La Cassazione, in sede civile, ha condannato lo Stato a risarcire i familiari delle vittime della strage di Ustica per non aver garantito, con sufficienti controlli dei radar civili e militari, la sicurezza dei cieli. La sentenza sottolinea come la strage sia avvenuta a causa di un missile e non di una esplosione interna al Dc9 Itavia con 81 persone a bordo. E’ la prima verità su Ustica dopo il nulla di fatto dei processi penali.
da del 28 gennaio 2013
ACCOLTA LA TESI DEL MISSILE – Secondo i giudici della Cassazione civile, la tesi del missile è “abbondantemente e congruamente motivata”. Questa tesi fu accolta dalla Corte di Appello di Palermo che ritenne legittime le prime richieste di risarcimento contro lo Stato presentate dai familiari di tre vittime della strage. La Cassazione conferma anche che il controllo dei radar sui cieli italiani non era adeguato. La sentenza è storica perché afferma che il velivolo fu abbattuto in seguito ad uno scontro tra jet militari.
IL DC9 ATTRAVERSO’ UN CORRIDOIO MILITARE – La Corte Suprema ha così confermato una sentenza civile emessa dal Tribunale di Palermo nel settembre 2011, che ha condannato lo Stato al pagamento di oltre 100 milioni di euro ai familiari delle vittime per non aver garantito la sicurezza del volo. Secondo la sentenza l’aereo civile fu abbattuto o da un missile o cadde in seguito a una “quasi collisione” con un caccia militare. Nella sentenza del 2011, il giudice di Palermo, Paola Proto Pisani, scrisse che c’erano le prove che l’incidente fu provocato da due caccia che viaggiavano paralleli al Dc9 inseguendo un velivolo che si era nascosto nella scia dell’aereo di linea. L’aereo sarebbe precipitato per un missile partito da uno dei due velivoli militari che credevano di colpire l’altro mezzo, oppure da una collisione tra quel mezzo e il Dc9 dell’Itavia. L’aereo civile, la sera del 27 giugno 1980 in volo da Bologna a Palermo, attraversò dunque un corridoio di guerra e per questa ragione cadde in mare, all’altezza dell’Isola di Ustica. Abbattuto in seguito ad uno scontro tra aerei militari. E la responsabilità di tutto questo va ricondotta allo Stato italiano, in particolare al ministero dei Trasporti e quello della Difesa. La Cassazione ha respinto i ricorsi dei due ministeri che sono stati condannati per non aver protetto le vite dei passeggeri e dell’equipaggio e per una serie di depistaggi che hanno impedito ai familiari di apprendere la verità. In precedenza, l’unico procedimento giudiziario conclusosi con sentenza definitiva in Italia sul caso era quello che aveva assolto due generali dell’Aeronautica accusati dai magistrati di aver compiuto depistaggi sulla vicenda.
SICILIA PARTE CIVILE – Il presidente della regione Sicilia, Rosario Crocetta, ha annunciato di aver già contattato l’avvocatura dello Stato per la costituzione di parte civile della Regione e l’avvio di un procedimento per rafforzare la richiesta di risarcimento dei danni a favore delle famiglie delle vittime.
DUE PISTE – Il 27 giugno 1980, l’aereo di linea Douglas DC-9 della compagnia aerea italiana Itavia, decollato dall’Aeroporto di Bologna, improvvisamente si squarciò in volo e si inabissò in mare provocando la morte delle 81 persone a bordo. Due le piste principali seguite sulle cause della tragedia: la presenza di altri velivoli(francese, libico e Usa) che avrebbero provocato l’incidente; e l’attentato terroristico. Nel 2007 l’ex presidente della Repubblica Cossiga, all’epoca della strage presidente del Consiglio, parlò di un missile francese che avrebbe abbattuto l’aereo su cui sarebbe trovato il dittatore libico Muhammar Gheddafi.
QUELLA NOTTE MINUTO PER MINUTO – Il Dc-9 I-Tigi Itavia, in volo da Bologna a Palermo con il nominativo radio IH870, scomparve dagli schermi del radar del centro di controllo aereo di Roma alle 20.59 e 45 secondi del 27 giugno 1980. L’aereo era precipitato nel mar Tirreno, in acque internazionali, tra le isole di Ponza e Ustica. All’alba del 28 giugno vennero trovati i primi corpi delle 81 vittime (77 passeggeri, tra cui 11 bambini, e quattro membri dell’equipaggio). Il volo IH870 era partito dall’ aeroporto “Guglielmo Marconi” di Borgo Panigale in ritardo, alle 20.08 anzicHè alle previste 18.30 di quel venerdì sera, ed era atteso allo scalo siciliano di Punta Raisi alle 21.13. Alle 20.56 il comandante Domenico Gatti aveva comunicato il suo prossimo arrivo parlando con “Roma Controllo”. Il volo procedeva regolarmente a una quota di circa 7.500 metri senza irregolarità segnalate dal pilota. L’aereo, oltre che di Ciampino (Roma), era nel raggio d’azione di due radar della difesa aerea: Licola (vicino Napoli) e Marsala. Alle 21.21 il centro di Marsala avvertì del mancato arrivo a Palermo dell’aereo il centro operazioni della Difesa aerea di Martinafranca. Un minuto dopo il Rescue Coordination Centre di Martinafranca diede avvio alle operazioni di soccorso, allertando i vari centri dell’aeronautica, della marina militare e delle forze Usa. Alle 21.55 decollarono i primi elicotteri per le ricerche. Furono anche dirottati, nella probabile zona di caduta, navi passeggeri e pescherecci. Alle 7.05 del 28 giugno vennero avvistati i resti del DC 9. Le operazioni di ricerca proseguirono fino al 30 giugno, vennero recuperati i corpi di 39 degli 81 passeggeri, il cono di coda dell’aereo, vari relitti e alcuni bagagli delle vittime.
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Inserito su www.storiainrete.com il 29 gennaio 2013