italiano nel 1898 – immortalata da monumenti, libri e soprattutto dall’indimenticabile interpretazione di Romy Schneider nella trilogia di Ernst Maritschka. Nella Vienna ormai da quasi un secolo repubblicana storici e giornalisti hanno iniziato a stracciare il mito patinato e un po’ kitsch della dolce, romantica e sognante imperatrice “prigioniera” della Corte asburgica, a costo di assestare un duro colpo a una fiorente industria fatta di milioni di gadget e milioni di visitatori dei celebri appartamenti imperiali. Proprio in questi giorni campeggia nelle edicole dell’ex capitale asburgica una copertina dedicata dal settimanale “Profil” all’imperatrice con il titolo “La vera Sissi”.
di Giovanni Maria Del Re da Avvenire del 12 settembre 2012
Sono due donne le storiche che maggiormente stanno mettendo in crisi il quadro ereditato dal passato: Brigitte Hamann, nota per le sue biografie di celebri figure regnanti del passato (e la prima a studiare le poesie tardive dell’imperatrice ritrovate in Svizzera nel 1981), e Katrin Unterreiner, la maggiore esperta della storia asburgica in Austria. «Quel che più mi irrita – dice quest’ultima a “Profil” – è l’immagine della prigioniera costretta a vegetare nella gabbia dorata della Corte. Un cliché alimentato anche dalla stessa Elisabeth con le sue poesie. Non risponde affatto alla realtà. Non appena “consegnato” l’erede al trono (il principe Rodolfo ndr), rifiutò il ruolo assegnatole e cominciò a fare quel che voleva. Non fu mai oppressa o costretta a fare rappresentanza. Era una egoista senza limiti e tutt’altro che una vittima». Gli storici adducono a riprova che in 40 anni passò appena sei anni – in totale – alla Corte. Per il resto, spesso adducendo a scusa questioni di salute con le relative cure all’estero, viaggiò per l’Europa, da Madeira a Corfù, dalla Svizzera alla Costa Azzurra, al centro termale tedesco di Bad Kissingen.
Anche l’immagine della madre affettuosa che dovette “combattere” contro la suocera Sofia è tutt’altro che corretta. «Fu sempre una madre lontana», afferma Brigitte Hamann. Nel 1860, quando Rodolfo ha poco più di un anno, la Kaiserin cade in depressione e sparisce per quasi 12 mesi a Madeira. «Elisabeth era ormai così estranea al bambino – spiega Unterreiner – che il piccolo scoppiò a piangere quando la madre gli si presentò davanti al suo ritorno. Per lei i figli non erano affatto un motivo sufficiente per restare a corte». La suocera si trovò insomma costretta a fare da madre supplente.
Le fonti storiche descrivono Sissi come fanatica dello sport e del movimento, una buona forchetta ma al tempo stesso ossessionata da quale cibo mangiare e dalle sue possibili conseguenze. Sullo sfondo, uno sfrenato narcisismo. «Adora la sua bellezza come un pagano i suoi idoli e si inginocchia di fronte a lei» scrive con disprezzo nel suo diario la nipote Marie Larisch. Non voleva invecchiare, tanto l’imperatrice rifiutò di farsi dipingere o fotografare dopo i 32 anni di età, per conservare la propria immagine di straordinaria, giovane bellezza.
Soprattutto, però, in età matura divenne una donna sempre più in preda alle depressioni che si “curava” con la cocaina (a quei tempi considerata una medicina). Depressioni che emergono nelle poesie ritrovate in Svizzera (datate 1885-1888). «Più ancora di quelli giovanili – commenta Hamann – questi versi tardivi sono un lamento lagnoso e la testimonianza di ipersensibilità e autocommiserazione». Sissi cede allo spiritismo, crede di essere in contatto ultraterreno con il poeta Heinrich Heine e con l’antico re francese Luigi II. «Mi vengono i brividi – scrive nel suo diario la dama di Corte Marie Festetics – a vedere questa bell’anima sprofondare nell’egoismo e nei deliri».
Sfatato anche il mito dell’imperatrice fervida di idee politiche. «Se si esclude – dice ancora Brigitte Hamann – il suo impegno per l’Ungheria nel 1867, Elisabeth non fu mai una personalità politica. Non era una “madre della patria”, evitava qualsiasi compito sociale o pubblico previsto per i membri femminili e della Corte». Almeno, non tradì il marito Francesco Giuseppe. Secondo le storiche il leggendario amore per l’ex ribelle ungherese Gyula Andrassy – al contrario di quanto lascia intendere il film di Maritscka – non fu mai più di una bella amicizia.
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