di Emanuele Di Muro da DifesaOnline del 22 giugno 2022
Tra le questioni principali che si presentarono al tavolo del trattato di pace tra l’Italia e i Paesi Alleati, c’era la questione coloniale. Le operazioni militari della Seconda Guerra Mondiale avevano evidenziato l’importanza dei territori italiani, soprattutto la Libia, in un conflitto su vasta scala.
Londra poteva ottenere il totale controllo delle rotte attraverso il canale di Suez, preservando i propri interessi petroliferi in Medio Oriente, mediante la creazione di basi militari che potessero essere usate per intervenire nell’area europea e mediorientale nell’eventualità di una aggressione da parte dell’Unione Sovietica. Per attuare ciò occorreva dare una sistemazione ad essa favorevole dei possedimenti italiani.
Posizione della Gran Bretagna
La Gran Bretagna aveva come scopo principale quello di arginare l’accesso al Mediterraneo della Russia e rafforzare la stabilità interna e la sicurezza esterna dell’Impero.
Il dopoguerra si presentava difficile per Londra. Il grande impero iniziava a scricchiolare. Il conflitto aveva portato dei grossi problemi al sistema: da un lato la crisi in India, dall’altro quella dei rapporti con l’Egitto e nel Medio Oriente.
Con la fine della Seconda guerra mondiale dall’India alla Palestina si stavano scardinando tutti i punti chiave delle rotte dell’impero, una situazione critica alla quale si aggiungeva anche l’annosa questione delle ex colonie italiane in Africa.
I possedimenti del Belpaese nel continente tagliavano infatti le linee di comunicazione imperiali, esponendole di fatto a una possibile ingerenza da parte dell’Unione Sovietica.
Posizione dell’Unione Sovietica
Dall’altro lato l’URSS premeva per ottenere delle posizioni nel centro e nel Mediterraneo Orientale. Le sue richieste arrivavano a chiedere di potersi installare in Tripolitania e nelle isole del Dodecaneso per bilanciare le posizioni britanniche. Durante la guerra avevano persino chiesto al governo Badoglio, dopo averlo riconosciuto come legittimo, di poter installare delle basi sovietiche tra Bari e Brindisi.
I russi adducevano come motivo di aver contribuito pesantemente alla vittoria nella Seconda Guerra Mondiale, per questo chiedevano a pieno titolo un posto nei mari caldi.
La rivendicazione sovietica delle isole del Dodecaneso avrebbe agevolato il controllo del traffico verso gli stretti, consentendo anche di piazzare dei capisaldi nel controllo aereo-navale dell’area. Questo aspetto confermava quanto già proposto da Mosca a Yalta con la revisione della convenzione di Montreux sulla libera navigazione degli stretti del Bosforo e dei Dardanelli.
La Russia aveva il bisogno di assicurare una contiguità territoriale ai territori del suo blocco acquisiti con la guerra, proteggendo le sue frontiere sino all’ Adriatico attraverso la difesa in profondità attuata tramite le posizioni in nord Africa.
Il ruolo dei possedimenti italiani
Come anticipato, la Gran Bretagna fu la potenza più sensibile alla questione coloniale italiana. I motivi principali erano dovuti alla crisi del sistema imperiale e alla necessità di garantire la freedom of navigation tra il Mediterraneo e l’Oceano Indiano che le colonie italiane potevano minacciare.
I primi progetti di Londra per la sistemazione dei possedimenti italiani risalivano già all’occupazione del 1941 dell’Africa Orientale Italiana. Per questo nel Corno d’Africa, Londra ipotizzò la creazione di una Grande Somalia (mappa) che avrebbe dovuto riunire i territori popolati da genti somale (Somalia italiana, Somaliland Britannico, Somaliland francese o Gibuti, Ogaden – non ancora restituito all’Etiopia – e territori somali nel nord del Kenya).
Nel Mediterraneo l’obiettivo britannico era la Cirenaica, che nel corso del conflitto si era rivelata un’area strategica e importante per il controllo del traffico del Mediterraneo.
Mosca prese posizione sulla sistemazione delle colonie italiane durante la conferenza di Potsdam (17 luglio- 2 agosto 1945), dove Molotov avanzò il diritto sovietico di ottenere delle posizioni nel Mediterraneo. Sia Stalin che Molotov premevano affinché in tale conferenza fosse inserito l’ordine del giorno relativo alle colonie italiane, sostenendo la necessità di affidare in amministrazione fiduciaria quei territori, in conformità con la carta di San Francisco, in maniera congiunta ai vincitori del conflitto, specificando l’interesse russo per la Tripolitania.
Posizione degli Stati Uniti
Gli USA portarono sul tavolo della ristrutturazione post bellica la proposta di un trusteeship, ovvero un’amministrazione fiduciaria, che nelle intenzioni della carta di San Francisco del 1945, avrebbe dovuto sostituire il mandato internazionale, applicato dopo la Prima Guerra Mondiale dalla Società delle Nazioni. L’aspetto politico di questa proposta era quello di presentare gli USA come una potenza lontana dalle aspirazioni coloniali degli stati europei, ma soprattutto disinteressata ad una zona di storico controllo britannico. Lo scopo dichiarato dagli USA era quello di portare tutti i territori controllati da potenze straniere ad una autonomia amministrativa e all’indipendenza.
Strategicamente, grazie all’esperienza maturata durante le operazioni di sbarco in Sicilia nel 1943, anche gli USA avevano appreso l’importanza di avere delle posizioni in mezzo al Mediterraneo. La crescente crisi internazionale con l’Unione Sovietica, infatti, portò, il 21 gennaio 1948, gli USA a rimettere in funzione la base aerea militare presso Tripoli (foto). Nel Corno gli Stati Uniti spalleggiavano la politica del Negus nei confronti dell’Eritrea. Dal punto di vista territoriale gli USA ottennero la possibilità di stabilirsi in Etiopia con basi militari per evitare l’ingresso sovietico nell’area.
La firma del trattato di pace con l’Italia non risolse il problema, benchè all’Italia fu imposto di rinunciare alla sovranità sulle colonie. La cosiddetta Dottrina Truman non fece altro che complicare la situazione. Gli Stati Uniti cercavano di tutelare i propri interessi, soprattutto petroliferi, senza mai avanzare richieste territoriali, fedeli al loro formale anticolonialismo. Le principali nazioni vincitrici della Seconda Guerra Mondiale (USA, URSS, Regno Unito e Francia) non trovarono un accordo.
Tra il marzo 1947 e il settembre 1948, i ministri degli esteri e i loro sostituti tennero diversi incontri per cercare di risolvere la questione. Venne costituita una Commissione d’inchiesta, voluta anche dalla Lega Araba, volta a saggiare le intenzioni delle popolazioni.
Fu durante l’inchiesta della commissione che si verificarono i fatti noti come “Eccidio di Mogadiscio” dell’11 gennaio 1948 (foto).
Il 1948 fu importante anche per via delle elezioni politiche italiane, spostando lo scontro diplomatico negli affari interni di Roma. La vittoria della Democrazia Cristiana diede sollievo alle potenze occidentali che iniziarono a vedere un’Italia sempre più integrata nel sistema che una serie di iniziative diplomatiche e politiche andavano costituendo: colloqui per ingresso nel Patto di Bruxelles, Consiglio d’Europa, Patto Atlantico.
Il fallimento della Conferenza di Parigi dei Ministri degli esteri (13-15 settembre 1948) portò la questione coloniale italiana all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. In tale consesso iniziarono a delinearsi anche i blocchi dei paesi filo occidentali e quelli filo sovietici. Alle aspirazioni delle grandi potenze bisogna aggiungere quelle di potenze regionali come la Francia che sosteneva che l’Italia avesse dovuto riprendere il controllo dei suoi possedimenti – senza il Fezzan strategico per Parigi. Egitto e Turchia rivendicavano, rispettivamente, porzioni di Libia (oasi di Cufra e parte dell’Eritrea da unire al Sudan anglo-egiziano) e le antiche province ottomane sottratte con la guerra del 1911.
L’Italia, benché sconfitta, riteneva a pieno titolo di dover ritornare nelle proprie ex colonie come potenza fiduciaria. Ciò venne presentato attraverso dei memoranda dove si specificava lo scopo economico e demografico della presenza italiana in Africa e non strategico. Infatti, nei piani di difesa della marina italiana, le coste africane non vennero ritenute strategiche per la difesa della penisola, per questo scopo bastavano le isole di Linosa, Lampedusa e Pantelleria, una volta terminati i vicoli del trattato di pce.
La soluzione finale
La Gran Bretagna provò a guidare le decisioni dell’Assemblea nella sessione primaverile del 1949, attraverso l’accordo segreto Bevin-Sforza (ministri degli esteri di Gran Bretagna e Italia). Questo accordo prevedeva per la Libia una sparizione a tre, suddivisa in mandati su base geografica, tutti sottoposti alla supervisione del Trusteeship Council delle Nazioni unite. Il piano prevedeva la Cirenaica amministrata dalla Gran Bretagna, il Fezzan dalla Francia e la Tripolitania dall’Italia. A questa proposta si contrapponeva quella dell’ Unione Sovietica che ipotizzava la Libia divisa in tre amministrazioni mandatarie sotto controllo di Mosca, Londra e Parigi.
L’Italia iniziava a credere seriamente di poter tornare in Africa, sicura anche del buon lavoro di propaganda con i paesi sudamericani, ma vide fallire la proposta, così come la Gran Bretagna, sponsor principale dell’accordo. L’assemblea venne così aggiornata all’autunno del 1949. Il fallimento dell’accordo fece emergere per la prima volta il movimento della decolonizzazione, supportato dalla Lega Araba,da Paesi di recente affrancamento e dal blocco sovietico.
Con la risoluzione 289 del 21 novembre 1949, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite: assegnò la Somalia all’Italia in Amministrazione Fiduciaria Internazionale per dieci anni; dichiarò la Libia indipendente non più tardi del 1° gennaio 1952 e assegnò l’Eritrea federata all’Etiopia. La Libia venne sottoposta alla confraternita senussita, a lungo supportata dai britannici contro l’Italia, che proclamò Idris I re della Libia il 24 dicembre 1951. Il carattere della politica estera di Idris si dimostrò subito allineata alla Lega Araba dove entrò nel 1953. Verso l’occidente la politica libica fu molto aperta, fornendo persino alcune basi militari a USA e Gran Bretagna, mentre si mantenne defilata nei confronti dell’Unione Sovietica.
Si concludeva così la questione coloniale italiana che di fatto sanciva il tramonto dell’Impero Britannico a vantaggio di quello Informale statunitense.
Immagini: web / Library of Congress