di Massimiliano Tonelli da Gambero Rosso del 6 gennaio 2021
La vicenda dei presunti formati di pasta fascisti ‘lanciati’ dallo storico pastificio La Molisana di Campobasso dovrebbe quanto meno servire a farci riflettere. Dovrebbe farci pensare ulteriormente riguardo all’arma micidiale che abbiamo tra le mani quando adoperiamo i social network e delle conseguenze che può avere sul prossimo la nostra incontrollata aggressività digitale, il nostro bullismo internettiano e non ultima la nostra ignoranza e la crescente incapacità di approfondire e documentarci prima di esporci. I social, lo sentenziò senza appello Umberto Eco nel 2015, “hanno dato diritto di parola a legioni di imbecilli”, ma da questo cosa deriva? E come si può gestire affinché mieta meno vittime possibili l’esercito depensante di quelli che Enrico Mentana chiama ‘webeti’, ovvero rassicuranti dr. Jekyll che una volta aperti Facebook e Twitter si trasformano in feroci mr. Hyde dediti al più meschino cyberbullismo?
Vediamo cosa è successo. Nel troppo tempo messo a disposizione dalla zona rossa, qualcuno in astinenza da polemiche si aggira per il sito de La Molisana. Si tratta con ogni probabilità del fotografo Nicola Bertasi che pubblica questo post a mezzogiorno e mezzo del 4 gennaio. Bertasi vede sullo scaffale le Abissine della Molisana, si incuriosisce, fa una ricerca e giunge alle conclusioni che potete leggere qui. E decide di condividerle col mondo. Siamo agli albori del processo, ma la sentenza è già scritta: “Molisana fascista”.
Le ‘abissine’, presenti anche nei cataloghi di molti altri pastifici, sono uno dei tanti tipi di pasta nati nella prima metà del novecento e denominati in omaggio alla cronaca e all’attualità dell’epoca: nello specifico il nome richiama alla conquista dell’Abissinia (poi Etiopia) durante gli Anni Trenta, in pieno fascismo. La scheda-prodotto (come ogni scheda-prodotto sul sito di Molisana) racconta stringatamente storia e vicende del formato in questione, spiega la nascita ai tempi del colonialismo italiano, indica che lo stesso formato – visto il nome dal sapore troppo fascista – all’estero si chiamava diversamente. E infine dà suggerimenti su cottura e ricette. La storia dei formati di pasta è, appunto, storia. Di più: è parte del patrimonio culturale e industriale dell’identità italiana e delle sue aziende più riconosciute nel mondo. Alcuni formati di pasta dell’epoca vengono ancora utilizzati oggi e sono in catalogo presso vari pastifici: ci sono le tripoline che richiamano alla conquista della Tripolitania nel 1912 e ci sono le mafalde che omaggiano un importante membro della famiglia Savoia. Avere in catalogo tripoline e mafalde, tuttavia, non significa essere ne colonialisti ne nostalgici della monarchia (nessuno in decenni di Repubblica ci ha mai neppure pensato), significa solo continuare a produrre da cent’anni formati storici di pasta secca, che semmai vanno tutelati e protetti, non certo stigmatizzati. Allo stesso modo escludiamo che ogni pizzeria che ha in menu la “margherita” stia surrettiziamente facendo propaganda per Casa Savoia o sia nostalgica dei tempi del Regno.
La Molisana è fascista? I post sui social
Non la pensano allo stesso modo in molti, che nella mattinata del 4 gennaio continuano a condividere il post e a pubblicarne di nuovi associando in maniera forzata formati di pasta a ideologie estremiste del secolo scorso. Lo sciame è ancora ad uno stato relativamente embrionale di circolazione (sebbene oggi il post di Bertasi superi le mille condivisioni) ma fa probabilmente un salto di caratura quando è intercettato e rilanciato da Niccolò Vecchia il quale nel condividere con i suoi follower la schermata descrittiva delle Abissine scrive sul suo profilo Facebook una reprimenda contro l’azienda, la invita a scusarsi, minaccia pubblicamente di smettere di comprarla, chiede di cambiar nome ad un formato storico di pasta. Non è il solito post di odio ma un contenuto circostanziato, firmato da un noto giornalista gastronomico, che in qualche misura conferisce autorevolezza alla polemica che infatti da lì dopo pochissime ore rimbalza su Repubblica, su Ansa, su altri quotidiani e si ingigantisce nei social basandosi come vedremo su autentiche superstizioni e via via perdendo qualsiasi contenuto a vantaggio di puro distillato d’odio. Parte quello che tecnicamente si chiama ‘shitstorm’: una tempesta di merda. Missione unica? Azzannare la giugulare, tassativamente senza pensare. Ne esce fuori un caso da manuale.
L’azienda se lo meritava? Intendiamoci, il copy della scheda-prodotto è oggettivamente scritto in maniera scadente, ma al massimo di piccola gaffe stiamo parlando. Tuttavia basta questo e la suggestione priva di alcuna dimostrabilità del “pastificio fascista e colonialista” per scatenare l’ordalia. Poco importa il lavoro encomiabile su filiera corta e grano che – pur essendo un pastificio industriale – Molisana sta portando avanti; poco importa che praticamente tutti (!) i grandi pastifici italiani scherzino nelle sezioni storiche dei propri siti su quei nomi bizzarri imposti dal regime o scelti all’epoca per compiacerlo (nelle immagini giusto qui sotto abbiamo messo passaggi presi dall’Archivio Storico Barilla o dalle pagine del pastificio Garofalo). Nulla: alcun ragionamento conta ora che la slavina è partita, nel giro di poche ore Molisana diventa il male assoluto e si aziona una macchina del fango sbalorditiva.
Anche venti, trenta o quaranta anni fa c’erano consumatori indignati o nerd con tanto tempo libero. Ma cosa facevano? Prendevano carta e penna e scrivevano all’azienda: “Cara Molisana, quel testo nelle vostre presentazioni mi irrita, perché non lo cambiate?”. Alla terza o quarta lettera (che non sarebbe mai arrivata perché il testo non aveva granché da farsi perdonare) l’azienda avrebbe valutato modifiche o avrebbe continuato a chiarirsi direttamente coi consumatori. Il tutto senza il coinvolgimento di terzi, senza polemiche, senza inutili sputtanamenti. Oggi in un ecosistema digitale incentrato sulle reti sociali le cose vanno in maniera drammaticamente diversa e gli esiti sono quelli che raccontiamo qui.
La Molisana e il malinteso sul “sapore littorio”
Intuendo cosa stava per succedere, alla Molisana modificano prontamente la scheda-prodotto equivocata. Ma non basta. Le greggi inferocite del web e annoiate dal lockdown sono in pieno fomento, una insensata valanga di calunnie viene vomitata con la più totale leggerezza e spregio delle conseguenze con un ritmo incessante. Scorrere la timeline su Twitter seguendo l’hashtag #lamolisana è impressionante: bullismo, cattiveria gratuita, boicottaggi, insulti, calunnie. Ne troverete molte, sebbene alcuni aggrappandosi almeno alla vergogna hanno cancellato i loro improperi dopo aver letto questo articolo. Siamo davvero certi che i veri fascisti da additare siano i pastai de La Molisana? L’espediente più utilizzato nei post è stato travisare totalmente la sintassi stessa della scheda incriminata: il “sapore” (inteso come ‘atmosfera’) suggerito dal nome della pasta viene scambiato per sapore inteso come ‘gusto’ della pasta stessa: migliaia di odiatori su Facebook urlano all’apologia di fascismo e si indignano verso chi celebra il “sapore littorio”. Il testo in realtà sottolineava come il sapore un po’ troppo littorio del nome del formato avesse suggerito di chiamarlo diversamente all’estero (dunque non un apologia, l’esatto contrario!); ma per migliaia e migliaia di indignati professionisti è bastato ripetere come automi: “dire sapore littorio è indifendibile \ dire sapore littorio è indifendibile…“, senza neppure abbassarsi a leggere con un pizzico di attenzione o dedicare un pugno di secondi alla comprensione del testo. Uno spaccato plastico della incapacità da parte di una larga parte della popolazione di comprendere quanto viene letto. Ma le bugie non si sono limitate a questo. La mera scheda-prodotto in questione, che era al suo posto dal 22 settembre del 2018 (come ci dice la fonte incontrovertibile di Internet Archive, che tutti avrebbero potuto utilizzare per un’immediata verifica), viene da molti commentatori spacciata per una campagna pubblicitaria di lancio. Ancora. Lo storico formato da sempre prodotto dall’azienda, viene post dopo post contrabbandato invece per un formato nuovo appena messo sul mercato proprio per celebrare la brutta pagina del colonialismo italiano nel Corno d’Africa. La narrazione della menzogna non ha sosta, non ha limiti e soprattutto non a paura del ridicolo.
La Molisana è innocente: l’intervento dell’Anpi
Le prese di posizione sono in breve tempo a livello altissimo: intellettuali, politici, semplici cittadini ed ex presidenti della Camera dei Deputati. Tutti si sentono in diritto di bacchettare (bastonare) La Molisana per ciò che non ha neppure lontanamente fatto, nessuno si sente in dovere di accertarsi della verità. Tutti, nascosti dietro al profilo social, annusano l’odore del sangue e percepiscono forte il dovere di esternare il proprio antifascismo usando, tuttavia, proprio i metodi fascisti dell’imboscata, della pubblica gogna, del pestaggio, della vigliaccheria dei mille contro uno, dell’aggressività gratuita e ignorante ai danni di una azienda italiana non solo totalmente estranea ai fatti, ma paradossalmente colpita a sua tempo dal passaggio del fronte nazi-fascista durante la Seconda Guerra Mondiale. Lo schiumare degli haters si fa così pesante che è costretta ad intervenire perfino l’ANPI per provare ad arginare il linciaggio in corso: l’associazione nazionale dei partigiani in un comunicato ricorda, tra le altre cose, che i titolari della Molisana sono sempre stati storici sostenitori delle Feste dell’Unità in zona. La pioggia di sterco non si arresta neppure un po’.
La Molisana cambia i nomi di abissine e tripoline
L’epilogo è triste e disarmante. Nonostante una breve intervista a Repubblica in cui Rossella Ferro de La Molisana sgomberava ovviamente il campo da qualsiasi esaltazione del Ventennio o del sanguinario colonialismo italiano e nonostante l’azienda stesse rispondendo alle tante e-mail ricevute chiarendo e ponendo nella corretta prospettiva il senso dell’ormai famigerato testo descrittivo, l’ondata non accennava a diminuire. Anzi. Sopraffatta dal fango, conscia dell’impossibilità di difendersi, intimidita dai danni di immagine e sommersa da decine di contenuti social sui toni del “la compravo, non la comprerò mai più” (per tacere di quelli violenti), l’azienda dopo aver subìto 24 ore buone di torture mediatiche esce con uno stringatissimo comunicato che è una resa totale e senza condizioni; contro ogni evidenza dei fatti. La Molisana pur di vedere interrotto lo stillicidio si scusa senza aver fatto nulla, considera un “errore” aver tenuto in produzione le “abissine” e le “tripoline” (benché fossero in catalogo da sempre e benché tutti gli altri pastifici le tengano) e annuncia che questi formati storici verranno ribattezzati: la tempesta di guano ha dimostrato di essere più forte e penetrante di ogni forma di buon senso e dignità. E nessun media autorevole e tradizionale ha cercato di arginare, semmai il contrario.
E così come promesso, l’azienda fa: dopo qualche ora nel sito di Molisana le Abissine non ci sono più e il formato numero 25 si chiama Conchiglie, le Tripoline son diventate Farfalline in attesa che il benpensante di turno non denunci una “indifendibile” mancanza di rispetto – ovviamente sessista – nei confronti di Belen Rodriguez. Di fronte ad uno tsunami di violenza, una storica azienda italiana è stata costretta a umiliarsi, a scusarsi di un fatto non commesso ed a rinunciare ad un pezzetto della sua identità che poi è l’identità collettiva di tutta l’industria pastaria del paese. Tutti leggendo quelle misere sette righe di comunicato sappiamo perfettamente in cuor nostro che quella azienda familiare si sta auto-seviziando senza aver fatto alcunché: amarezza totale. Dopo quella di Umberto Eco, suona come ulteriore profezia un articolo firmato da Camillo Langone sul Foglio a fine 2017: il titolo? “Mangiare le Abissine prima che le eliminino per apologia del colonialismo”.
Ora cosa succederà? Tutti i pastifici italiani cambieranno nome alle “tripoline” o l’ennesima ventata di perbenismo populista piccolo borghese svanirà con la stessa rapidità con cui è montata accontentandosi dello sfregio fatto all’azienda della famiglia Ferro? Beninteso: La Molisana fattura 150milioni ed ha le spalle piuttosto larghe; e magari alla fine guadagnerà perfino da questa storiaccia. Ma non tutte le realtà sono robuste, e non tutte le persone lo sono. Quello che ci premeva sottolineare, al di là di questa vicenda specifica, è cosa riesce a generare oggi un post sui social se mirato come un fucile verso una singola realtà (o una singola persona) e se costruito per toccare determinate corde. Chi sarà il prossimo obbiettivo? Chi dileggiamo domani senza controllare, senza informarci, senza saperne nulla, senza approfondire, senza verificare?
a cura di Massimiliano Tonelli