Solferino pubblica un libro-intervista al politologo fiorentino che analizza il percorso dal Msi ad An e Fdi
di Michele Salomone da Il Barbadillo del 10 luglio 2024
Non c’è dubbio che al successo di un libro-intervista concorrono più fattori. Certo è importante la caratura di chi deve rispondere alle domande – un vero e proprio fuoco di fila che è cosa ben diversa da un’intervista rilasciata ad un qualsiasi giornale – ma anche dell’interlocutore, ossia di chi pone le domande. È una convinzione che cominciò a radicarsi in noi anni or sono, quando avemmo modo di leggere la famosa «Intervista sull’antifascismo» (edita da Laterza nel 1976) che il noto studioso, leader e deputato comunista Giorgio Amendola rilasciò all’arguto Pietro Melograni. Un vero e proprio confronto a 360° che, rifuggendo dalle solite generalizzazioni per lo più a carattere sociologico, affrontò la problematica in discussione analiticamente, dal punto di vista culturale, storico e politico. Non fa eccezione il libro di recente pubblicazione, edito da Solferino, “Le tre età della fiamma” di Marco Tarchi con Antonio Carioti.
Gli studi, le riviste e i libri non conformisti
Tarchi, politologo e professore emerito dell’università di Firenze, direttore delle riviste «Diorama» e «Trasgressioni», da anni produce studi scientifico-accademici sulla storia della Destra italiana e non solo di questa. Noti sono i suoi «Cinquant’anni di nostalgia» (intervista di Antonio Carioti, Rizzoli, 1995) ed «Esuli in patria. I fascisti nell’Italia repubblicana» (Guanda, 1995).
Per quanto abbia avuto un trascorso militante nella gioventù missina interrotto oltre un quarantennio fa dopo aver avversato politicamente e satiricamente quella stagione con il capolavoro di ingegno satirico che fu “La Voce della Fogna»”, non da oggi il pensiero di Tarchi e le sue analisi, suscitano un’attenzione trasversale nazionale ed internazionale.
Quanto all’interlocutore di Tarchi, il giornalista Antonio Carioti non si limita a porre domande, ma dialoga con dovizia di particolari arrivando anche a confutare tesi ed argomentazioni, dimostrando di conoscere a fondo la storia della Fiamma. E teniamo conto che il percorso culturale, politico e giornalistico di Carioti è distinto e distante dalla Destra italiana visto che, prima di approdare al “Corriere della Sera”, ha cominciato a farsi le ossa sull’organo di stampa del Partito Repubblicano Italiano (Pri), “La Voce Repubblicana”.
Sottotitolato “La destra in Italia da Giorgio Almirante a Giorgia Meloni” il libro merita e’ di scorrevole lettura, profondamente analitico con un complessivo rilievo scientifico e pieno di dettagli e aneddoti sul postfascismo e sul melonismo.
Dal 1946
Dalla fine del Fascismo alla nascita del Msi, dal dualismo Almirante-Michelini al travagliato rapporto con i monarchici, dalle giornate sanguinose del luglio 1960 che estromisero la Fiamma dall’area di governo, alla contestazione del ’68, dalla Destra Nazionale all’alternativa al sistema passando per la scissione demonazionale del dicembre 1976, dall’eredità raccolta da Fini traghettata con l’avvento di Berlusconi nella svolta di Fuggi con la nascita di Alleanza Nazionale che ha avuto vita effimera e breve, la Fiamma ha attraversato varie epoche giungendo inaspettatamente indenne fino ai nostri giorni.
Non essendosi spenta anzi, avendo eletto per volontà popolare, per la prima volta nella Storia d’Italia una donna, per giunta di Destra, Presidente del Consiglio, logico e naturale che Tarchi, partendo dalle origini del MSI, desse compimento ai suoi studi trattando di Fratelli d’Italia.
Riconoscendo alcuni lavori in tema meritevoli di attenzione come “Fratelli di Giorgia. Il partito della destra nazional-conservatrice” (edito da Il Mulino), scritto da Rinaldo Vignati e Salvatore Vassallo, Marco Tarchi analizza compiutamente il fenomeno di Fratelli d’Italia, un partito che nel giro di un decennio è divenuto prima forza politica nazionale grazie al protagonismo della propria leader fatto di punti fermi, decisionismo miscelato ad un marcato populismo comunicativo. La crescita del progetto meloniano e’ ben fotografata dalla progressione nelle sfide europee: dal 3,67% del 2014al 6,4 % del 2019 per balzare al 28,8 % di quest’anno. Il tutto in un progetto di allargamento del consenso, rivolto ad una platea ben più ampia del Msi e di An,che rifugge le desuete ed inutili apologie,lontanissimo dal neofascismo, distante da postfascismo, con Fratelli d’Italia caratterizzato come «partito nazionalconservatore» ed «afascista». Afascista perché neutralizza quei tratti qualificanti ed originari dell’esperienza fusionista del Ventennio recuperando, sul versante a destra elementi che si rifanno alla tradizione nazionale.
Non tralasciando l’aspetto culturale, nel mettere in guardia la Meloni a non cadere nella trappola del moderatismo, Tarchi è dell’avviso che il conservatorismo di Fratelli d’Italia, in antitesi al progressismo, deve essere tale da «proporre ideali e stili di vita alternativi a quelli dominanti». La sfida è aperta in un contesto interno ed estero non certo agevole per la Destra di Giorgia Meloni.