«Con Tito si stava meglio», afferma convinto Igor Pacpalj, uno studente di 17 anni, bustina partigiana in testa e stella rossa d’ordinanza. Il 4 maggio 1980, quando il maresciallo Josip Broz Tito lasciò questo mondo, non era ancora nato. A trent’anni dalla scomparsa del padre-padrone della Jugoslavia la Tito-nostalgia torna alla ribalta. Il giovane studente, come tanti nell’ex Jugoslavia, ha voluto commemorare, martedì scorso, la scomparsa del dittatore socialista. Trasmissioni televisive, convegni e tavole rotonde si sono svolti in tutte le sei ex Repubbliche jugoslave oggi indipendenti.
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di Fausto Biloslavo da
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L’aspetto più incredibile è stato il pellegrinaggio a Kumrovec, il paese croato dove c’è la sua casa natia, e a Belgrado dove Tito è sepolto. I nostalgici si sono riuniti prima al museo della storia jugoslava per poi recarsi alla Casa dei fiori, un piccolo mausoleo bianco dove le spoglie del maresciallo riposano. Il sepolcro di Tito è stato visitato fino a oggi da 20 milioni di persone. Ben 73mila gli hanno portato omaggio solo nel 2009.
Per non parlare della mitica staffetta per fargli gli auguri, organizzata dai giovani pionieri del socialismo, che faceva il giro del Paese il 25 maggio, compleanno del dittatore. La tradizione della staffetta viene tenuta in vita ancora oggi, da gruppi di nostalgici bikers.
Tito si è macchiato di crimini come le foibe, dove furono trucidati migliaia di italiani. E costrinse all’esodo oltre 200mila nostri connazionali. Secondo alcuni storici ha massacrato 150mila persone del suo stesso popolo. Non solo chi aveva combattuto contro i partigiani, ma pure le loro famiglie e i monarchici anticomunisti. Fino al 1980 ha governato con il partito unico e quando scoppiavano proteste a Zagabria o in Kosovo, spediva subito i carri armati. Non a caso dieci anni dopo la morte il suo «regno» si è frantumato in una serie di guerre sanguinose.
A Belgrado sono andati a ruba i ricordini di Tito, dalle sue foto famose in divisa bianca smagliante, alla bustina con la stella rossa dei partigiani. Vanno forte anche le magliette con il faccione di Tito e le immagini del maresciallo al fianco di Winston Churchill o del presidente americano Gerald Ford.
Con l’obiettivo di cavalcare l’onda il nipote di Tito, che si chiama Josip Broz, sta raccogliendo le diecimila firme necessarie per ricostituire il Partito comunista. «La nostalgia per Tito è in continua crescita – spiega il parente del defunto leader – a causa delle difficili condizioni di vita non solo in Serbia ma anche nel resto dell’ex Federativa».
Il fondatore del movimento partigiano è stato ricordato ufficialmente da Lubiana a Skopje, da Zagabria a Sarajevo, da Belgrado a Podgorica. Non tutti, però, amano chi si è sporcato le mani con il sangue dei suoi compatrioti. I giovani del partito extraparlamentare Nova Slovenija si sono rivolti alla Corte costituzionale per cancellare il nome di Tito da vie e piazze in tutto il Paese.
Sembra assurdo, ma i nostalgici titini si annidano anche a Trieste. Nonostante l’occupazione dei partigiani del IX Corpus nel maggio 1945. Per 40 giorni sono andati a caccia di italiani da prelevare facendoli sparire per sempre. «Chiedo al Consiglio comunale di commemorare il maresciallo Tito a trent’anni dalla morte» ha scritto Iztok Furlanic, segretario provinciale di Rifondazione comunista. La proposta è stata cassata in maniera bipartisan. Categorico il no del centro destra, che ha parlato di «vergognosa e inquietante nostalgia».
Però il primo maggio, festa dei lavoratori, in piazza Unità d’Italia al centro di Trieste, si sono raccolti gli jugonostalgici con le bandiere italiane e la stella rossa in mezzo. Alcuni portavano la bustina dei partigiani titini. Francesco Clun e Andrea Sinico hanno fondato su Facebook un gruppo contro le bandiere rosse sul Carso. «Ogni anno – accusano -, con la scusa del Primo maggio, in realtà si ricorda l’occupazione di Trieste da parte dei partigiani di Tito».
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Inserito su www.storiainrete.com l’11 maggio 2010