Giuseppe D’Amato per “Il Messaggero” del 14 gennaio 2021
Hanno chiuso il fast food Stal’in, i nostalgici del vecchio regime sono furibondi ed hanno chiamato a raccolta i propri simpatizzanti a protestare pubblicamente per le strade.
La decisione delle autorità è stata francamente inattesa: nulla lasciava presagire un simile epilogo. «Non c’ erano questioni legali aperte», ha tentato di giustificarsi il proprietario del locale moscovita, Stanislav Voltman, che aveva messo sull’ insegna in bella mostra un ritratto del dittatore georgiano con i suoi leggendari baffi e con sotto la scritta Stal’ in Donner, il classico gioco di parole e di assonanze con quell’ apostrofo che nascondeva invero fini pubblicitari.
I PRODOTTI Il fast food è – o meglio era – specializzato in kebab e, a quanto si dice, la qualità dei prodotti era apprezzata dalla clientela, servita da camerieri vestiti con uniformi della polizia segreta dei tempi sovietici. Il menù era tutto un programma, con piatti dedicati a famosi capi comunisti, appunto Stalin, il capo delle famigerate forze di sicurezza Lavrentij Berija, il segretario del Partito Nikita Chrusciov e così via.
LE AUTORITÀ MUNICIPALI «È mancanza di rispetto verso la memoria delle vittime», hanno subito attaccato esponenti vicini a Memorial, una Ong attiva nella difesa dei diritti umani e specializzata in ricerche storiche. Quando sono iniziati i problemi, ha spiegato Voltman, la polizia lo aveva costretto a levare dall’ insegna il disegno con il ritratto di Stalin, ma poi sono intervenute le autorità municipali che con una pressione colossale, a suo dire, hanno determinato la chiusura del locale. Le disavventure del proprietario del controverso fast food non sono, però, finite qui: la polizia di quartiere lo ha portato al commissariato per approfondire meglio alcuni aspetti particolari della questione, dopo che alcuni abitanti avevano presentato pure una denuncia.
LA RIAPERTURA Voltman, tuttavia, non si arrende e programma di riaprire il suo fast food da qualche altra parte non appena riuscirà a trovare nuovo personale.
Due suoi camerieri lo hanno abbandonato dopo che sono iniziati i guai con la polizia. «Ci sono persone ha chiarito l’ oste che sono interessate al mio progetto, ma non tutti sotto quelle insegne».
Furono milioni le persone che finirono a lavorare nei gulag, i campi di concentramento, sotto Stalin. Soltanto nel 1937, stando ad alcuni studi, il Grande Terrore, provocò la morte di 700mila cittadini sovietici. Negli anni Novanta numerose furono le ricerche storiche e dagli archivi sono letteralmente usciti gli orrori. Col nuovo secolo, invece, vi è stato il tentativo di riabilitare gradualmente l’ immagine del padre dei popoli. Sono state messe in risalto la vittoria contro i nazisti nella Seconda guerra mondiale e la capacità di costruire una grande potenza, ponendo in secondo piano il prezzo per raggiungere tale obiettivo.
IL SONDAGGIO Un recente sondaggio asserisce che il 70% dei russi dà un parere positivo del ruolo di Stalin nella storia. «Il potere di questo Paese – ha evidenziato Jan Rachinskij, capo di Memorial, – evita di dare un giudizio chiaro sulle attività di quel regime criminale». Nel programma del 2011 per il mantenimento del ricordo delle vittime della repressione vi era il punto – poi dimenticato nella redazione finale del documento – in cui era vietato utilizzare i nomi degli organizzatori del terrore nelle insegne pubbliche. Voltman ha usato quella dimenticanza.
DIRITTI UMANI «Gli imprenditori dovrebbero pensarci un po’ di più. Quella è una trovata di marketing infelice», ha commentato Valerij Fadeev, capo del Consiglio per i diritti umani presso la Presidenza federale. Di parere opposto a quello di Memorial è il partito per la Verità dello scrittore ed attivista politico Zakhar Prilepin, già amico di Eduard Limonov, assai adirato per la chiusura del fast food stalinista. «Memorial afferma cose false e tenta di riscrivere la storia», ha sostenuto l’ intellettuale di estrema sinistra. La questione dello Stal’ in Donner, promettono i nostalgici, non finisce qui.