di Katia Bernacci per Storia in Rete del 21 aprile 2025
Norma Jeane Mortenson, il vero nome della celeberrima Marilyn Monroe, nata nel 1926, è stata una attrice e modella statunitense ed è diventata una icona del cinema e della cultura pop del XX secolo, per la bellezza e il carisma, ma anche per il mistero che ha accompagnato la sua vita.
La madre della Monroe, Gladys Baker Mortenson, lavorava come montatrice di film presso la Consolidated Film Industries, ma soffriva di problemi mentali e fu ricoverata in un ospedale psichiatrico quando Marilyn era ancora molto giovane. Di conseguenza, Marilyn trascorse gran parte della sua infanzia in case-famiglia e orfanotrofi. Aveva sei anni quando la madre, prima di essere internata, decise di darla a una coppia che si occupava di bambini che erano allontanati, per denaro, da giovani madri che non erano in grado di occuparsi di loro.
Norma scrisse anche una biografia, dove raccontò che aveva pensato che i due fossero i suoi veri genitori, fino a quando non la informarono, senza alcun riguardo, che non era così. Alla madre naturale fu diagnosticata una schizofrenia paranoide, e a seguito della dichiarazione dell’incapacità di intendere e volere, la giovane Norma venne presa in carico dallo stato e un’amica della madre, Grace Mc Kee, archivista alla Columbia Picture, divenne sua tutrice. Fu questo il motivo per cui Norma sviluppò un forte amore nei confronti del cinema e di Hollywood. Quando però la donna si sposò, la ragazza continuò il via-vai tra una famiglia e l’altra, maltrattata e accusata di furti, trattata come un pacco postale che continuava un viaggio malsano tra gli affidi, fughe e ritorni.

A soli 16 anni, per evitare di tornare in orfanotrofio, sotto consiglio di Grace, Marilyn sposò James Dougherty, un vicino di casa di 21 anni. Durante la Seconda Guerra Mondiale, mentre suo marito era in servizio, Marilyn lavorò in una fabbrica impacchettando paracadute e poi come addetta alla verniciatura delle fusoliere degli aerei. Fu lì che un fotografo la notò e iniziò a scattare foto di lei per sollevare il morale delle truppe.
Fu grazie a queste foto che divenne inizialmente modella, per poi firmare un contratto cinematografico nel 1946 con la 20th Century Fox dopo aver fatto un provino, il matrimonio con Dougherty finì proprio in quell’anno.
Norma aveva vent’anni ma era determinata a riuscire in quel mondo. Non fu facile, dopo qualche mese venne licenziata, a quel tempo c’erano file di ragazze bellissime disposte a tutto pur di arrivare, e i loro ruoli consistevano in comparsate dove mostravano l’avvenenza e non certo la capacità attoriale. Dopo alcuni film con ruoli secondari e un cambio di azienda molto sofferto, finalmente nel 1950 arrivò il successo con “Giungla d’asfalto” e “Eva contro Eva”, nel 1953 “Gli uomini preferiscono le bionde” e nel 1959 “A qualcuno piace caldo”. Intanto Marilyn si era dedicata allo studio della recitazione e dizione, pianificando quella che sarebbe stata la sua vita lavorativa e non disdegnando l’amore: oltre a numerosi flirt, molti attribuiti dalle riviste di gossip, sposò per nove mesi il giocatore di baseball Joe Di Maggio, poi il drammaturgo Arthur Miller, che fu il suo terzo marito. Si sposarono nel 1956 e divorziarono nel 1961. Sembra che non ci siano prove della decantata relazione con John F. Kennedy e neppure di quella con il fratello Robert Kennedy. Disastrosa invece la relazione con Frank Sinatra, con il quale condivise l’insicurezza e l’insonnia. Nel 1961 infatti, anno in cui divorziò da Di Maggio e iniziò il rapporto con Sinatra, la Monroe aveva già numerose difficoltà legate all’alcolismo e all’abuso di sostanze, dipendenze che avevano probabilmente scatenato i problemi di salute mentale latenti che già avevano afflitto la madre. Da questo momento in poi l’attrice attraversò momenti drammatici, spesso malata, sofferente, non si recava sul lavoro e venne quindi licenziata dalla 20th Century Fox, (che nel frattempo aveva ripreso l’attrice, vedendo che era amata dagli spettatori) per poi essere reintegrata a seguito di una causa: tutte le persone che aveva amato continuavano a lasciarla, Di Maggio si era risposato, Sinatra si era messo con una ballerina. Marilyn si era recata diverse volte in alcune cliniche, presumibilmente per la disintossicazione, e nonostante il successo professionale, la spirale di follia che l’avvolgeva continuava a peggiorare.
Morì poco tempo dopo: il 5 agosto 1962 a Los Angeles, a causa di un’overdose di barbiturici, in circostanze mai del tutto chiarite. Il suo corpo venne trovato dallo psicologo che la seguiva, Ralph Greenson. Aveva 36 anni.
Tralasciando le numerose ipotesi fatte sulla morte, che in alcuni casi riguardano persino eventuali assassinii per storie di mafia o di vendetta e concentrandoci invece sulle ormai palesi problematiche mentali dell’attrice, possiamo cercare di leggere quanto presumibilmente è accaduto dalle parole di Michael Schneider, che nel libro “Marilyn, dernières séances”, ricostruisce il crescendo di manifestazioni isteriche di Marilyn, che cercava, secondo lui, di sublimare le carenze affettive e i maltrattamenti dell’infanzia attraverso il sesso, non riuscendo a costruire rapporti affettivi per il terrore di essere abbandonata, che la faceva reagire con l’infedeltà. Già Ralph Greenson, lo psichiatra delle star, aveva annotato sul suo taccuino: “Si sente sessualmente insoddisfatta. Abbellire il suo corpo è per lei modo di acquisire una certa stabilità e dare un senso alla sua vita”. Il medico le somministrava il Penthotal, farmaco che veniva dato ai traumatizzati di guerra, la riceveva tutti i giorni e spesso Marilyn si fermava a casa sua, dove fece amicizia con la moglie e i figli di Greenson. Lo psichiatra cercava di farla guarire andando a colmare quelle che erano state le carenze della sua infanzia, ma non bastò. Presumibilmente, considerando che Marilyn aveva tentato più volte di togliersi la vita e in molte occasioni aveva manifestato comportamenti autolesionistici, quel giorno del 1962 decise lucidamente di suicidarsi.
Non era riuscita a superare le difficoltà della sua infanzia e neppure il grande successo e l’affetto dei numerosi fan non è riuscito a cambiare quella che era la sua convinzione di essere una donna inutile, che nessuno amava.