L’assassinio di Rasputin (Grigori Yefimovich Rasputin, 1869-1916) commesso la notte tra il 16 e il 17 dicembre 1916 è sempre sembrato straordinario: prima fu avvelenato, poi gli spararono e alla fine venne gettato in un fiume ghiacciato da alcuni aristocratici russi timorosi della sua influenza sullo zar Nicola II e sulla zarina Alessandra. Ma è andata davvero così? Drammatiche nuove prove provenienti da documentazione inedita, diari, referti medico-legali e verbali dei servizi segreti indicano che la trama risulta più intricata di quanto finora creduto. Rasputin è probabilmente uno dei più noti ma meno compresi personaggi che presero parte agli eventi che alla fine portarono alla caduta del potere zarista in Russia: il suo presunto potere dietro il trono viene oscurato oggi, come lo fu allora, dalla dubbia fama della sua moralità e della sua vita privata. La nuova indagine di Andrew Cook sulla morte di Rasputin (“Uccidere Rasputin”, Settimo Sigillo, pp. 304, € 29,50) rivela quali furono veramente le menti dietro l’uccisione del cosiddetto “monaco pazzo”.
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