Di ignoti tentativi di pace tedesco-sovietici, occorsi nel pieno del titanico scontro militare tra i due schieramenti, si era iniziato a parlare già dall’immediato dopoguerra. Progressive ricerche fornirono documentazione a quelle voci insistite e sempre meno fantasiose. Ma l’accertamento dei fatti non passò dal livello accademico a quello scolastico e divulgativo. Neanche dopo che noti volumi sulla seconda guerra mondiale, come quelli di Hilgruber e Liddell Hart, parlarono esplicitamente di contatti e addirittura di “incontri” tra delegazioni nemiche; e neanche dopo che la glasnost gorbacioviana consentì di confermare ciò che prima, da parte sovietica, era indicibile anzi inesistente. Le voci che, sulla base di dichiarazioni di Hitler e del Mussolini della Rsi, correvano circa una prossimo cambiamento di fronte a seguito della rottura politica tra l’Urss e gli alleati occidentali erano parto della disperazione dei prossimi vinti.
di Paolo Simoncelli da Avvenire del 31 marzo 2014
Ulteriore documentazione inedita, proveniente dagli archivi diplomatici della Rsi, continua però a richiamare l’attenzione su quegli incredibili scenari. Il nuovo documento di cui si parla ha delle caratteristiche particolari: è di fonte originaria spagnola, cioè di uno Stato neutrale (e da Madrid, tramite la locale ambasciata della Rsi, venne infatti inoltrato al ministro delle Forze armate, Rodolfo Graziani) ed è più tardo rispetto a quanto generalmente noto sui contatti russo-tedeschi: è cioè dell’agosto 1944, data che esclude che simili iniziative avessero per l’Urss il fine strumentale di premere sugli angloamericani per l’apertura del secondo fronte. Nell’agosto ’44 lo sbarco in Normandia c’era già stato e anzi le truppe alleate erano ormai in marcia su Parigi, raggiunta il 25. Bene, il 21 agosto dalla rappresentanza diplomatica della Rsi a Madrid veniva inoltrato con protocollo segreto un dispaccio avente a oggetto “Voci di pace separata fra Germania e Russia”. Il testo ricordava che il 15 agosto era «giunta allo Stato maggiore spagnolo una comunicazione telegrafica da Berlino, da quell’addetto militare spagnolo, secondo cui il giorno 14 c.m. sarebbe stato firmato un accordo a Varsavia fra Molotov e Ribbentrop per la cessazione della guerra fra Germania e Russia. In base a tale accordo, la Finlandia sarebbe rispettata nella sua integrità territoriale e nella sua indipendenza, mentre i Paesi baltici, la Polonia (frontiera 1914) ed i Dardanelli passerebbero sotto dominio russo. L’accordo verrebbe reso pubblico appena riconosciutane l’utilità da parte delle due potenze interessate».
La voce, per quanto fosse stata smentita dall’ambasciata tedesca a Madrid, non solo continuava a circolare, ma era «favorevolmente commentata dagli amici dell’Asse». La Spagna, è noto, non aveva la necessità vieppiù spasmodica che avevano i vertici politico-militari della Rsi di credere a ogni voce che potesse apparire all’improvviso a salvare una situazione disperata. Quella voce poteva avere infatti una logica militare volta a stabilizzare il fronte russo per opporsi rapidamente, col progettato “gancio sinistro”, al dilagare per la Francia delle truppe occidentali. Scelta strategica che Hitler aveva fatto propria a seguito della straordinaria azione di spionaggio (Operazione Cicero) che, tra l’altro, gli aveva fornito precise informazioni sui progetti politico-militari alleati discussi a Teheran dal 28 novembre al 2 dicembre 1943 personalmente da Stalin, Churchill e Roosevelt, con quest’ultimo costantemente timoroso di una sempre possibile intesa russo-tedesca. Oltretutto non era la prima volta che circolava la voce d’un nuovo incontro Molotov-Ribbentrop. Ma, attenzione: localizzarlo a Varsavia nell’agosto ’44, nel pieno dell’insurrezione polacca (stroncata solo ai primi di ottobre dalle truppe tedesche), non significava renderlo poco credibile, piuttosto farne un monito politico per gli alleati occidentali. Si aggiunga che la data è appena di un mese successiva al fallito attentato di Stauffenberg contro Hitler; e che Albert Speer nelle sue Memorie del Terzo Reich, nel capitolo dedicato appunto all’Operazione Valchiria, ricorda richieste «spropositate e inattuabili» di armamenti, avanzate da alti vertici militari per dimostrare l’impossibilità di rifornire l’esercito e indurre quindi Hitler a qualche trattativa.
Malgrado le speranze di pace separata con l’Urss che lo stesso Stauffenberg sognava, la terribile reazione nazista che si abbatté sull’aristocrazia politico-militare prussiana complice dell’attentato portò Hitler, ancora secondo Speer, a credere ora nella colpevolezza di Tuchacevskji e dello Stato maggiore sovietico, liquidato per intero a Mosca nel ’37 dopo un rapido processo politico; e a chiedersi se fra gli Stati maggiori russo e tedesco del tempo «non ci fosse stata un’intesa». Una sorta di nuovo patto Molotov-Ribbentrop, malgrado lo sfaldamento militare tedesco a Est, avrebbe potuto interpretarsi alla luce di queste nuove esigenze ideologiche. Le stesse, non a caso, in cui fino agli ultimissimi giorni di Salò avrebbe continuato a sperare Mussolini, che quel documento di fonte spagnola – come risulta da una nota manoscritta a margine – ovviamente ebbe in visione.
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