Tira una brutta aria per la storia nel nostro paese. Molto converge a determinare questo clima. Indicherò qui, assai schematicamente, tre fattori. In primo luogo per il senso comune la conoscenza storica è diventata marginale, per non dire addirittura inutile. In secondo luogo la storia negli ultimi anni sta perdendo progressivamente peso nei programmi scolastici. In terzo luogo tutte le discipline che hanno a che fare con la dimensione della storicità e i loro relativi insegnamenti stanno fortemente riducendosi nell’insegnamento universitario.
di Aurelio Musi dal blog LANOSTRASTORIA del 24 ottobre 2017
Gli organismi ministeriali e le strutture che dovrebbero tutelare tutta la conoscenza umanistica assecondano la direzione del vento, invece di contrastarla. Un ultimo esempio vale a ben documentare il processo in atto.
Il Consiglio Nazionale Universitario ha creato, fra le tante sue commissioni interne, una speciale per il patrimonio culturale. Dura in carica dal 27 settembre 2017 al 27 marzo 2018. I suoi compiti non sono irrilevanti. La commissione deve infatti suggerire analisi e proposte per la didattica, la formazione universitaria e postuniversitaria con particolare riferimento ai dottorati di ricerca. Ha negli ultimi giorni iniziato la discussione sulle figure professionali e l’offerta formativa dei corsi di studio attinenti al patrimonio culturale. Bene. Uno si aspetterebbe che almeno in questo settore venissero nominati esperti di discipline storiche. E’ fin troppo evidente che i beni culturali per la loro conoscenza, tutela, valorizzazione e fruizione non possano fare a meno della conoscenza storica. Macché! Tra i consiglieri nominati non ne figura nemmeno uno.
Il coordinatore, Guido Baldassarri, è un docente di letteratura italiana, il suo vicario, Piero Dellino, insegna geochimica e vulcanologia. A seguire un professore di geometria, Marco Abate, uno di scienze e tecnologia dei materiali, Stefano Acierno, Non mancano i giuristi, Carla Barbati e Rocco Giurato, il glottologo, Francesca Maria Dovetto, lo psicologo sociale, Chiara Berti. Altri componenti della commissione sono esperti di discipline che, almeno agli occhi del profano, hanno assai poco a che fare col patrimonio culturale: il microbiologo agrario Marco Gobbetti, la docente di ecologia ed ecotossicologia, Luciana Migliore, la docente di fisica nucleare, Francesca Monti, il docente di chimica organica, Alessandro Pezzello. Due componenti della commissione non presentano curriculum. L’unica disciplina che ha qualcosa a che vedere con i compiti specifici della commissione è quella di Restauro, rappresentata da Chiara Occelli.
Quale è l’idea di bene culturale che emerge da questa strana composizione? A voler essere ottimisti, è l’idea di un patrimonio da affidare integralmente nelle mani di esperti tecnico-scientifici che devono trasmettere l’immagine di un bene naturalisticamente e deterministicamente inteso, integrandolo così in competenze che escludono quasi totalmente la radice umanistica e storica di quel bene. A voler essere pessimisti, ma forse più realisti, il criterio scelto è più terra terra, per così dire: l’influenza di lobby e gruppi di pressione di area tecnico-scientifica interni al Consiglio Universitario Nazionale.
La conclusione ? Sia nella prima sia nella seconda ipotesi la storia per il CUN semplicemente non esiste!