Spesso si legge che la battaglia di Adrianopoli, combattuta presso la città tracia di quel nome il nove agosto del 398 d.C. e che vide la sconfitta dei romani ad opera dei goti di Fritigerno e Genserico e la morte dell’imperatore Valente, fu uno degli eventi che segnarono la fine dell’impero romano. Su un sito internet si legge, in un italiano un po’ claudicante, che “la sconfitta causò uno dei motivi principali per cui l’impero romano si sfaldò”, altrove che fu “una battaglia che segnò per sempre le sorti dell’Impero Romano”.
Inutile riassumere dettagliatamente la battaglia: ricordiamo solo che l’esercito comitatense di Valente, dapprima vittorioso, venne sorpreso ed accerchiato dalla cavalleria gota, venendo annientato. Morirono l’imperatore e trentamila romani, oltre a circa settantacinquemila goti. Ma le cose stanno proprio così? Esiste davvero una correlazione temporale tra la sconfitta di Adrianopoli e la caduta dell’impero romano?
Nel IV secolo l’Impero romano, come tutti sanno, era diviso in due parti, l’Impero d’Occidente e quello d’Oriente (Pars Occidentalis e Pars Orientis). Valentiniano I, diventato Augusto nel 364, aveva affidato al fratello Valente l’autorità imperiale su Costantinopoli e la parte orientale dell’Impero, tenendo per sé quella occidentale con capitale Milano.
Adrianopoli, oggi la città turca di Edirne, si trova appunto nella Pars Orientis, mentre l’impero d’Occidente non venne coinvolto nella battaglia, così come non furono coinvolti i coaugusti d’Occidente Graziano e Valentiniano I: sicuramente con un avversario delle capacità dell’Augusto d’Occidente Fritigerno non avrebbe vinto.
La nostra percezione della storia romana è assai falsata già dal Medioevo, tendendo sempre e solo a porre attenzione alla Pars Occidentalis considerando solo la caduta dell’Impero d’Occidente con la deposizione di Romolo Augusto, per derisione Augustolo, nel 476, ovvero ben novantotto anni dopo la battaglia di Adrianopoli, ed a dimenticare che in realtà l’impero romano d’Oriente, troppo spesso liquidato con il termine bizantino o greco, durò, con la parentesi effimera dell’impero franco (1204- 1261) sino al 29 maggio 1453 quando Mehmet II Fathi conquistò Costantinopoli, e, unico tra i sovrani ottomani, riesumerà per sé i titoli di Cesare ed Augusto.
Ovviamente anche quando, dopo la morte di Giustiniano, venne adottato il greco come lingua ufficiale al posto del latino, i cosiddetti bizantini, continuarono a chiamarsi, ed ad esser chiamati Romani da arabi e turchi, da serbi e bulgari, da peceneghi e khazari, dai vichinghi di Rus e dagli slavi . Gli unici a non chiamarli così furono una popolazione di origine barbarica penetrata nell’impero d’Occidente nel V secolo e duramente sconfitta dai romani di Narsete e Giustiniano a Casilinum, i franchi, che avrebbero poi fondato un regno autodefinitosi pomposamente Sacro Romano Impero, cui venne poi aggiunto della Nazione Tedesca, e del quale Goethe disse come non fosse sacro, non fosse romano e non fosse neppure un impero.
La sconfitta pur bruciante di Adrianopoli non portò certo allo sfaldamento dell’Impero Romano d’Oriente, destinato a durare ancora più di mille anni, come troppo spesso si dice e si ripete, bensì alla riforma delle strutture militari romano- orientali, che vedranno generali come Belisario e Narsete riconquistare l’Africa, l’Italia e la Spagna. L’ultimo discendente di Valente sul trono imperiale fu Costantino XI Paleologo, che morirà nel 1453 combattendo eroicamente contro gli Ottomani. Millecinquantacinque anni dopo Adrianopoli. Millequattrocentoventi dopo che Ottaviano aveva accettato il titolo di Princeps.