Quale immagine rimbalzerà da Dresda sui media internazionali il 14 febbraio? La domanda che si è posta la Frankfurter Allgemeine Zeitung, il giorno dopo il 66esimo anniversario del bombardamento che, alla fine della seconda guerra mondiale, annientò la città sassone può apparire un po’ naif. Il mondo, di questi tempi, è distratto da avvenimenti ben più avvincenti di un anniversario storico. L’Egitto e il mondo arabo alle prese con un’ondata rivoluzionaria che abbatte i regimi, per citare grandi temi globali. O l’Italia coinvolta in una crisi politica che porta nei teatri e nelle piazze manifestanti dai sentimenti opposti, per restare alle cose di casa nostra.
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di Pierluigi Mennitti da Lettera 43 del 14 febbraio 2011
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STORICI DIVISI SU DRESDA
La città trova poco spazio sui siti e sulle pagine dei quotidiani internazionali. Eppure, tra le guglie barocche dei palazzi restaurati di quella che viene chiamata la Firenze sull’Elba, si è disputata una delicata partita sulla memoria di quel bombardamento che ancora divide il giudizio degli storici.
«Con la posa di una corona in onore delle vittime dell’attacco aereo degli alleati si è aperta la cerimonia ufficiale, alla quale sono accorse centinaia di persone. Con loro i massimi rappresentanti istituzionali del Land della Sassonia e di Dresda, l’ambasciatore britannico in Germania, il responsabile del consiglio centrale ebraico, parlamentari di diversi partiti. In un commosso discorso pubblico, il sindaco Detlef Sittel (Cdu), ha invitato i suoi concittadini a opporsi al tentativo degli estremisti di sfruttare propagandisticamente il destino che si abbattè 66 anni fa sugli abitanti della città», ha scritto la Frankfurter.
Disinnescare il mito della strage
Il problema infatti è il seguente: da anni, e negli ultimi tempi con maggior baldanza, i gruppi dell’estrema destra neonazista cercano fortune politiche scavando nel dolore e nella memoria di questa tragedia, approfittando del fatto che la distanza temporale dagli avvenimenti del febbraio 1945 abbia sgombrato la discussione dal pudore per le responsabilità naziste nella guerra e avviato un confronto più sereno sulla scelta degli alleati di ridurre in macerie una città d’arte che non rappresentava un obiettivo militare fondamentale.
UN PREZZO TROPPO ALTO.
Una decisione che adesso viene considerata nella sua drammaticità anche da storici inglesi e statunitensi e che qualcuno paragona al lancio delle due bombe atomiche che costrinsero il Giappone alla resa: forse un prezzo troppo alto, un bombardamento evitabile.
Ma il perdono e la riconciliazione hanno sempre avuto la meglio su risentimenti e recriminazioni. La ricostruzione della Frauenkirche, la chiesa che nella notte fra il 13 e il 14 febbraio 1945 venne completamente rasa al suolo e le cui macerie rimasero per decenni il simbolo della tragedia, è stato un esempio della voglia di guardare avanti.
RIVISTA LA STIMA DELLE VITTIME.
Così come la revisione del computo delle vittime, realizzato da una commissione di storici attraverso nuove testimoniante vagliate scientificamente, ne ha ridimensionato il numero complessivo, riconducendo le stime alla loro verità storica e contribuendo a disinnescare il mito della strage su cui i neonazisti hanno montato un’aspra propaganda.
In piazza 17 mila cittadini
Si legge sulla Frankfurter: «Una catena umana ha cinto il centro storico, una sorta di vallo di difesa attorno a Dresda, per isolare i luoghi della memoria dall’annuale marcia annunciata dai gruppi estremistici, la cosiddetta marcia del dolore», una manifestazione con la quale i neonazisti accusano gli alleati di crimini di guerra, minimizzando le responsabilità di Adolf Hitler.
ROSE BIANCHE NEI TASCHINI.
Una catena formata da 17 mila persone, come ha riportato il quotidiano locale Sächsische Zeitung, raccontando la cronaca della giornata: «Tenendosi per mano, i cittadini hanno atteso i rintocchi del campanile per muoversi lungo il perimetro prefissato, tra i palazzi barocchi del centro storico, il ponte Augusto, il Rathaus. Lì si sono uniti il presidente della Regione Tillich e il ministro federale dell’Interno de Mazière, esponenti di prima fila del partito di Angela Merkel. Atmosfera composta e rose bianche nei taschini, in segno di tolleranza e contro gli slogan d’odio».
MANIFESTAZIONE SERENA.
Nessuno scontro fra i partecipanti alle due manifestazioni. Un imponente servizio di sicurezza della polizia ha contenuto la marcia dei neonazisti, radunatisi in poco più di un migliaio fuori dalla stazione centrale e poi sciamati per le strade del quartiere universitario: «Qualcuno ha cercato di rompere il cordone della polizia o di superare le barriere che erano state sistemate sul percorso, ma l’organizzazione delle forze dell’ordine ha fatto in modo che tutto filasse liscio, un buon risultato dopo i timori determinati dalla decisione del tribunale di autorizzare comunque la marcia neonazista», ha concluso la Sächsische Zeitung. Così, il giorno è trascorso evidenziando una volta di più i numeri del sentimento dei cittadini di Dresda e la marginalità politica delle forze estremiste. Una buona immagine, quella di Dresda, anche se il mondo faticherà ad accorgersene.
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Inserito su www.storiainrete.com il 16 febbraio 2011