HomeBlogPer una storia degli italiani in Africa fuori dai cliché / 1

Ricostruzioni storiche ribelli

Per una storia degli italiani in Africa fuori dai cliché / 1

Quando mi è stato chiesto di preparare uno scritto sulla storia degli italiani in Africa e sulla storia del colonialismo italiano, la memoria è andata immediatamente al giornalista e memorialista Angelo Del Boca (23/5/1925 – 6/7/2021), che fu sicuramente un pioniere degli studi sulle imprese del Fascismo in Africa; così è stato definito dal Prof. Aldo Mola in un articolo sul Giornale Nuovo del 7/7/1921. Ancora una volta si è costretti a rilevare il riferimento al periodo fascista come elemento spartiacque, che serve a cristallizzare le categorie del Bene e del Male. Un approfondimento più neutrale suggerirebbe di approfondire semplicemente l’approccio italiano in Africa. Non ho evidenze rispetto a quanto Del Boca abbia avuto modo di viaggiare in Africa; so per certo però che volle incontrare il leader libico Gheddafi.

In prima battuta quello che ha sostenuto, ovvero che “gli italiani sono stati uguali ad inglesi, portoghesi, spagnoli, francesi ed a tutti coloro che hanno commesso grandi genocidi laddove sono andati a fare conquiste”, mi sembra si scontri con la realtà dei fatti. La mia, seppur non così vasta esperienza, di viaggi in Nord Africa, Kenya e Sud Africa testimonia proprio l’esatto contrario. Ovunque siamo accolti con simpatia e gentilezza. Non per nulla il volume di Del Boca, edito da Laterza, “Gli italiani in Africa” è stato applaudito, così come ferocemente attaccato. Se bisogna ammettere ad esempio il massacro dei monaci copti del Monastero di Debra Libanos (29 maggio 1937), avvenuto dopo l’attentato a Rodolfo Graziani, in seguito al quale gli estrassero dal corpo circa 360 schegge di granate, non può questo essere utilizzato per paragonare gli italiani a ciò che fecero altri europei in Africa, come la terrificante mattanza perpetrata da Re Leopoldo II del Belgio in Congo. Ai belgi vengono attribuite in quel paese circa 10 milioni di vittime. L’indiscutibile merito che va riconosciuto a Del Boca è quello di aver per primo denunciato l’uso dei gas durante la Guerra d’Etiopia del 1935,1936. Anche quel deprecabile fatto va comunque non certo giustificato, ma contestualizzato. I prigionieri italiani venivano spesso impalati e non solo;venivano ferocemente torturati e mutilati. Evidentimente tali modalità non sono “piaciute” negli alti ranghi dell’esercito italiano e qualcuno ha pensato di reagire in modo estremo. Sull’uso dei gas, Del Boca si scontrò con Montanelli, pur in buona fede, ma aveva ragione lui.

Lo speciale di “Storia In Rete” sul colonialismo italiano è disponibile in pdf (da scaricare subito) cliccando qui

Sembra che anche nella ricostruzione storica, l’Italia debba pagare ad oltranza il peccato originale del XX secolo, ovvero aver sfidato, durante la Seconda Guerra Mondiale, i poteri anglosassoni. L’approccio fortemente moralista, ed a volte disgiunto dalla effettiva contestualizzazione del periodo storico, da parte di alcuni giornalisti e scrittori, tradisce, spesso, anche la matrice ideologica degli stessi (ad esempio Del Boca fu iscritto al Partito Socialista d’Unità Proletaria). Libri come “Italiani brava gente?”, dal titolo volutamente provocatorio, sono vezzeggiati da coloro che, con volontà palesemente denigratoria, vogliono buttare nel fango quella “humanitas italiana”, di origine latina, che nasce da una storia di secoli e secoli di figli di quella meravigliosa “mater mediterranea”, che racchiude nel suo naturale Dna scambi con altre culture. Ad ogni modo l’arte della sottile denigrazione iniziò già con il libello, scritto da Lord Gladstone, contro il governo dei Borboni delle Due Sicilie.

E’ indiscutibile che i politici italiani della Prima Repubblica, perseguirono palesemente rapporti di buon vicinato con tutti i paesi del Nord Africa e del mondo arabo, prima di essere spazzati dalla furia devastatrice di “uno sgrammaticato Catone”, che, forse, aveva proprio ricevuto il compito di distruggere chi sapeva fare gli interessi italiani, per poi poter dare il via alla tragica mattanza delle privatizzazioni e far diventare l’amato stivale ulteriore terra di conquista per rapaci neo barbari. Spontaneo ricordare i nomi di Bettino Craxi, Aldo Moro, Giulio Andreotti quali i capofila dei politici italiani mossi da intelligenti progetti di buona intesa con quei paesi.

Mi chiedo se molti che amano parlare di Africa abbiano effettivamente viaggiato in quei paesi od almeno abbiano mai visto il film documentario di Gualtiero Jacopetti “Africa addio”, nel quale si evidenziano le tragedie dell’Apartheid in Sud Africa così come quella della feroce rivolta dei Mau Mau in Kenya. Senza dimenticare le imprese in Africa di mercenari come l’inglese Mike Ohare, detto anche Mike il Pazzo, o Jean Schramme con il suo Battaglione Leopard. Loro e quelli come loro furono gli attori del tentativo di arginare la decolonizzazione che, però, vide alcuni paesi europei buttati fuori dalla porta principale, rientrare dalla finestra, con un colonialismo economico, forse ancor più subdolo e devastante.

Inaugurazione a Bengasi dell’Istituto La Salle, dei Fratelli delle scuole cristiane

Ma se gli italiani in Africa sono stati uguali agli altri europei, perchè oggi in Eritrea ad Asmara sopravvivono serenamente le tracce di un apprezzato passato italiano. Ciò mi è stato recentemente confermato dalla viva voce di un’amica, Luisa Bianchi, ex avvocato di un importante studio legale internazionale, che da anni ha buttato la toga alle ortiche per viaggiare per il mondo. Fino ad oggi ha viaggiato in trenta paesi africani, per studiare usi e costumi delle popolazioni, in particolar modo quelle più tradizionali, ed è proprio tornata recentemente da un viaggio in Eritrea. In quel paese nel 1947 era stato fondato un partito politico, il New Eritrea Pro Italy Party, per promuovere l’indipendenza dell’ Eritrea, sotto la direzione dell’ Italia. Oggi esiste un solo partito politico, quello di governo, People’s Front for Democracy and Justice. Gli altri , una decina di partiti, sono tutti illegali. Esiste ancora l’Albergo Italia, costruito nel 1899, ristrutturato una ventina di anni fa, ed oggi il più elegante della capitale. In città si beve un espresso come a Napoli. Vi sono ancora il Cinema Impero, il bar Vittoria, Corso Italia e nelle piazze della città, ingentilite da rigogliose bouganville e profumate dai gelsomini, sopravvivono serenamente statue e busti di re Vittori Emanuele III e di Benito Mussolini. Insieme al piatto nazionale, uno stufao di carne, l’altro piatto più popolare sono gli spaghetti alla carbonara. Cose “un po’ anomale” in un paese, che secondo alcuni, avrebbe subito la feroce dominazione italiana. Invece gli eritrei conservano gratitudine verso gli italiani per aver costruito ottime strade, ancora oggi ben conservate, scuole, ospedali ed infrastrutture. Sono ancora funzionanti vecchie locomotive della Breda e della Fiat. Fino al 1975 è stato pubblicato un giornale in lingua italiana, il Corriere Eritreo.

A quanto risulta non particolarmente diversa è la situazione in Etiopia. Mio padre fu inviato nel 1938 in Tripolitania e Cireneaica come punizione per un pesante scherzo ai danni di un generale italiano e della consorte. Aveva inscenato una finta seduta spiritica, burlandosi della coppia e degli ospiti. In Africa entrò nei ranghi della Divisione Sirte. Dai suoi ricordi, oltre alla terribile escursione termica nel deserto, fra il giorno e la notte, si desumono ottimi rapporti con le popolazioni locali.

Anche se in Cirenaica non si può dimenticare il capo senussita della guerriglia, Omar-al-Muktar, che con i suoi tremila uomini, cercò di opporsi alla presenza italiana. Le truppe italiane erano, però composte, da molti eritrei, somali e collaborazionisti libici. Truppe coloniali italiane si distinsero nella Seconda Guerra Mondiale, fra questi 30 mila ascari libici ed i paracadutisti libici, detti “ascari del cielo”, che parteciparono all’attacco italiano all’Egitto nel settembre del 1940. Ma proprio per non incorrere nel consueto errore di molti, ovvero analizzare solo un passato storico recente, in particolare il Novecento, in un prossimo articolo andremo a ritroso, partendo dai primi contatti italiani in africa nel XIII e XIV secolo. (segue)

Nella foto in apertura dell’articolo: Italo Balbo in visita ai coloni, Misurata 1939 (Fotografia inedita di Vittorio Carlo Rossi)

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

- Advertisment -

DALLO STESSO AUTORE

ARTICOLI PIù LETTI