di GianCristiano Desiderio, dal Corriere della sera del 27 agosto 2023
Questa è la storia bella e impossibile di un intellettuale del Novecento innamorato di un filosofo del Settecento che in un solo libro anticipò tutti i libri del futuro, da Immanuel Kant a Georg Wilhelm Friedrich Hegel, da Benedetto Croce a Giovanni Gentile, a Isaiah Berlin e chissà a quant’altri mai.
Questa è la storia di Marcello Veneziani che per sopravvivere scrive per i giornali e per vivere scrive per sé e per i posteri: da tempo aveva in animo di dare alle stampe la sua storia d’amore e d’intelletto — intelletto d’amore — per Giambattista Vico (1668-1744), che senza esagerare definisce il più grande tra i grandi filosofi d’Italia nel libro in uscita martedì 29 agosto per Rizzoli e intitolato, nel rispetto del genio, dello stupore e di Napoli, Vico dei miracoli. Vita tormentata del più grande pensatore italiano. Perché — se ci pensate bene — dov’altro poteva nascere un ingegno potente come quello del sommo Giambattista e dove poteva essere concepita un’opera come La scienza nuova, che contiene il senso della storia umana, se non a Spaccanapoli?
Così Marcello Veneziani, innamorato pazzo di Vico, si è messo sulle sue tracce ed è andato personalmente sui luoghi della sua vita pensante, a San Biagio dei Librai e a Vatolla, a San Domenico Maggiore e, appunto, a Vico dei Miracoli che è un luogo famoso di Napoli, in origine un fosso serpentino scavato nel tufo della Montagnola, che prende il nome dalla Chiesa di Santa Maria dei Miracoli e dall’annesso convento di Santa Maria della Provvidenza. Nel libro di Veneziani la case e la chiese di Napoli, le vie e i vicoli, i santi e i diavoli, le suore, le donne di carità e le figlie di buona donna si confondono con i casi e i corsi e ricorsi della vita, certo tormentata assai, di Giambattista Vico fino a fare della cifra del suo genio, che mise insieme il verum e il factum, filosofia e filologia, Omero e Dante, fantasia e ragione, diritto e forza, uomini, bestie e dèi, l’apice di un pensiero italiano rinato nel Rinascimento, agitato e controverso nell’età dei Lumi e dei cartesiani e culminato nel Risorgimento con la nascita di una nazione una e libera.
Possibile? Possibile. Anche se tutto è avvenuto e, forse, continua ad accadere a nostra insaputa e, purtroppo, a insaputa di Vico che dei suoi miracoli intuì la fortuna postuma ma, ahimè, non ne ebbe il meritatissimo riconoscimento (se non molto tardi e ad opera di quello che, tutto sommato, è il suo fratello spirituale: Benedetto Croce che tanto s’identificò col suo fratello maggiore da prender casa dove lui fece lezione, a Palazzo Filomarino).
Vico dei miracoli lo si consiglia a tutti e agli stessi napoletani che nei confronti del loro massimo filosofo hanno un debito di riconoscenza. Marcello Veneziani nello scrivere vita, morte e miracoli di Vico ha subito un processo di identificazione, a tal punto da parlare, pensare e scrivere in napoletano. Il testo è costellato di espressioni idiomatiche, ma non è questione di stile o di parlata; piuttosto, Veneziani, sposando soprattutto l’interpretazione di Vico come pensatore metafisico e mediterraneo, cattolico e «provvidenziale» pensa come se fosse lui stesso colui che disse: «Gli uomini dapprima sentono senz’avvertire, dappoi avvertiscono con animo perturbato e commosso, finalmente riflettono con mente pura». Ma non è un’eccezione, è la regola. Perché il pensiero di Vico davvero è miracoloso: ha il potere di cambiare il modo di pensare e di vedere il mondo di chi lo intende.
Non è un modo di dire, accade davvero. Ad esempio: Berlin ha raccontato che il libro che gli cambiò la vita fu La filosofia di Giambattista Vico di Croce: «Uno shock. Fu il primo filosofo che concepì l’idea della pluralità delle culture»: il che significa che il suo pensiero è in sé anti-totalitario. Fu colui che vide i limiti del sapere scientifico. Fu colui che creò l’estetica (e l’antropologia, la sociologia, la mitologia). Fu colui che vide nella storia la «scienza nuova» perché «questo mondo civile egli certamente è stato fatto dagli uomini, onde se ne possono, perché se ne debbono, ritruovare i principi dentro le modificazioni della nostra medesima mente umana».
Jules Michelet diceva che La scienza nuova è un «pandemonio». Sicuramente con Vico aumenta la capacità umana di auto-comprensione. Veneziani, sulla scia di Fausto Nicolini, ne ha raccontato la vita e il pensiero dei miracoli.
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